Introduzione al sistema zonale secondo il metodo di Ansel Adams
Sergio Mellina
LA NECESSITÀ DELLA PREVISIONE
|
Il sistema zonale permette di controllare l'esposizione prevedendo, prima dello scatto, attraverso l'uso dell'esposimetro, la densità degli annerimenti ottenibili dalle varie parti fotografate del soggetto.
Si tratta di sviluppare la capacità di visualizzare mentalmente le possibili fotografie realizzabili, in termini di densità degli annerimenti, partendo da una medesima realtà, scegliendo, tra le diverse interpretazioni, quella che potrà risultare esser più efficace.
Ben prima dello sviluppo dei sistemi digitali, aldilà dell'uso del sistema Polaroid, lo sguardo e l'esposimetro hanno dato certezza del risultato sviluppato e stampato prima dello scatto. Primo ad individuare questa tecnica, Ansel Adams, ha sperimentalmente costruito un metodo per visualizzare le immagini6. Se tralascio i meriti del suo inventore per entrare nel merito del sistema zonale, tuttavia, desidero insistere sulle ragioni dello sviluppo di questa tecnica. Realizzare negativi perfetti può apparire solo necessità per un fotografo di paesaggi preoccupato dal rapido mutare delle condizioni atmosferiche. Questo non tanto perché le macchine erano pesanti in quanto di legno e di grande formato, le lastre sensibili di vetro, etc, quanto perché la scelta del diaframma 64 quale adesione alla massima profondità di campo origine della maggiore verosimiglianza, ha implicato maggiore oggettiva difficoltà. In questa, come in altre forme di espressione, il dato tecnico fu lo strumento, non meno creativo, che permise la realizzazione della poetica delle immagini.
Questa creatività tecnica, la necessità di una ricerca in termini di atto poetico, è dato che non sfuggii mai, sopratutto, ai fotoamatori. Di fronte al Caso, agire nel tempo, fermando l'istante sulla pellicola, ha posto ognuno di noi di fronte alla necessità di stabilire un sistema per il quale il risultato sia conseguenza di una concatenazione di scelte consapevoli e, per questo, ripetibili.
Se la video fotografia digitale non pone la questione negli stessi termini della fotografia chimica, questo avviene perché si tratta di altra cosa. Altre sono le caratteristiche, altrove le scelte poetiche.
Ragionare su un sistema di previsione, quando il digitale, spesso, propone una visione costante direttamente sul dorso della macchina, se pure è paradosso, è, comunque, paradosso con il quale è utile confrontarsi. La perfetta esposizione di un file, l'esatto rapporto tra la scelta della sensibilità e la luce ambiente, permette di ridurre ogni possibile disturbo. Si utilizza in questo modo, dunque, ogni pixel del file per costruire l'immagine che avremo a schermo. Poi, l'applicazione del sistema zonale rimane attualità, ad esempio, per gli scatti di paesaggio con il Banco ottico, anche se dotato di dorso elettronico. Infatti, se ottimi computer, anche portatili, permettono un preciso controllo delle immagini in fase di ripresa, al punto che i software facilitano l'uso del sistema zonale, se, per ogni evenienza, si sceglie di scattare immagini eccedenti rispetto alle necessità evidenti del momento, per ragionare successivamente in post produzione sul meglio da farsi, rimane chiaro che usare il sistema zonale permette di ottenere subito, senza pesanti interventi di post produzione, e relativi costi, l'immagine ricercata.
Inoltre, il sistema zonale, aldilà della fotografia, è una scuola in se per avere una visione delle proprie immagini, per interpretare lo spazio intorno realizzando quello che è necessità per chiunque voglia vedere.
DIVISIONE DELLO SPAZIO IN DIECI ZONE
|
La prima operazione consiste nell'individuare dieci zone di densità, dal massimo bianco al nero più chiuso, nell'originale da fotografare. Praticamente, si misura con l'esposimetro in modalità spot, luce riflessa, ovviamente, tutto lo spazio dell'immagine. Con le fotocamere reflex, selezionata la funzione lettura spot, con il teleobiettivo si analizza lo spazio da fotografare annotando a parte, (stabilito un tempo di posa di riferimento), i valori di diaframma corrispondenti alle varie misurazioni di luce.
Per chiunque abbia un esposimetro a mano, magari spot lettura un grado, (guarda caso, dotato di dieci memorie di lettura), può tabellare a mano, oppure usando lo strumento, i vari valori.
Il valore 10 corrisponde ai dieci diaframmi di latitudine di posa che le pellicole bianco e nero, mediamente, possono offrire. Naturalmente, teoricamente, è possibile immaginare di poter suddividere gli stessi dieci diaframmi in un numero maggiore di zone, per esempio, tenendo conto dei mezzi o dei quarti di diaframma. Comunque, per l'esperienza di chi scrive, tabellare dieci zone, offre un controllo eccellente in ogni condizione di ripresa.
© carlovig
In questa foto sono individuate le dieci zone che corrispondono ai
vari passaggi tra il massimo bianco e il nero più profondo.
A questo punto, è importante definire che cosa desideriamo restituire con pieno dettaglio, cosa con meno dettaglio, quali parti, invece, devono, sostanzialmente, risultare senza dettaglio.
Per aiutarci, Adams, nomina i dieci livelli in questo modo:
I |
Nero pieno: |
|
Annerimento ottenibile indipendentemente dall'esposizione fotografica attraverso l'obiettivo. Totale annerimento dell'immagine per eccesso di esposizione |
II |
Inizia il range dinamico della restituzione delle densità |
|
Restituzione senza dettaglio, massimo annerimento registrabile per esposizione fotografica prima della totale velatura |
III |
Continua il range dinamico della restituzione delle densità |
|
Restituzione con tracce di dettaglio nel nero |
IV |
Continua il range dinamico della restituzione delle densità |
|
Restituzione con dettaglio definito ma non sensitometricamente proporzionale all'esposizione |
V |
Continua il range dinamico della restituzione delle densità |
|
Restituzione con massimo dettaglio sensitometricamente proporzionale (punto D=0,76) |
VI |
Continua il range dinamico della restituzione delle densità |
|
Restituzione con dettaglio definito ma non sensitometricamente proporzionale all'esposizione |
VIII |
Continua il range dinamico della restituzione delle densità |
|
Restituzione con tracce di dettaglio nel bianco |
IX |
Finisce il range dinamico della restituzione delle densità |
|
Restituzione senza dettaglio, minimo annerimento registrabile, per esposizione fotografica, prima dell'assenza totale di esposizione |
X |
Bianco puro. La pellicola produce questo livello di densità, (velo chimico), senza essere stata esposta |
|
|
Praticamente, una volta definito che cosa desideriamo appaia nella zona V, quella restituita con D=0,76, si possono verificare le altre misurazioni. Se il risultato potrà soddisfarci, procederemo, altrimenti, sarà necessario intervenire sulle luci, oppure, sulle scelte relative ai vari gradini della scala individuata da Adams.
Analizziamo meglio quest'ultima possibilità. Poniamo, solo come ipotesi, che la fotografia qui sotto riprodotta non sia soddisfacente, in quanto la superficie sottostante del balcone risulti essere riprodotta nella zona II, quindi, senza il dettaglio relativo alla tipologia del materiale utilizzato.
© carlovig
L'annerimento non permette di identificare se il balcone è di legno.
Per ottenere questo dettaglio, sarà necessario spostare il valore di esposizione dello spazio sotto il balcone almeno nella zona III. Naturalmente, tutta la scala delle densità traslerà, quindi dovremo verificare se il punto massimo di alte luci, prima definito dalla pietra in piena luce in zona IX, sia accettabile in zona X. Naturalmente, il bianco della calce tra le pietre, già prima definito in zona X perché senza alcun tipo di dettaglio, (equivalente al materiale non esposto), continuerà a restare senza dettaglio.
Se il dato sarà considerato accettabile si potrà scattare con il nuovo valore, altrimenti sarà necessario trovare condizioni di illuminazione con minore contrasto, ovvero, quelle tipiche di un cielo maggiormente nuvoloso.
Risulta evidente, quindi, che la scelta di collocare la lettura esposimetrica, quella con D=0,76, il massimo dettaglio, quale valore medio di tutte le fotografie, non è sempre esatta. Anzi, statisticamente, questo caso appare più fortuito di altri.
Per una corretta esposizione del negativo, meglio, per una restituzione, attraverso il negativo, di una simulazione della realtà in termini verosimili, è necessario ribadire che ove leggiamo l'esposizione, quel punto diventerà grigio medio 0,76 indipendentemente dal suo valore di densità originale. Quindi, letture su bianchi o su neri diversi, implicano alterazioni. Un viso, ad esempio, investito dalla luce, difficilmente è così grigio quale il valore che costruisce l'esposimetro. Quindi, in questo caso, se leggere la posa sul viso assicura la presenza del massimo dettaglio, garantisce anche che le pelli più chiare o più scure, non siano restituite con valori coerenti all'originale.
È la visione che abbiamo del soggetto, non tanto quello che apprezziamo con gli occhi, che ci aiuterà a determinare quale scelta di posa effettuare. Interagire con la realtà per restituirla in modo verosimile, o altrimenti, è una scelta che non è automatica. Quando ci affidiamo totalmente alle letture matrix, sistemi che nella loro programmazione tengono conto di quanto ha scritto Adams, è, pure, necessario riflettere se il risultato ottenuto sia compreso nelle possibilità individuate dal programmatore, oppure, se sia il caso di passare in manuale per liberare il nostro pensiero e scegliere autonomamente la nostra visione.
Spesso è una scelta culturale, legata al dominio delle attrezzature, connessa alla ricerca creativa in essere in chi fotografa. Se questa ricerca tecnica non diviene atto poetico, si possono, allora, recuperare tutte le considerazioni fatte da Baudelaire a proposito della riproducibilità meccanica della realtà.
6: Ansel Adams, Il negativo Bologna, Zanichelli,1987.
|
|
|