Deserto e ghiaccio. Purezza delle rette, morbidezza delle curve, profondità degli angoli. L'assoluto nell'assenza. Caldo e freddo. Vento. La staticità in movimento. Il mondo del sogno. O del futuro? Libia, da una parte, e Cile e Argentina, dall'altra. Il vento caldo sulla sabbia mi aveva fatto sentire in perfetta sintonia con la strepitosa natura che mi circondava, mentre quello freddo sul ghiaccio mi ha messo a disagio. Nella sabbia mi ci sono rotolata, il ghiaccio l'ho calpestato. Il vento caldo mi ha avvolto, l'ho sentito sulla pelle. Sul ghiaccio ho patito le barriere frapposte tra me e il soggetto/oggetto. Senza contare poi che l'incontro con il deserto, desiderato da lungo tempo, l'ho vissuto con fiduciosa curiosità. La scelta del viaggio sul ghiaccio è stata fatta più per contrapposizione, per mettermi alla prova, pur consapevole che avrei potuto riscontrare un ambiente a me poco congeniale. Del resto, sono una donna mediterranea e vivo in una città di mare (Genova). Anche questo conta.
© Patrizia Traverso - Nel villaggio di Ubari |
Fotografo per ingoiare un'emozione, per accumulare dentro l'armonia della natura, l'energia della luce, l'equilibrio delle linee nell'ambiente. Vorrei poter eliminare la distanza fra lo strumento e il soggetto. La fotografia approfondisce il cambiamento perpetuo di ciascun paesaggio, esteriore o interiore, privato o collettivo, celebra l'istante nell'affastellarsi degli avvenimenti della vita. Lo scatto è l'attimo, eterno e infinito. Poco importa riviverlo o rivederlo. Si compie e si perpetua in se stesso. Quante volte, in epoca pre-digitale, ho scattato dimenticando di mettere in macchina il rullino. Forse i miei scatti migliori.
Spesso il mio scatto è improgrammabile, casuale, urgente. Sono impaziente quando avverto l'esigenza di catturare quel soggetto, quindi non faccio troppa attenzione alla tecnica, ma all'inquadratura che mi si stampa in mente insieme al clic. Non mi sento responsabile della violenza che la fotografia usa sul soggetto, piuttosto è l'oggetto ritrattato che decide di farsi fermare dal mio obiettivo. Nel caso di fotografie di animali il paradosso si chiarisce: l'animale transita davanti al mio obiettivo in attesa e fra due mondi lontani, spesso impermeabili uno all'altro, si produce un incontro, una sintesi. Il risultato, magicamente, è sempre spontaneo.
© Patrizia Traverso - Sopra e sottovento |
Non amo i ritratti, l'invadenza prepotente dell'obiettivo. Anche nei ritratti dei maestri trovo troppo autocompiacimento dell'autore che finisce per svuotare il soggetto. E comunque il ritratto ruota sempre intorno alla percezione che il soggetto ha di sé. Mi interessano invece natura e architettura - cioè il modo dell'uomo di intervenire sulla natura, di ricrearla - condizionate solo dalla luce, elemento essenziale della fotografia e dall'aria, elemento essenziale di vita. Il mio sguardo fotografico si focalizza sui colori – spesso la mia ricerca di armonia cromatica è spiccatamente pittorica (picassiana?) – sulle linee e sui volumi (ispirazione cubista?).
La contraddizione di fondo in fotografia risiede nell'unicità dello scatto e nella sua infinita riproducibilità. Nel mondo digitale il lavoro di post-produzione non può considerarsi blasfemo verso la sacralità dello scatto né suscitare sospetti o dubbi sulla genuinità o la verità del prodotto. La post-produzione rappresenta il secondo livello (più avanzato, più ideale, più necessario, forse più ingenuo) della creatività del fotografo, la testimonianza della sua aspirazione a un ordine assoluto, estetico e morale.
© Patrizia Traverso - Tracce |
Una strategia per restituire unicità e valore all'immagine fotografica è ricostruirla intorno alla parola (nel caso venga riprodotta su un supporto editoriale) o a un oggetto (e allora la riproduzione fotografica diventerà opera d'arte). Il testo nello spazio delle foto ha prodotto il mio primo libro fotografico (Mari di sabbia, Sperling&Kupfer, 2007) dove la parola orale del popolo tuareg e la parola scritta dei grandi pensatori occidentali diventano parte integrante dell'immagine che li accompagna (o è viceversa?) e alla produzione delle fotocose, composizioni tridimensionali di grandi stampe fotografiche laser e oggetti, microsculture che le integrano e le commentano narrativamente. Mi ritengo dunque più assemblatrice che fotografa pura, probabilmente anche in ragione del fatto che la mia prospettiva fotografica è orientata dalle mie esperienze professionali in campo editoriale e dell'arredo di interni.
© Patrizia Traverso - Nel Parco Nazionale Los Glaciares - Argentina |
Trovo quotidiani spunti fotografici nelle cose che mi circondano, basta osservare la città dalla finestra di casa per sentire l'esigenza di inseguire un taglio di luce mai visto, un particolare trascurato. Ma è la condizione straordinaria del viaggio che offre l'opportunità di collezionare continui stimoli fotografici. Io vivo il viaggio attraverso l'obiettivo fotografico. Ogni mattina vesto l'attrezzatura in spalla (quanto è pesante e ingombrante!) ed essa diventa compagno di viaggio inseparabile. Mi capita a volte che, immagazzinando immagini durante gli spostamenti, sollecitata dal cambiamento del contesto intorno a me, mi costruisca in mente una possibile composizione fotografica e allora resto in attesa che mi venga offerta la possibilità di fare quello scatto. Mi piace raccontare con le immagini. In viaggio metto sempre in valigia anche un taccuino e dei pastelli: quando non sono rapita dalla frenesia dello scatto, mi soffermo a cercare di descrivere le emozioni del momento attraverso degli schizzi colorati.
Preferisco osservare senza essere osservata. Quando fotografo cerco l'invisibilità, forse per questo amo fotografarmi i piedi e l'ombra, testimonianza del mio essere lì, in quel momento e in quella situazione. Una firma nascosta, discreta. Faccio mia, con umiltà, la frase che amava ripetere il grande Alfred Stieglitz, forse quella che descrive meglio la mia passione fotografica: "C'è un'unica cosa in cui sono stato di fatto scrupoloso: nell'essere scrupolosamente impreparato".
© Patrizia Traverso - Blu ghiaccio |
Chi sono
Ho comprato la prima macchina fotografica, una Zenit-B, a diciannove anni, con il primo stipendio. Da allora ho cambiato e alternato numerosi apparecchi analogici e da qualche anno, con totale soddisfazione, sono definitivamente approdata al digitale. Nei primi anni Settanta ho frequentato alcuni corsi di introduzione e avviamento alla fotografia – quello che ricordo con maggior piacere è lo storico "Donna Fotografa" di Giuliana Traverso – che nella mia formazione hanno avuto soprattutto un ruolo di stimolo all'osservazione, alla ricerca dell'inquadratura e alla riflessione teorica ed estetica. Quando si trattava di approfondire i principi della tecnica fotografica, lo ammetto, la mia attenzione calava invece vistosamente. Quello che sono oggi è il risultato di anni di scatti più o meno riusciti e di una costante passione. Le diverse esperienze professionali e personali che ho vissuto hanno tutte in qualche modo indirizzato e perfezionato la mia ricerca fotografica: l'arredamento e il design di interni mi hanno educato al lavoro sull'armonia delle forme; l'attività editoriale mi ha riconciliato con una dimensione anche tecnica del "fare" fotografia, dallo scatto all'impaginazione, dalla grafica alla stampa; la gestione di una grande libreria di volumi d'arte e di immagine mi ha avvicinato alle esperienze e all'insegnamento dei maestri della fotografia e al confronto con il pubblico degli appassionati. L'amore per i viaggi mi ha permesso di mettere alla prova i miei interessi fotografici ed estetici in diverse situazioni ambientali. Le mie immagini sono state pubblicate su libri, quotidiani e riviste e ho partecipato a mostre collettive e personali.
© Patrizia Traverso - Il Perito Moreno |