Nella gran parte dei casi, le fotografie scattate in digitale vengono mostrate su computer, su televisore o, più semplicemente, sul display della fotocamera stessa. Sono ancora poche quelle che effettivamente finiscono su carta, visto che la stampa comporta costi non trascurabili sia per il consumo degli inchiostri sia per l'impiego di carte speciali.
Alcune fotocamere moderne consentono di selezionare quali stampare tra le foto in memoria così che, una volta attivato il trasferimento al PC mediante il software a corredo, siano immediatamente pronte per la stampa.
Una via più breve consiste nel prelevare dalla fotocamera la schedina di memoria e inserirla direttamente nella stampante: esistono già diversi modelli di inkjet con qualità fotografica che accettano i formati di scheda più comuni e dispongono, talvolta, anche di un display LCD per scegliere quali foto stampare e con che dimensione.
In alcuni rari casi, la stampante incorpora anche un display a colori, simile a quello montato sulle fotocamere, per selezionare visivamente le foto prima di stamparle.
Utilizzando la connessione diretta, si scavalca l'uso del computer e si semplifica l'operazione di stampa. Esistono anche situazioni di abbinamento diretto tra stampanti e fotocamere, dov'è possibile collegare la fotocamera via USB direttamente alla stampante senza nemmeno il bisogno di estrarre la schedina. L'impiego del PC tuttavia è indispensabile ogni volta che vogliamo archiviare, catalogare e ritoccare le nostre immagini.
Uno degli interventi più comuni in fase di ritocco è la modifica del formato di stampa. Una buona qualità di riproduzione richiede una stampa a 300 punti per pollice. Tutte le stampanti oggi in commercio garantiscono tale risoluzione, anzi la gran parte arriva a 600 dpi e alcune raggiungono persino i 1200 dpi e oltre. Nella pratica, tuttavia, le fotocamere digitali forniscono ancora risoluzioni troppo basse per sfruttare i 600 o addirittura i 1200 dpi, specie negli ingrandimenti.
A corredo di questa lezione, abbiamo preparato una tabella indicativa che mostra la dimensione massima di stampa, a 300 dpi, in rapporto alla risoluzione della fotocamera, espressa in megapixel. Vediamo che le moderne macchine da 5 megapixel, che costituiscono il top dell'offerta "prosumer", consentono di produrre stampe che coprono gran parte di una pagina A4. Non è peraltro indispensabile usare una 5 megapixel per produrre ingrandimenti delle proprie foto migliori.
Risoluzioni massime e dimensioni di stampa rapportate ai megapixel
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Megapixel |
Risoluzione |
Dimensioni di stampa max
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2 |
1600 x 1200 |
13,5 x 10 cm
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3 |
2016 x 1512 |
17 x 12 cm
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4 |
2272 x 1704 |
19 x 14 cm
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5 |
2560 x 1920 |
21 x 16 cm
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Prendiamo, ad esempio, una 3 megapixel che produca 2016 x 1512 pixel per ogni foto: tradotti su carta alla definizione di 300 dpi, ci darebbero stampe da 17 x 12 cm. Se volessimo ridurre tale formato al classico 13,5 x 10 cm, potremmo scegliere due strade: eliminare pixel per adattarsi alla nuova dimensione mediante un processo chiamato "ricampionamento", disponibile in tutti i principali software di fotoritocco, oppure aumentare la risoluzione di stampa imponendo che i 3 megapixel vengano stampanti in uno spazio più piccolo (380 dpi per portare 3 megapixel a 13,5 x 10 cm oppure 480 dpi per portare 5 megapixel a 13,5 x 10).
Il ricampionamento, quando eseguito in riduzione, vale a dire eliminando pixel, toglie informazioni dalla fotografia, ma elimina anche molti difetti visibili. Perciò è la strada consigliata, a condizione naturalmente di produrre una copia con un nome diverso dalla foto originale, altrimenti le informazioni andrebbero perse per sempre.
La modifica della risoluzione di stampa è invece un processo rapido, che non intacca l'originale e che lascia alla stampante il compito di collocare i pixel al meglio.
Diversa è invece la situazione quando si vuole ingrandire l'immagine.
Supponiamo di nuovo di avere la nostra foto da 3 megapixel e di volerla ingrandire a tutta pagina (A4). Il ricampionamento in questo caso va assolutamente evitato poiché i punti che verrebbero aggiunti sarebbero il frutto d'interpolazioni matematiche che invariabilmente lascerebbero tracce sulla foto finale.
Quest'ultima apparirebbe poco definita e "falsa". L'unica soluzione è di "spalmare" i pixel a disposizione su un'area più grande utilizzando una risoluzione di stampa minore (70 dpi). L'immagine risultante non sarà "incisa" quanto una stampa delle stesse dimensioni prodotta a partire da un file a 5 megapixel, però il risultato sarà accettabile e molto più genuino e gradevole del ricampionamento in crescita (con l'aggiunta di pixel fittizi).
Seguendo queste semplici considerazioni, vediamo che la regola è di scattare le nostre foto sempre alla massima risoluzione consentita dalla fotocamera, utilizzando il formato JPEG in qualità Normal oppure Fine, riservandoci di ricampionare in un secondo momento nel caso dovessimo ridurre.
Le foto a risoluzione ridotta sono invece plausibili nel caso le si voglia pubblicare su Internet oppure visualizzare unicamente a PC.
Solo nel caso d'ingrandimenti veramente spettacolari, pensiamo a un formato A3 oppure a un poster, ha senso tentare l'impiego del formato Raw oppure del TIFF, contando sul fatto che i pixel, più numerosi perché non compressi, possano meglio essere gestiti dal software di fotoritocco che preparerà la stampa. Anche in questo caso, tuttavia, è da escludere un ricampionamento in crescita.
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