Viaggio nel Minas Gerais,
antica terra di miniere di oro, diamanti, pietre preziose;
attraverso un Brasile intimo e profondo, molto diverso dall'immaginario
comune del Carnevale, del samba, delle spiagge orlate di
palme.
Una regione montana di foreste e di sentieri, di piccole
città dimenticate che custodiscono intatti tesori
d'arte e cultura dell'epoca coloniale, patria del più
autentico barocco brasiliano
ed il suo profeta: Antonio Francisco Lisboa, l'Aleijandinho,
il "Michelangelo tropicale".
Il luogo che più di ogni altro è custode
della tradizione culturale mineira è sicuramente
Ouro Preto dichiarata dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità.
Ci si arriva da Belo Horizonte, la capitale, tra colline,
prati e file di alberi. Un paesaggio che appare ancora più
scosceso per il continuo sali-scendi della strada.
È un Brasile molto distante
da quello celebrato dei languori di Bahia, del Carnaval
di Rio o dalla monumentalità di Brasilia.
Il primo impatto con Ouro Preto può essere assai
diverso a seconda dell'ora di arrivo. Di sera l'impressione
che si riceve è proprio quella del presepe.
Una cascata di case e di luci che scendono giù dalle
colline tutte intorno.
Di giorno invece lo scenario cambia ed è l'immagine
tondeggiante dei campanili, che si stagliano contro il cielo,
la prima ad apparire. Poi via via i tetti di tegole, le
case colorate, i balconi in ferro ricamato. In entrambi
i casi il punto d'arrivo obbligato è Praça
Tiradentes, il cuore della città, con i suoi edifici
imponenti e la sua costante animazione.
Da qui si dipartono tante strade sinuose, fatte di sassi,
più simili a sentieri di campagna, che salgono e
scendono come in una continua altalena. Ed è dentro
queste vene dure e scomode che scorre l'anima
di Ouro Preto.
Una pulsazione intensa di memorie, di storie, di leggende
che si scoprono attraverso le chiese (Rosario, Ifigenia,
Pilar, Conceição), i musei (Casa dos Contos,
da Opera, Inconfidencia). E gli chatarizes, le grandi fontane
che da sempre portano l'acqua necessaria alla vita della
città ma che per tanto tempo hanno rappresentato
anche il luogo d'incontro e di conversazione per la gente
di qui. E poi gli scorci sulla Sierra circostante, gli angoli
nascosti, le botteghe artigiane, i piccoli mercati
all'aperto, i tanti personaggi fuori dal tempo che appaiono
e scompaiono nell'ombra degli antichi edifici.
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Ma c'è una esperienza che più di ogni altra
lascia il segno nei ricordi di chi viaggia alla scoperta
di questo Brasile intimo e profondo: la chiesa di São
Francisco. Bisogna andarci presto, risalendo un sentiero
di pietre, ancora più ripido e nervoso, che scivola
sotto i piedi nell'umidità del mattino. All'improvviso,
dietro la nebbiolina che evapora dal fondo valle, ecco apparire
l'opera somma di Antonio Francisco Lisboa. È qualcosa
che mette i brividi per l'equilibrio delle proporzioni,
la morbidezza delle linee, l'eleganza dei dettagli e delle
decorazioni. E per l'emozione inattesa che riesce a trasmettere.
São Francisco aiuta a comprendere quale fu in realtà
il genio di questo singolare
architetto-scultore, capace di segnare una svolta autentica
nella storia dell'arte di quel periodo. Nonostante la menomazione
che fin da ragazzo colpì le sue mani costringendolo
a lavorare con due moncherini. Per questo fu chiamato l'Aleijandinho,
il piccolo storpio. E sorprende ancora di più la
profonda armonia delle sue opere, considerando il periodo
storico ed i luoghi - così aspri e turbolenti - in
cui furono realizzate.
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L'antica capitale del Minas - dove nacque e visse - conserva
altri importanti esempi del lavoro del grande Maestro, come
le chiese do Carmo e Sâo Josè.
A dispetto della sua menomazione, il Lisboa lavorò
alacremente per una intera e lunga vita, lasciando in diverse
città del Minas Gerais innumerevoli testimonianze
della sua arte e della sua vitalità creativa.
Viene spontaneo così lasciarsi andare alla scoperta
della regione tracciando a piacimento un percorso di visita
attraverso i luoghi che custodiscono ancora oggi i suoi
tanti capolavori.
Chi sono
Vivo e lavoro (nel campo della comunicazione) a Roma. 5
miei reportage di viaggio sono apparsi sul "Corriere
della sera" e il "Giornale di Brescia" e
su riviste come "Firma" ed "Elle". Appassionato
di architettura e design, dirigo l'annuale Mostra dell'Abitare
Casaidea. Ho scritto vari testi e pubblicato il libro "Designe
forme nuove" con Paolo Portoghesi e Marino Marini.
Sono anche autore di una raccolta di canzoni "Racconti
da un quaderno di viaggio".