Il 30 settembre, nel corso della quarta edizione del Festival della Letteratura di Viaggio, inaugurerà al Palazzo delle Esposizioni di Roma "Encerrados", personale del fotografo Valerio Bispuri dedicata alle carceri sudamericane. La mostra è stata prodotta dal Festival Visa pour l'Image ed esposta a Perpignan all'interno dell'ultima edizione dell'evento. Romina Marani gli ha posto per Sguardi alcune domande su quest'ultimo progetto e sul suo lavoro di fotografo.
© Valerio Bispuri
A Perpignan è stata inaugurata la tua personale "Encerrados", che vedremo presto anche a Roma a Palazzo delle Esposizioni nel corso del Festival della Letteratura di Viaggio. Un viaggio durato dieci anni attraverso 74 prigioni del Sud America. Come nasce il progetto? Perché hai scelto di raccontare proprio le carceri sudamericane?
Il progetto è nato per caso nel 2002. Da oltre un anno vivevo in Argentina e stavo cercando un reportage che mi permettesse di raccontare il continente Sudamericano, un qualcosa che legasse tutti i paesi, un unico filo conduttore. Poi una sera a cena a Quito, in Ecuador ho incontrato uno scrittore che aveva appena pubblicato un libro sul nuovo sistema carcerario dell'Ecuador. Parlando mi ha invitato a visitare un carcere del paese. Ho subito accettato, spinto sempre da una grande curiosità, ma ho preso la cosa molto alla leggera. Il mio "primo" carcere è stata un'esperienza traumatizzante, difficile, non sapevo nulla e i detenuti hanno reagito in maniera molto aggressiva. Con il tempo ho poi capito che è fondamentale avere un rapporto con i detenuti, parlare loro di quello che stavo facendo e perché li fotografavo. In ogni caso uscito dal carcere di Quito ho cominciato a riflettere e si è formata l'idea del lavoro: raccontare il Sud America attraverso le carceri. Mi sembrava un lavoro immenso, impossibile quasi, ma anche unico al mondo, una testimonianza forte di quello che succedeva in questo continente, oltre che ha denunciare la situazione drammatica che molto spesso non lascia scampo. La scoperta iniziando questo lavoro è stata che il carcere rappresenta fedelmente lo specchio del paese e che i detenuti dopo un primo momento di smarrimento e rabbia riproducono le loro abitudini anche quando sono Encerrados (rinchiusi).
© Valerio Bispuri
Cuba, Berlino, New York, Senegal, Egitto, ma soprattutto America Latina. Ecuador, Colombia, Argentina, Brasile. Hai lavorato in tutto il mondo, ma sembra che l'America Latina sia più presente nei tuoi reportage delle altre terre del mondo. C'è una ragione? Hai un legame speciale con questo luogo?
Ognuno di noi ha un posto nel mondo che lo rappresenta, che sente più vicino al proprio modo di essere e il Sud America è un continente che sento nel cuore. La rabbia e la felicità mischiata alla nostalgia sono le caratteristiche della gente. Ogni paese è diverso dall'altro, ma sono accomunati da una grande forza e amore per la vita nel bene e nel male. Io chiamo Latino America il Secondo Mondo, perché hanno sempre la forza di reagire e ricominciare dopo dittature e crisi economiche e questo gli permette di sopravvivere e non essere mai come l'Africa, ma hanno un così grande amore per la vita in tutti i suoi aspetti che non vivono per lavorare, per produrre, per arricchirsi, gli basta quel poco per pasarla bien.
© Valerio Bispuri
|
© Valerio Bispuri
|
Come sei diventato fotografo? Che formazione hai?
Potrei dire che la fotografia è stata sempre dentro. C'è un episodio emblematico, una volta a sette anni nella mia prima gita scolastica a Tarquinia spesi di nascosto l'intera paghetta che mi aveva dato mio padre per comprarmi una macchina fotografica, senza sapere nemmeno che cosa fosse esattamente. La formazione a parte un piccolo corso di 6 mesi a 18 anni è stata sempre di autodidatta, ma devo moltissimo al fotografo Francesco Zizola che mi ha insegnato molto solamente osservandolo come si compone un'immagine e come si costruisce un reportage.
Chi sono i tuoi modelli, i tuoi punti riferimento? Ci sono fotografi che hanno segnato la tua crescita fotografica?
A parte Zizola, il grande maestro Koudelka e direi James Nachtwey.
© Valerio Bispuri
|
© Valerio Bispuri
|
Come nascono i tuoi progetti? Come ti prepari prima di una partenza?
I progetti, le storie nascono dall'osservazione della realtà, non solo quella dei mezzi d'informazione, ma quella nascosta che si intravede. Non sono mai stato un fotografo di news, a me piacciono le storie, quelle dove bisogna approfondire, conoscere, entrare e poi poterle raccontare, svelare. I tempi dilatati, diversi dalla corsa di oggi alla notizia. Mi preparo prima cercando di capire che sto andando a fotografare attraverso tutto quello che posso leggere e sapere, e poi direttamente sul posto, con le persone, è fondamentale il contatto con la gente per fare una buona foto, che loro si fidino di te, allora smetteranno di "guardarti".
Ti capita mai di partire per un luogo senza avere in mente un progetto fotografico preciso?
Mai parto senza un progetto preciso, ma è possibile che arrivato sul posto si scoprano altre storie da raccontare.
© Valerio Bispuri
C'è un obiettivo che preferisci, che senti più vicino al tuo modo di osservare?
Con assoluta certezza il 28 è il mio obiettivo, qualche volta il 24, raramente il 35. Voglio stare sempre dentro quello che succede.
Quanto tempo dedichi mediamente alla creazione di un reportage?
Non c'è un tempo, dipende da tante cose, un reportage può durare tre giorni, ma anche 18 anni come è capitato all'immenso reportage di Darcy Padilla, una fotografa americana capace di seguire il percorso drammatico di una donna e la sua famiglia per quasi una vita.
© Valerio Bispuri
Chi è
Valerio Bispuri, 40 anni, è nato a Roma. Laureato in Lettere, vive tra Buenos Aires e Roma. Fotografo professionista dal 2001, collabora con varie testate italiane e straniere. Ha realizzato molti reportage in America Latina, Africa e Medio Oriente. Ha esposto in Italia, Spagna e Argentina. Da molti anni lavora sui diversi aspetti della vita in Sudamerica e ha concluso un lungo progetto sulle carceri latino-americane. Nel 2011 ha ricevuto una menzione spaciale al POYi Latin America. Recemente ha esposto al Visa por l'Image di Perpignan la mostra "Encerrados, viaggo nelle carceri sudamericane", proposta ora al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
www.valeriobispuri.com
|