Il mio incontro con la fotografia è stato quasi casuale, ma simile al nascere o, meglio, al semplice fluire di un fiume: ho incominciato a fotografare e osservare il vulcano Etna, ispirato dai suoi ambienti naturali molto vari. Mi affascinava molto il concetto stesso di fotografia, il poter condividere le emozioni, il semplice raccontare attraverso la luce e il tempo, momenti e visioni che avevo il privilegio di vivere; la stessa storia e la scienza hanno bisogno di essere testimoniate attraverso le immagini, e poi il mio desiderio recondito di sprigionare le sensazioni con creatività. Ho iniziato a fare foto da autodidatta, acquisendo esperienza sul campo e sfogliando qualche manuale, poi con un corso personalizzato ho cercato di migliorare i miei difetti, beneficiando di importanti accorgimenti.
© Dario Lo Scavo
Silhouette sullo sfondo del cratere sud-est durante l'attività eruttiva di luglio 2006
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L'Etna è il vulcano più alto d'Europa, uno dei più attivi del mondo; sono rimasto sedotto da questa natura un po' ribelle e ostile, ma nello stesso tempo molto generosa, e si alternano scenari in cui si manifesta la sua forza spaventosa, con le esplosioni e le eruzioni, e gli aspetti quasi idilliaci, dei paesaggi innevati, il deserto vulcanico e la fitta pineta, quindi una natura che si distrugge e si rinnova e ritorna nel tempo più rigogliosa. Si alternano anche le sensazioni, un po' di adrenalina può scattare innanzi a un'esplosione, o grande serenità e pace passeggiando nei campi fioriti o in mezzo ai faggi in autunno o dopo una nevicata in inverno.
Spesso risalgo il vulcano per documentarne l'attività. Capita che, impossibilitato dalle condizione atmosferiche avverse, io resti a fotografare altri aspetti naturali inaspettati. La mia voglia di scoprirlo nei suoi molteplici aspetti, difficilmente rimane delusa, ma penso che bisogna essere un po' predisposti interiormente. A volte, ho l'impressione che il mio stato d'animo si rifletta sulle foto, influenzato dai colori e dai profumi. Inquadro nella posizione in cui percepisco di più la mia sensazione.
© Dario Lo Scavo
La diversa temperatura e fluidità del magma che si rallenta giungendo su di un piano
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Il punto di ripresa è molto importante, ma non sempre è possibile scegliere quello che si desidera. Quando ci sono delle attività eruttive, se posso, raggiungo nel pomeriggio la parte sommitale o la zona interessata e inquadro la situazione, in modo da potermi muovermi nel buio della notte, in cui normalmente le eruzioni hanno un effetto molto più spettacolare. Spesso l'area circostante è molto impervia e il fondo lavico sdrucciolevole; naturalmente, cerco di non perdere il momento del crepuscolo dai magici colori.
Quasi sempre vado da solo, ma è una cosa che sconsiglio vivamente, poiché oltre a essere un vulcano l'Etna è anche una montagna, bisogna sempre calcolare il rischio, valutare sia l'aumento di un'attività esplosiva, osservare il vento, intuire il cambiamento delle condizioni atmosferiche, che possono essere ben più pericolose di un'eruzione stessa, conoscere il territorio.
© Dario Lo Scavo
I pini rimasti bruciati dalla colata che li ha risparmiati senza più gli aghi,
ma dolcemente ricoperti dalla neve
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Ricordo, nei primi anni in cui mi dedicavo alla fotografia, un pomeriggio in cui sentivo dei boati spaventosi che facevano vibrare il terreno, a tratti pioveva, la luminosità era scarsa e la nebbia non permetteva di vedere nulla dai 1800 metri s.l.m. in su. Ho continuato la mia ascesa fino a 2900 metri, una distanza già rischiosa, da cui non potevo avvicinarmi ancora. Vedevo sopra i banchi di nebbia, le colonne di magma incandescente alte chilometri. Sono rimasto stupefatto, e fortunatamente, dopo un po' la nebbia si abbassò e ho potuto fotografare quelle esplosioni parossistiche nella loro estensione; poi mi dissero che era stata la più grossa esplosione degli ultimi quarant'anni e io ne rimasi molto entusiasta.
Fu un bel regalo che il vulcano mi volle fare. Bisogna comunque osare, insistere, per essere fortunati. Con prudenza ed esperienza nutrire la passione, e con l'occhio attento, cercando di trovarsi al posto giusto al momento giusto (e che non sia troppo giusto, dice qualcuno).
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© Dario Lo Scavo
Esplosione parossistica
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© Dario Lo Scavo
Eruzione 2001
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Ho rifiutato diversi lavori, ma ho insistito, tra diversi ostacoli, affinché la mia passione sfociasse nel mio lavoro. Ho aperto la mia attività di vendita di foto dell'Etna nel versante nord, nella stazione di Piano Provenzana. In quella stessa settimana dal versante sud dell'Etna scoppiò una nuova eruzione che attrasse una moltitudine di turisti, desiderosi di recarsi vicino al teatro eruttivo; ma non era molto semplice; turisti, appassionati e vulcanologi che visitavano il versante nord ammiravano e acquistavano con entusiasmo le foto del mio archivio e quelle fatte le notti prima. Fu un buon avvio, un buon auspicio, di un lavoro gratificante ed emozionante. Poi incominciarono alcuni gruppi a far tappa nella mia attività e io, attraverso le sequenze fotografiche e le mie spiegazioni, provo a far rivivere le varie eruzioni e ciò che di più spettacolare nasconde la montagna.
Nell'ottobre 2002 la stazione turistica dove svolgevo la mia attività fu interamente spazzata da un'eruzione a bottoniera. La documentai dettagliatamente: arrivai verso le 2 di notte, svegliato dalle scosse di terremoto che si sentivano nei paesi sotto l'Etna, giunsi a Piano Provenzana, dove i terremoti erano spaventosi, facevano balzare le macchine di decine di centimetri, fenditure si aprivano nel terreno, causati dalla faglia, che si spaccava. Dopo un po' si aprirono le prime bocche a 2400 metri; con l'alternarsi di terremoti, se ne aprirono ben 25, tutte adiacenti la linea del rift, scendendo fino a quota 2000 metri, a ridosso dalla stazione turistica, da dove la lava trovò il punto debole per fuoriuscire. Dopo un'ora la lava percorse un paio di chilometri e raggiunse le prime strutture; l'indomani la stazione turistica era un lago di lava che, lento, si muoveva verso il paese dove abitavo. In questi casi il rapporto con questa natura, ieri generosa, oggi ribelle, entra in crisi. Ci si chiede anche perché; ci si dimentica che è un vulcano che, semplicemente, fa il suo corso. Quasi sempre mi inoltro da solo, anche se non è prudente, mi sento libero di riflettere e, in balia delle mie sensazioni, do sfogo alla mia fantasia: è anche una piccola ricerca dentro di me.
© Dario Lo Scavo
Dentro la pineta durante un nebbioso temporale
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Di solito preferisco la foto a colori, semplicemente perché è quello che vedo, e rappresenta la natura più fedelmente. Spesso i colori sono già molto fantasiosi, io non elaboro le foto al computer, né mi piace usare i filtri, molte volte mi stupisco di ciò che vedo. Mi piace giocare con la messa a fuoco, con il vento o le lunghe esposizioni, specialmente di notte durante le eruzioni.
La mia attenzione verso il reportage sociale è nata durante i miei viaggi in Brasile, attratto dalle favelas e dagli sguardi dei bambini che vivono per strada, dalla vita dei villaggi isolati dalle dune e poi dall'Amazzonia. In seguito, ho viaggiato attraverso il Venezuela, dalla zona dei Caraibi fino alle Ande, durante il periodo delle elezioni presidenziali. L'anno scorso sono andato in Messico, inoltrandomi tra gli indios Juicholes, i Taraumara e i gruppi etnici del Chiapas durante il pellegrinaggio della Madonna di Guadalupe. Poi in Palestina, dove sono rimasto colpito dal fascino e dall'atmosfera vibrante della Terra Santa e della sua gente. Sono appena rientrato dalla Birmania, dove sono stato purtroppo testimone del ciclone che ha stravolto Rangoon, stupefatto dalla gente che col sorriso si adoperava a sistemare i danni e a liberare le strade piene di alberi sradicati. Sono stati i diversi viaggi in solitario a farmi capire quanto possa essere importante il viaggiare, conoscere persone che vivono in modo diverso, in realtà cosi lontane: arricchisce le nostre esperienze e migliora le percezioni. Solo vivendo immersi in quelle realtà, ci si può veramente rendere conto, capire a fondo e cercare di ritrarle senza turbarne la sensibilità e nel modo più spontaneo possibile.
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© Dario Lo Scavo
Faggi bombardati dal cratere avventizio, il sole filtrato dal fumo pieno di cenere crea una luce surreale
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