Paesaggio e natura Take a walk on the wild side. «L'occhio che si dice finestra dell'anima, è la principale via donde il comune senso può più copiosa e magnificamente considerare le infinite opere di natura» scriveva Leonardo da Vinci in "Pittura e poesia". A volte la macchina fotografica consente di individuare (in natura) una composizione di linee, volumi, luci, colori, che diventa significativa, a se stante, quasi astratta, non partecipe dell'uomo («La natura è un posto che allude a un'assenza di noi», ha scritto Erri De Luca).
Foto di natura pura, senza presenza o intervento umani. Cieli, montagne, laghi, deserti, giungle, iceberg, uccelli, gorilla, delfini, cigni. Ma anche mondi in pericolo a causa di test nucleari, effetto serra, surriscaldamento del pianeta, bracconaggio. Il teleobiettivo ha permesso di catturare il volo di una coppia di sterne bianche nel santuario naturale di Christmas Island, atollo da dépliant che tra il 1956 e il 1962 è stato lo scenario di 32 devastanti esperimenti nucleari atmosferici e sotterranei; e l'espressione di una femmina di gorilla di montagna, una delle specie maggiormente a rischio di estinzione al mondo, che vive sotto la minaccia dei bracconieri e la pressione dei profughi delle guerre civili, nel Parco nazionale dei Vulcani, nel nord del Ruanda.
«L'occhio sente la bellezza della natura» (Giacomo Leopardi). L'obiettivo ritaglia. La punta di un iceberg incorniciata da un'altra montagna di ghiaccio al largo della Penisola Antartica. Un delfino che nuota davanti alla prua di una barca appena sotto la superficie dell'acqua al largo dell'isola di Cozumel, di fronte alla costa dello Yucatán. Milioni di pipistrelli che puntualmente, due volte al giorno, lasciano alla ricerca di cibo le grotte del Gunung Mulu, il più esteso sistema sotterraneo del mondo, nel Borneo Sarawak. L'ombelico di sabbia nel “deserto dei deserti”, il Ténéré, in Niger. I fiordi avvolti in nuvole e nebbia delle Isole Faroer. Dall'alto, l'occhio compone e mostra cose, di norma, non viste. La teoria di piani e rilievi della catena delle Ande osservata da un aereo in volo su Cile e Argentina meridionali. La tavolozza tinta dalla foce di un fiume ai margini meridionali del Circolo Polare Artico canadese. Il sublime cromatismo della Laguna Blu dell'Isola di Rangiroa. Dall'elicottero, il monolite rosso di Uluru Ayer's Rock si staglia sul nulla attorno, con le macchine dei turisti ordinatamente disposte per godersi lo show del tramonto sulla grande roccia. Prima dell'alba, invece, la scelta è di raccontare la montagna-totem come silhouette, piazzando il sole che sta per sorgere al suo centro, dietro, e cogliendo nel cielo il luccichio di Venere, in alto sulla sinistra dell'immagine, e il profilo della Croce del Sud, in posizione speculare a destra, mentre nel margine inferiore destro si intravedono i fari dei bus e delle macchine dei turisti che stanno per arrivare per osservare l'alba.
Gli animali esigono, di norma, focali lunghe (e tempi di otturazione brevi per evitare il mosso). Gli amanti del genere si dotano di attrezzature specialistiche molto spinte. Ma anche chi viaggia con un buon corredo di base può catturare qualche scatto significativo, avvicinandosi quanto più possibile e componendo nel contesto. Come nel caso dei fenicotteri e delle anatre nere fotografate nella Riserva naturale di Vendicari, nella Sicilia sud-orientale, dei cigni neri ritratti al largo delle Chatham Islands, a sud della Nuova Zelanda, delle renne intraviste tra gli alberi nella tundra del Finnmark norvegese. «La cosa più abbondante sulla terra è il paesaggio» dice José Saramago. La sua contemplazione è uno dei piaceri per chi viaggia e anche per chi fotografa. Rispetto a soggetti in movimento, il paesaggio si lascia fotografare forse con più facilità, ma è impegnativo perché la fotografia racchiude necessariamente in due dimensioni tutta la sua ampiezza.
L'occhio fotografico prova a restituirne il respiro, la forza. Come di fronte alla costa della Baia delle Vergini nelle Isole Marchesi, grazie agli schiaffi dell'ultima luce del giorno, cangiante per il continuo movimento delle nuvole, sulle colonne di basalto che precipitano nell'acqua. O al massiccio del Cerro Torre immerso nelle nuvole e nella luce d'oro e rosa del calar del sole nella Patagonia cilena. Sopra il cratere spento del Rano Kau invaso da lagune, nell'Isola di Pasqua, o sulla superficie piatta di un lago del Quèbec mentre scende la sera boreale.
Si prova a restituirne l'armonia, spontanea o indotta dall'uomo. Due esempi italiani. La luna che risale pendici e guglie delle Dolomiti del Parco naturale Fanes-Sennes-Braies. Il rettangolo di cipressi e le colline ondulate nella Val d'Orcia senese, diventati negli anni un soggetto abusato, un raro esempio di grazia seppure ridotta a stereotipo. Infine, esiste un modo per superare, almeno in parte, la compressione del paesaggio nelle dimensioni di un fotogramma. Sono le fotografie panoramiche. Si possono ottenere, oltre ovviamente usando fotocamere specifiche (molto costose), ricorrendo in post-produzione a dei programmi di montaggio ad hoc. La base è realizzare una serie di immagini in sequenza del soggetto prescelto, ruotando la testa del treppiede e mantenendo la stessa esposizione manuale, e avendo cura di inserire nell'immagine una piccola parte in comune (utile per la sovrapposizione che si dovrà poi operare), il 20% circa da ciascun lato, presente nell'immagine precedente e in quella successiva. |