L'innata curiosità verso tutto ciò che è diverso e lontano – e non necessariamente solo in termini geografici - mi ha spinto a viaggiare, viaggi che ho intrapreso e intraprendo sia per il mio mestiere di cooperante, sia per interesse personale. L'amore per la fotografia è andato crescendo nel tempo e nei nuovi mondi geografici che per lavoro ho visitato, nei continui nuovi suggerimenti e stimoli, fino a consolidarsi definitivamente. Negli ultimi anni ho cercato di aggregare questi due aspetti professionali, cercando di fonderli in un tutt'uno: mi dedico, infatti, alla documentazione di progetti di cooperazione internazionale, rafforzando attraverso l'uso della fotografia le strategie di comunicazione delle organizzazioni che a vario livello si occupano di cooperazione, costruendo archivi fotografici, realizzando reportage su temi sensibili, mostre fotografiche e materiale di comunicazione in generale. In un mondo ormai completamente a dimensione "immagine", la sfida è ogni giorno più profonda e radicale, ovvero quella di saper generare materiale davvero in grado di trasmettere concetti e cultura diversa, capace di stimolare riflessioni, curiosità, pensieri critici. Capace soprattutto di emozionare.
Salare di Tunupa, Dipartimento di Potosì, il più grande del mondo,
3.650 metri sul livello del mare. Alcune donne di etnia Aymara
prendono parte alle celebrazioni in occasione del capodanno Aymara
21 Giugno 2010 © Matteo Bertolino
Mi interesso in modo particolare al reportage sociale e alla fotografia di viaggio; il reportage perché mi permettere di raccontare storie e di reinterpretare alcune realtà del mondo, che, attraverso l'obbiettivo, acquisiscono nuova forma e sostanza, nuovi colori, sapori e indicazioni. Le storie interessanti attorno a noi da raccontare sono infinite, la conoscenza del mondo, delle culture e dei loro misteri e percorsi - nonostante la globalizzazione e la conseguente diffusione e accessibilità all'informazione (così come alla disinformazione) - è ancora marcata da superficialità, miti, banalità e ignoranza. Dissipare la nebbia, raccontare storie lontane, stimolare curiosità e favorire la diffusione e la conoscenza critica mi affascina. Attraverso la fotografia di viaggio cerco di raccontare il mondo e di raccogliere frammenti delle sue infinite realtà. Personalmente sono affascinato dalla natura e dai paesaggi, magiche linee che scopriamo meravigliosamente tracciate nel momento dell'osservazione.
Un gruppo di uomini e donne di etnia Quechua osservano lo svolgersi di alcune danze tradizionali,
nel parco naturale di "Toro-Toro", nel nord del Dipartimento di Potosì.
© Matteo Bertolino
Utilizzo grandangolari, più o meno spinti, lenti che permettono, e piacevolmente forzano, un contatto vero e diretto con il soggetto; la vicinanza, l'intimità, il lento scorrere del tempo in una data situazione, il saper leggere e osservare con calma, saper cogliere e scherzare, così come il saper rubare l'attimo, credo siano aspetti fondamentali e da ricercare costantemente. Non amo passare ore in post-produzione, che cerco di limitare, preferisco certamente di più passare il tempo all'aria aperta, nella costante scoperta e nel rapporto tra me e "l'altro". Nella maggior parte delle mie immagini appaiono persone; mi piace, infatti, raccontare la vita dell'uomo nel suo contesto, o meglio nei suoi contesti, perché molteplici sono quelli di ciascuno. Paesaggi a parte – straordinari appunto là, dove l'umano non interagisce, meritando la solitudine che offrono, la contemplazione e il silenzio – prediligo raccontare frammenti di vita e di culture, la cui diffusione aggiunge conoscenza sociale e denuncia. Da questo punto di vista quest'ultimo anno trascorso in Bolivia mi ha permesso di misurarmi con un contesto la cui intrinseca e incredibile diversità ha rappresentato una fonte inesauribile di stimoli fotografici (e non). Sotto la guida del primo presidente indigeno eletto nella storia della Bolivia, Evo Morales Ayma, il paese sta vivendo, dal 2006, una radicale e imprevedibile fase di cambiamento politico, sociale, economico e culturale, che ha costituito e costituisce un'esperienza unica e appassionante da vivere quotidianamente.
Nel parco nazionale Eduardo Avaroa, regione del Sud Lipez, si trova la Laguna Colorata,
4.278 metri sul mare, candidata ad essere classificata tra le meraviglie del mondo;
unica laguna al mondo di questo colore, dato da una rara alga che vivifica in queste acque.
Sullo sfondo uno dei molti vulcani della regione.
© Matteo Bertolino
La gestione armonica delle sue diversità (la Bolivia oggi si definisce ufficialmente come stato "plurinazionale" data la presenza di circa 36 etnie diverse) è la più grande sfida a lungo termine; un paese frammentato e altamente conflittuale, sempre in costante tensione, in cerca della sua identità nazionale, pressoché assente, affronta sfide totalmente nuove e con uno spirito diverso, attento a quel mondo indigeno, maggioranza del paese, vittima di negazioni e ingiustizie secolari. È proprio la straordinaria differenziazione interna che mi ha proposto in questi mesi un terreno ricco di situazioni contrastanti con cui confrontarmi. La Bolivia è tra i primi 8 paesi al mondo in termini di biodiversità (esistono infatti ben 66 dei 112 ecosistemi conosciuti al mondo, e 22 tra parchi naturali e riserve che occupano il 16% del territorio), e conta su un patrimonio culturale millenario (si pensi al complesso della cosmogonia andina, oggi rivalorizzata e culturalmente riscattata), tesoro e ricchezza di questa terra. Il paese cambia radicalmente in poche ore di percorso da un posto a un altro, la geografia, i climi, le etnie, le culture, le lingue, i raccolti, i sapori, gli odori. E le luci dei luoghi, anch'esse, così diverse e variabili, secondo l'attimo, secondo l'ora del giorno e le stagioni. I paesaggi ad alta quota, numerosi in Bolivia, regalano colori e contrasti unici, cieli di blu profondo, così come un arcobaleno di colori viene regalato dall'insieme dell'artigianato tradizionale. Il nord amazzonico e l'oriente agricolo hanno poco in comune, così come la regione dell'altipiano (la più visitata dal turista medio) ha poco a che vedere, per esempio, con la regione e la cultura del Chaco, nel Sud del paese; territorio boliviano di un milione di kmq (3 volte l'Italia) abitata da meno di 10 milioni di persone.
Missione/Chiesa gesuita a Concepcion, regione della Chiquitania, oriente boliviano.
Alcuni ragazzi durante le prove di una recita.
© Matteo Bertolino
Vivere e scoprire frammenti delle molteplici "Bolivie" rappresenta un'esperienza affascinante e una sfida allo stesso tempo; se al suo intrinseco fascino si aggiunge l'attuale fase politica iniziata nel 2006, "rivoluzionaria" rispetto al passato recente e non, l'amalgama complessivo diventa uno stimolo incessante alla sua documentazione, nella consapevolezza di non poter che proporne, in termini fotografici, solo alcuni frammenti. Esistono paesi che per una serie di circostanze storiche e cosmiche raggiungono livelli di ricchezza interna straordinari, e tra questi credo possa rientrare, a pieno titolo, la Bolivia. Ed è un peccato che l'immagine della Bolivia all'estero, in quelle poche occasioni in cui se ne sente parlare, si riduca all'immagine stereotipata della "povera" contadina indigena sull'altipiano con una gonna colorata; o, peggio ancora, come un paese schiavo del narcotraffico e della cocaina (che certamente rappresenta un problema). Durante il 2011 continuerò nel percorso di scoperta del paese, continuerà la mia collaborazione con alcune ONG locali e internazionali, riviste e agenzie, nell'augurio di poter contribuire, attraverso le mie narrazioni fotografiche e non, alla divulgazione di informazioni e conoscenze sulla Bolivia.
Coroico, regione dell Yungas. Mercato locale.
© Matteo Bertolino
Chi sono
Sono un fotografo free-lance, ho 33 anni, e vivo in Bolivia, Sud America, da quasi un anno. Parallelamente, e in modo complementare, mi occupo di "cooperazione e sviluppo", settore che mi ha portato in questi ultimi dieci anni a viaggiare molto e a conoscere frammenti di questo mondo.
www.matteobertolino.com
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