La fotografia è entrata nella mia esistenza in maniera tardiva, imprevedibile e inaspettata. Per anni ho lavorato come giornalista occupandomi di musica classica e di libri, e per anni ho rifiutato l'idea di viaggiare portandomi dietro una macchina fotografica. Ma per fortuna si cambia. La scoperta della fotografia in bianco e nero, della luce e degli scatti di decine e decine di fotografi, assieme all'alchemica fascinazione della camera oscura, sono elementi che hanno radicalmente spostato l'asse della mia esistenza. Negli ultimi sette anni – continuando a studiare fotografia, e spinto dall'idea di essere fisicamente presente in un luogo – ho cominciato a viaggiare ogni volta che è mi stato possibile: in Messico, in Texas e in diversi stati dell'America centrale. Nel 2004 in Mali e Senegal, e ancora la Siria, la Giordania, Sri Lanka dopo lo tsunami e ancora diversi stati dell'India.
© Edoardo Tomaselli - Indian Wedding, India 2007 |
Spostamenti e viaggi che a volte ho fatto su richiesta di qualche rivista, molto più spesso in totale indipendenza, con un budget ridotto all'osso che mi ha permesso e mi permette spostamenti di due o tre mesi. La fotografia mi ha più recentemente spinto verso l'Europa dell'Est e Istanbul, dove nel corso dell'ultimo anno sono tornato diverse volte. Nella primavera del 2007 ho invece lavorato a una proposta del Parc National de Mercantour, nell'estremo sud della Francia: l'idea era quella di fotografare per tutta la primavera allevatori, contadini e coltivatori che vivono all'interno del parco. Il progetto si è poi allargato al Parco nazionale delle Alpi Marittime in Italia, che condivide con il parco francese un'antica cultura comune, e il risultato è stata una mostra di foto in bianco e nero che ha aperto a settembre a Saint Martin de Vesubie, e sta girando in questi mesi diverse località del Mercantour e arriverà in Italia per l'inizio dell'estate. Il lavoro è stato realizzato interamente in pellicola, scegliendo – come cerco di solito – di utilizzare un'attrezzatura ridotta all'osso. Un grandangolare, un 50mm, una reflex e una medio formato. E preferibilmente, anche se anacronisticamente, scattando su pellicola.
© Edoardo Tomaselli - Along the Niger, Africa |
Non amo fotografare
situazioni di guerra, di disagio, distruzione o disperazione: in un bellissimo documentario sul suo lavoro, il fotografo americano
Walter Rosenblum sosteneva che ogni sua immagine fosse un
omaggio alle persone ritratte. Trovo sia una bellissima idea, ed è quella che in fondo guida il mio sguardo: preferisco
cercare la bellezza, nei luoghi o nelle persone. Cerco di fotografare usando solo la
luce ambiente: non amo i flash e non amo le foto posate. Mi piace raccontare le cose mentre avvengono, come se non ci fossi, ma allo stesso tempo restando profondamente dentro l'immagine che sto scattando. Diversamente mi sembrerebbe di raccontare qualcosa da cui sono distante, e verrebbe così meno uno dei fondamenti del creare foto, che è sempre un
gioco a tre tra chi è ritratto, chi scatta e l'ambiente in cui questo rapporto prende forma. Credo sia stato
Robert Capa a dire che se una foto non è buona, è perché non sei andato abbastanza
vicino. Cerco sempre di creare un rapporto con chi fotografo, e mi piace essere a mia volta guardato dall'altro lato dell'obiettivo: lo sguardo che
arriva a me, arriverà anche a quanti guarderanno quella foto. E ciascuno avrà una diversa percezione di quello sguardo.
Con il tempo, e lo studio continuo del lavoro di altri fotografi, sto lentamente trovando la mia
maniera di guardare il mondo: inizialmente sono stato attratto dal mondo del
reportage e della
street photography, ma con il medio formato ho iniziato ad interessarmi all'architettura. Amo allo stesso modo, anche se sono su piani espressivi molto diversi, le immagini di
William Klein e quelle di
Gabriele Basilico. La miscela tra foto
colte al volo (come quelle di Klein su New York) e il
rigore formale di Basilico (e di quanti utilizzano grandi formati), rappresentano per me due
opposti che si incontrano alla perfezione.
© Edoardo Tomaselli - Carnival Dances, Mexico 2004 |
Lavorando anche come musicista, mi sono poi reso conto di come fotografare sia
simile al modo di suonare uno strumento: solo con la
pratica si migliora. E la pratica la si costruisce giorno dopo giorno. Più sento il bisogno di fotografare, più viaggiare diventa una necessità.
© Edoardo Tomaselli - Ometepe Fishermen, Lago di Ometepe, Nicaragua |
Con la fotografia ho poi una serie di
idiosincrasie: uso il digitale, ma non finisce di convincermi. Scegliere di usare la pellicola è una scelta economicamente
disastrosa, e me ne rendo conto. Ma non riesco a rinunciarci: vedo il colore per il
medio formato (tendenzialmente il 6 per 4,5) e il bianco e nero per il
35mm. Una scelta che non sarà per sempre – il digitale sta facendo passi in avanti giganteschi – ma nel corso di questi anni è stato così: se scatto in pellicola, semplicemente penso cento volte di più ad ogni singola foto. Con il
digitale non ci riesco. Trovo che il fatto di potere
vedere subito l'immagine scattata,
tolga la tensione e concentrazione che deve esserci prima di ogni singola foto. Inoltre non amo passare ore davanti al computer a
sistemare immagini, e anche questo è un mio limite. Amo invece le vecchie macchine fotografiche e trovo che lavorare su apparecchi
manuali sia il massimo della libertà. Sono forse anacronistico e anti-economico: ma ritengo che ci debba essere sempre una buona componente di
illogicità nelle nostre azioni. Diversamente, sarebbe tutto troppo perfetto o noioso.
© Edoardo Tomaselli - Afrotrottola, Mali 2004
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Chi sono
Sono nato a Milano nel 1968, e ho in tasca una laurea in Scienze Politiche che non mi è mai servita a niente. A metà degli anni '90 ho cominciato a scrivere per una rivista universitaria, e ho passato a scrivere gli ultimi 15 anni della mia vita. Ho lavorato per case editrici, per quotidiani, mensili, settimanali e per internet, occupandomi di musica classica, di cultura e viaggi. Ho iniziato a studiare fotografia nel 2003, e da allora molte cose sono cambiate: innanzi tutto la dimensione del viaggio, e fortunatamente un ritorno economico (per quanto limitato) che mi permette di continuare a stare in viaggio. A fianco del giornalismo e della fotografia lavoro anche come musicista: per anni ho suonato come trombettista in una formazione di Hot Jazz, e dal 2004 suono con un gruppo che esegue repertorio balcanico ed est europeo.
www.tangerinet.it
© Edoardo Tomaselli - Tex Boots, Texas 2005 |