A Parigi, ogni due anni, a qualche metro dalla Tour Eiffel, il Musée du Quai Branly - una sorta di casa delle culture del mondo (con 3500 opere d’arte di Africa, America, Asia e Oceania) - dà vita a Photoquai, una rassegna dedicata alla fotografia non occidentale. Per due mesi, fino all’11 novembre, le opere di una quarantina di fotografi emergenti provenienti da quasi trenta paesi diversi (dell’Europa dell’Est, di Asia, Sud e Centro America, Africa, Medioriente e Oceania), saranno esposte nel giardino e lungo le rive della Senna che costeggia il museo. Fotografie di autori, che attraverso le immagini hanno fissato una propria modalità di espressione individuale e di relazione con il mondo, il cui lavoro è inedito in Europa.
Carnaval
© Cia de Foto - Musée du quai Branly, Photoquai 2011
Françoise Huguier, direttrice artistica della biennale giunta alla terza edizione, racconta - di seguito - alcune caratteristiche di questa «avventura dello sguardo», che mostra «realtà e punti di riferimento diversi dai nostri», partendo da ciò che Richard Avedon diceva del ritratto: «nell’istante in cui un’emozione si trasforma in una fotografia, non è più un’emozione ma un’opinione. Ogni fotografia è esatta, nessuna fotografia è la verità».
In an honest world
© James K.Lowe - Musée du quai Branly, Photoquai 2011
Per Françoise Huguier «questa citazione può essere applicata a ogni lavoro fotografico. Anche per la terza biennale Photoquai ho voluto mostrare delle verità, non una verità. Propongo un viaggio attraverso le ossessioni e le fantasie dei fotografi, le loro visioni della società. Alcuni si esprimono attraverso una fotografia del reale, altri lo mettono in scena, altri concettualizzano. Queste visioni trasversali della fotografia contemporanea portano più vicino ai mondi che vanno all’incontro della globalizzazione, espliciti nelle loro differenze ed estraneità. Photoquai è anche un viaggio alimentato dallo sguardo dei fotografi sulle loro società e su altre culture, diverse dalla propria. I fotografi sono le nostre sentinelle, i nostri guardiani, e ci impediscono di addormentarci».
Indonesia uniform
© Jim Allen Abel - Musée du quai Branly,
Photoquai 2011
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Faceless
© Mohan Verma - Musée du quai Branly,
Photoquai 2011
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Poi la Huguier fa qualche esempio degli autori e lavori selezionati: «Khee Teik Pang in Malesia rappresenta nel suo lavoro la censura dell’omosessualità, e Charles Lim trasgredisce i rigidi codici della società di Singapore. La ricerca in situ a Cuba mostra il rinnovamento fotografico di una società che s’interroga e in piena mutazione, ancorata in una politica culturale ereditata dalla rivoluzione. Il marocchino Hassan Hajjaj si prende gioco con umorismo dei riferimenti e degli stereotipi orientalisti per domandarsi e confrontarsi, dietro il velo del superficiale, sui codici e le pratiche della società di consumo occidentale».
Escuelas de guerra paramilitares
© Julian Lineros - Musée du quai Branly, Photoquai 2011
«In Bahrein, durante la rivoluzione che stava per scoppiare, la "passeggiata" di Camille Zakharia ci permette di vedere il declino di una civiltà dal mare spazzato da uno sviluppo urbano incontrollato. A volte due artisti agli antipodi geografici e culturali si incontrano attorno alla sofferenza di una gioventù vittima di una società in cui non ha alcun diritto di esprimersi: come nel reportage di Kosuke Okahara sull’automutilazione delle ragazze in Giappone o la messinscena di Mack Magagane del suicidio di un adolescente in Sudafrica. In Tanzania, un paese lontano dai circuiti fotografici, ho scoperto un fermento creativo a Daar Es Salaam. In India, una fotografia lontano dall'influenza occidentale. In Russia, un'ispirazione fotografica che va dalla poesia alla violenza». Testimonianze per immagini, frammenti di mondi non occidentali. In una capitale del mondo occidentale, a due passi da una delle sue icone più potenti.
Photo Fiction
© Shailabh Rawat - Musée du quai Branly, Photoquai 2011
Kin Kiese
© Christian Tundula - Musée du quai Branly, Photoquai 2011
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