© Natalino Russo - Autoritratto |
Un giorno indefinito della mia infanzia
stavo sbirciando in un portone. Un artigiano
era intento a lavorare un tocco di legno. Con il modo burbero
di certa gente del Sud, mi
disse "Che? Sono forse una fotografia?".
Lì per lì ci rimasi male, ma quella frase
fu per me una rivelazione.
Era la definizione che cercavo. Non avevo ancora una macchina
fotografica, ma da quel momento mi sembrò una necessità.
Sono nato in un paesino e ho trascorso l'infanzia in campagna:
orizzonti troppo vasti per poterci capire qualcosa senza
operare una selezione. Così
arrivò la mia prima fotocamera,
una Comet II. Avevo sei anni e fu una vera svolta. Oggi
il mio punto di vista non è
cambiato: la fotografia mi serve a cercare di capire
qualcosa di questo strano mondo. Come la poesia e la letteratura.
Come il disegno, la scultura, la musica. Ho la fortuna di
avere un fratello artista, da lui assorbo fantasia
e misura.
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Quasi quindici anni fa mi sono appassionato alla speleologia,
che mi ha portato in diversi posti con una consapevolezza
diversa e un occhio più attento a ciò che
è nascosto. In grotta
ho imparato che non esiste solo ciò che si vede,
e che l'esplorazione è un modo di essere. Per quanto
abbia frequentato centinaia di grotte, non ho mai fotografato
granché sottoterra: ciò che mi interessa è
il mondo esterno, in cui sono immerso ogni giorno. La speleologia
mi ha insegnato a guardare sotto,
e che per cercare il fuori occorre scrutare il dentro. Esplorando
verso il fondo mi è venuto il sospetto che la prosecuzione
più importante stia verso l'uscita.
Da appassionato di libri, il mio obiettivo è la
lettura. Raccontare e scrivere
sono modi di leggere (leggersi), che lo si faccia a parole
parlate o scritte, oppure scattate. Il mio approccio alla
lettura consiste nel cercare di fronte alle cose, guardandole
allo specchio. Tanto per usare
un'immagine abusata, un tramonto non è bello in sé
quanto per la luce che proietta sul volto di chi lo guarda.
Per descrivere una cosa preferisco osservare chi la osserva.
Per qualche anno ho lavorato nel campo della ricerca
universitaria, poi mi sono accorto che mi interessava il
ricercatore più che l'oggetto della ricerca.
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Ciò che mi sta a cuore sono le persone,
che trasformano e fanno la complessità del mondo,
rendendolo interessante, commovente, difficile, appassionante.
La fotografia non è vera
come si dice in giro. Le foto scaricano la mente dal peso
delle immagini, e proprio per questo contengono la nostra
visione soggettiva. Se non
fosse così non mi piacerebbe fotografare.
Un viaggio, migrazione o spostamento
parabolico, è sempre una partenza verso l'imprevisto.
Le distanze geografiche non
c'entrano: esplorare grotte si fa ai tropici ma anche sotto
casa, così come gli occhi della gente dell'Africa,
a pensarci bene, sono gli stessi del vicino della porta
accanto. Ho viaggiato e viaggio molto, e ogni volta mi domando
se serva davvero o sia soltanto un pretesto. Quando parto
non faccio un vero e proprio progetto.
Ogni volta che ci ho provato mi sono ritrovato a dover rimescolare
le carte. E poi un viaggio ha sempre due sensi, un'andata
e un ritorno: il ritorno è l'anima
del viaggio.
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Attrezzature. Ogni fotocamera
è valida. Una foto è importante per ciò
che dice, prima che per la
sua perfezione tecnica. Poi
c'è la passione per la tecnologia:
mi affascina l'utilizzo di macchine complesse, e la loro
qualità è importante nelle situazioni in cui
conta l'affidabilità. Le reflex
proiettano il fotografo nell'inquadratura e consentono di
vivere l'esperienza fotografica più di ogni altro
sistema. Le compatte a telemetro
sono affascinanti per il loro carattere discreto, che ti
fa stare tra la gente senza essere notato. Nella scelta
dell'attrezzatura valuto la compatibilità,
la disponibilità di accessori,
la possibilità di usare qualsiasi ottica
su qualsiasi corpo, dal primo
all'ultimo.
Da due anni lavoro in digitale,
riducendo sempre più la pellicola. Vantaggio: la
possibilità di fare duplicati
fedeli. Svantaggio: l'accumulo di materiale
paradossalmente immateriale. Sono molto attaccato alle cose,
faccio fatica a selezionare e a buttare. La mia più
grande fatica è riuscire a gestire ciò che
mi si accumula giorno per giorno, sogni compresi. Sarà
per questo che ho cattiva memoria, per una sorta di difesa.
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Chi sono
Sono nato nel 1972. Dopo una indolente laurea in Scienze
Naturali sono rimasto per alcuni anni nella ricerca universitaria.
Da poco mi dedico soltanto a scrivere, fotografare, viaggiare.
Nel 1992 mi sono ammalato di speleologia grazie al Gruppo
Speleologico del Matese, e dopo quasi quindici anni non
sono ancora del tutto guarito. Ho lavorato nel soccorso
alpino e speleologico e nella Società Speleologica
Italiana, occupandomi di progetti editoriali. Ho partecipato
a spedizioni in Centro America e in Europa, pubblicando
lavori scientifici e divulgativi. Attualmente sto lavorando
a un libro sulla speleologia della Campania. Sono un pigro
irrequieto. Insofferente mio malgrado alla sedimentazione,
ho cercato di viaggiare con i mezzi più svariati.
Dopo una lunga parentesi di vita cittadina sono tornato
alla campagna. Collaboro più o meno stabilmente con
enti e riviste. Ho da poco pubblicato un libro di racconti
e ho più progetti che tempo.
www.natalinorusso.it
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