Lo sguardo di Gianni Berengo Gardin e Paolo Cecchin sul panorama della fotografia. La contingenza attuale della fotografia, nel passaggio culturale dalla tecnica originaria a quella digitale contemporanea, offre un'idea complessiva della variazione che si è realizzata dalla situazione sedimentata ad un'altra contemporanea sperimentale. Interpretare il divenire, immaginare le possibili funzioni del fotografo, riflettere sulle differenze tra passato e presente, non è solo il portato delle nuove tecnologie. Dimostra, nei due intervistati, capacità di analisi e volontà di mantenere viva la visione del proprio sguardo.
Proprio perché i confini della fotografia sono diventati fluidi, abbiamo chiesto ad un maestro del reportage sociale come il fotografo Gianni Berengo Gardin e un fotografo pubblicitario, Paolo Cecchin, tra i primi ad usare la tecnica digitale in Italia, di dialogare sul futuro della comunicazione fotografica.
A documentare quest'incontro è stata l'intelligenza dell'importatore. Infatti, la scelta di sostenere questa ricerca nel proprio sito, a maggior ragione, realizzando la ripresa dell'intervista, dimostra l'interesse culturale di uno storico partecipante del panorama della fotografia italiana.
Alla scuola Bodoni, unico Istituto Tecnico Industriale per i Periti Fotografi esistente in Italia, l'obbligo, prima di trapassare ed essere cancellata nel nuovo ordinamento, di lasciare una traccia che domani possa essere raccolta e sviluppata altrove. Nel nostro paese, purtroppo, lo studio della fotografia, già in passato troppo delimitato, è stato ulteriormente ridotto. Ritenere la cultura fotografica elemento fondante della comunicazione è parte integrante della formazione di una visione critica, anche, per una cittadinanza attiva. Più pragmaticamente, le nuove attrezzature offrono livelli di complessità e implicazioni comunicative tali da poter essere, non solo risolte, ma nemmeno individuate da chi si trova sprovvisto dei termini culturali generali e specifici della materia. Come detto dagli intervistati, si fotografa prima con la mente, poi, con le attrezzature. L'assenza di cultura impedisce di utilizzare a fondo i nuovi strumenti, nemmeno di governare le implicazioni delle immagini prodotte. Infine, nella convergenza tra i vari mezzi di comunicazione, il difetto di una cultura tecnica fotografica sistematizzata, implica una posizione ancillare della gestione dell'immagine verso gli altri sistemi culturali. Proprio questo punto materializza la dimensione dell'occasione mancata. Infatti, poiché la comunicazione per immagini prescinde dalla lingua, non manifesta lo scarto annesso all'appartenenza ad un ceppo culturale minoritario come quello segnato dalla lingua italiana. Il fotografo, infatti, aldilà dello strumento tecnologico che sta utilizzando, apparecchio dato dalla situazione storica nella quale si trova ad operare, sembra, ancora, che sarà caratterizzato dalla scelta dell'istante da consegnare alla fissità del tempo. La necessità di una visione partecipata e critica delle immagini, l'urgenza che la cultura della fotografia sia conosciuta, oltre che fondamento della comunicazione come onesta testimonianza di un dato punto di vista, quale base per una ricerca dell'informazione, conferma che lo sguardo del fotografo è importante elemento di selezione della comunicazione. La cornice dell'inquadratura, soglia che esiste indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, nel delimitare un dentro e un fuori, nel consegnare un determinato punto di vista, convoca, sia per la realizzazione che per la fruizione, tutta la storia dell'immagine fin qui realizzata. I maestri della fotografia sottolineano quest'incontro in vari modi. È nostro compito essere presenti a questo appuntamento per testimoniarlo attraverso un click.
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