Un'esposizione collettiva che si conclude a Parigi proprio in questi giorni (presso la Maison de la Photographie Robert Doisneau) dà l'occasione di concentrare l'attenzione su una delle novità più significative nel mondo delle agenzie fotografiche negli ultimi anni. C'è stata e c'è la Magnum Photos, la Seven, l'intervento massiccio di Getty, in Italia la diarchia Contrasto/Grazia Neri. Dal settembre 2007, con battesimo a Perpignan durante l'edizione annuale del glorioso festival dedicato al fotogiornalismo Visa pour l'image, è nata Noor ("luce", in arabo), "un'agenzia di fotografi", come recita lo stesso titolo dell'esposizione parigina. Nella photogallery che accompagna questo servizio, Sguardi propone alcune delle 103 fotografie esposte, una per ciascuno dei nove fotografi dell'agenzia. Nata dalla decisione di unire le visioni personali, dalla combinazione degli sguardi indipendenti di Samantha Appleton, Philip Blenkinsop, Pep Bonet, Jan Grarup, Stanley Greene, Yuri Kozyrev, Jon Lowenstein, Kadir van Lohuizen, Francesco Zizola.
Jan Grarup / NOOR
Un enfant réfugié récemment arrivé attend dans sa nouvelle habitation.
Une grande partie des réfugiés fuyant les Janjawids héritent d’abris laissés par d'autres,
morts de maladie ou déplacés vers d'autres camps.
Camp Kalma, Soudan, avril 2005.
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Come ha scritto Annie-Laure Wanaverbecq, in occasione della mostra parigina, «la giovane agenzia Noor appare subito come una sfida, nel contesto mediatico attuale. Realizzare reportage nel corso di lunghi periodi, individuali e collettivi, occuparsi di soggetti complessi per rivelare delle realtà di tutto il mondo, testimoniare con rigore e precisione nel rispetto della dignità umana, sono gli impegni in nome dei quali questi fotografi hanno unito le loro convinzioni e capacità. Emozionante e coraggioso, questo approccio è coerente alla migliore tradizione del fotogiornalismo. Questa impresa collettiva è tanto più eccezionale perché i fotografi coinvolti sono già reporter famosi dalla carriera imponente. Nel corso degli anni, ciascuno ha caratterizzato i propri lavori con una forte visione personale».
Jon Lowenstein / NOOR
Un travailleur se tient sur l'échelle en attendant
une tronçonneuse qui doit arriver à Pockettown
dans le quartier sud de Chicago.
Chicago Southside, Chicago, mai 2006.
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L'agenzia Noor si è data una missione e si è formata attorno a un manifesto. La missione di Noor è di aiutare a sviluppare la comprensione del mondo, producendo reportage approfonditi, e di agire in modo dinamico e collettivo, per promuovere, esporre e vendere l'opera dei fotografi che ne sono membri. Nel Manifesto è indicato che «come gruppo, i fotografi di Noor condividono i propri centri d'interesse, accettano la sfida di esprimere questi temi in un linguaggio capace di rinnovarsi, e di trattarli nel rispetto della dignità umana. Sono fotografi documentaristi consapevoli del fatto che i principali cambiamenti di fronte ai media tradizionali sono in favore di una diffusione di massa sempre crescente dei nuovi media. Anche se rispettano il mercato come è, non accetteranno le sue direttive, né baseranno le loro decisioni solo in base alle sue esigenze, continueranno a portare avanti progetti che ritengono importanti e produrranno saggi fotografici importanti e significativi, trattandoli in profondità, ritenendo che alcune cose abbiano semplicemente bisogno di essere viste. I dieci membri - nove fotografi e Claudia Hinterseer, direttrice e co-fondatrice di Noor - ricercano forme di collaborazione con Ong e fondazioni, il sostegno finanziario di borse di studio, sovvenzioni, sponsor».
Samantha Appleton, statunitense, 1975
Lavora principalmente su progetti di lungo termine; tra i lavori recenti, la campagna presidenziale di Barack Obama e l'immigrazione illegale in Medio Oriente e America. Ha vinto numerosi premi come il Pictures of the Year e la World Press Masterclass. Pubblica principalmente sul Time Magazine e The New Yorker. Risiede a New York e Washington D.C.
Philip Blenkinsop, anglo-australiano, 1965
Dal suo arrivo in Asia nel 1989, il suo nome è diventato sinonimo di conflitti dimenticati. Dalle settimane trascorse attraversando le montagne di Timor Est con i guerriglieri, alla guerra tribale e al cannibalismo in Borneo. I lavori più recenti riguardano, in Cina, il Fiume Giallo e il terremoto. Vive in Asia, a Bangkok, e lavora attualmente su due progetti di lungo termine: il Nepal e l'insurrezione del Sud della Thailandia.
Pep Bonet, spagnolo, 1974
Il suo lavoro si concentra su questioni africane e progetti a lungo termine. Il suo lavoro su questioni sociali come l'Aids ha portato a due libri di fotografia e 35 mostre in tutto il mondo. Il suo lavoro più noto è "Faith in Chaos", sul dopoguerra in Sierra Leone. Nel 2005 si è aggiudicato lo Eugene Smith Humanistic Grant, che si aggiunge ad altre borse e premi internazionali. Lo scorso anno ha terminato il suo progetto a lungo termine sulla Somalia. Vive a Maiorca.
Francesco Zizola / NOOR
Un des nombreux enfants ouzbeks victimes de malformations congénitales
et de maladies causées par la contamination chimique de la région.
Mer d’Aral, Ouzbékistan, 1997
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Jan Grarup, danese, 1968
Negli ultimi 19 anni, Jan ha viaggiato nel mondo documentando molti momenti della storia recente. Dalla caduta del regime comunista in Romania all'attuale occupazione dell'Iraq, ha coperto numerose guerre e conflitti, tra cui il genocidio in Ruanda. Ha documentato la vita quotidiana in entrambi i lati della Intifada con i suoi reportage "The boys from Ramallah" e "The boys from Hebron". Nel 2006 ha pubblicato il libro "Shadowland". "Darfur: A Silent Genocide" è la sua ultima pubblicazione. Ha vinto numerosi premi. Risiede a Copenaghen.
Stanley Greene, statunitense, 1949
Ha lavorato in tutto il mondo. Il suo più noto corpo di lavoro è la sua copertura della guerra in Cecenia, su cui ha pubblicato "Open Wound" nel 2003. Si è aggiudicato lo Eugene Smith Humanistic Grant nel 2004 e numerosi altri riconoscimenti. Il suo lavoro più recente documenta il percorso della droga e della malattia attraverso l'Afghanistan. È basato a Parigi e New York.
Yuri Kozyrev, russo, 1963
Ha coperto tutti i principali conflitti nella ex Unione Sovietica - tra cui due guerre cecene - da quando divenne un fotogiornalista professionista venti anni fa. Dopo l'11 settembre 2001 è stato in Afghanistan, dove ha documentato la caduta dei talebani. Ha trascorso gran parte degli ultimi sei anni a Baghdad, lavorando per la rivista Time. Yuri ha ricevuto numerosi riconoscimenti per la sua fotografia, inclusi quattro World Press Photo, l'Opc Oliver Rebbot Award nel 2004, l'International Center of Photography's Infinity Award for photojournalism nel 2006. Vive tra Baghdad e Mosca.
Samantha Appleton / NOOR
Des immigrants illégaux, au cours de leur voyage vers les Etats-Unis,
se reposent près de la frontière du Guatemala.
Tapachula, Mexique, janvier 2002.
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Kadir van Lohuizen, olandese, 1963
Ha coperto conflitti in Africa e dappertutto, ma è probabilmente più conosciuto per i suoi progetti sui sette fiumi del mondo e sull'industria dei diamanti. Ha ricevuto numerosi premi, tra cui due World Press Photo. È stato due volte membro della giuria al World Press Photo Contest e pubblicato quattro libri di fotografia. È basato ad Amsterdam e New York.
Jon Lowenstein, statunitense, 1970
Negli ultimi dieci anni, si è specializzato in progetti a lungo termine di fotografia documentaria. Nel 2000 ha iniziato il suo progetto in corso sull'immigrazione messicana verso gli Stati Uniti. Ha documentato la comunità del South Side Chicago per gli ultimi otto anni, suoi reportage recenti riguardano il Centro America e il Sud Africa. È stato nominato 2008 Alicia Patterson Fellow e nel 2007 ha ottenuto il Getty Award for Editorial Images. Risiede a Chicago.
Francesco Zizola, italiano, 1962
Fotografa i grandi conflitti del mondo e le sue crisi nascoste. Il suo ultimo libro, "Iraq" pubblicato con Amnesty International nel 2007, documenta l'inizio della seconda guerra del Golfo, una guerra senza fine, senza testimoni, diventata off-limits per i fotografi. Il suo libro "Born Somewhere", del 2004, è il risultato di 13 anni di lavoro sulla situazione dei bambini in 28 paesi. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali, tra cui il World Press Photo of the Year nel 1996, con un reportage sulla tragedia delle mine in Angola, sette World Press Photo Awards e quattro Pictures of the Year Awards. Vive a Roma.
www.noorimages.com
www.maisondelaphotographie-robertdoisneau.fr
Kadir van Lohuizen / NOOR
Dans cette région reculée de la Sibérie où vit le peuple Nenet,
en cas d’urgence médicale, le malade doit être évacué par hélicoptère.
Labarovaya, Sibérie, avril 2001.
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