Sono ormai vent'anni che scatto e nel corso del tempo il mio modo di vedere e di "scrivere" il mondo è cambiato. Di recente ho raccolto alcune immagini, frutto di reportage di viaggi dal 2000 al 2007, in una nuova pubblicazione: "Afriasia, portfolio in orizzontale" (Polaris, pp. 192, 80 immagini a colori, formato 24x36 cm). I miei scatti non sono fotografie di denuncia sociale o di guerra, non vogliono scioccare violentemente né essere dei saggi giornalistici. E nemmeno una cartolina stereotipata. Quello che mi interessa e che fa parte della mia continua ricerca, è la forza intrinseca, magari contraddittoria, che voglio emerga da ogni singolo scatto.
© Edoardo Agresti
Una lanterna ad olio l'unica luce al mercato notturno di Ilha
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Almeno nelle mie intenzioni, la fotografia deve
rivelare qualcosa: scoprire, oppure ricoprire, rimettere il velo, un'azione e il suo opposto. Strano, ma molto adatto a descrivere certe immagini. Forse perché sia l'Oriente sia l'Africa sono molto legati agli
opposti. In Asia lo yin e lo yang, l'atavica lotta tra il bene e il male del Ramayana, l'estrema ricchezza dei Maharaja che si contrappone alla misera condizione degli "intoccabili". In Africa il Bianco e il Nero, il leone e la gazzella, il padrone e lo schiavo, un retaggio razziale che ancora si
respira in Mozambico e in altri paesi dal recente passato coloniale.
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In alcune foto si legge la parte più intima, nascosta della persona ritratta (è curioso pensare come alcune tribù si rifiutino di essere fotografate per paura che gli venga rubata l'anima).
In altre, invece, aleggia una patina misteriosa, una sorta di bruma mattutina che racchiude e ricopre come un velo protettivo, sentimenti ed emozioni troppo personali per essere condivisi e rivelati all'esterno. |
Con il passare degli anni, mi sono accorto che niente nello scatto è lasciato al caso anche se è il caso a fare lo scatto. In ogni singola foto ricerco un equilibrio cromatico; un controllo degli sfondi e della luce quasi si fosse in studio coadiuvati da potenti flash e fondali; un bilanciamento delle masse che può sembrare costruito. Invece è tutto naturale e assolutamente reale. Niente di creato, né elaborato o «tagliato» in post produzione. Ogni momento è ripreso nell'attimo stesso in cui accade, nell'ambiente e con i giochi di luce e ombre reali. Amo il colore nel giusto rapporto, talvolta leggermente accennato, quasi desaturato; mi affascinano i chiaroscuri delle prime luci dell'alba o dell'ultime ore del giorno. Se tutto questo non accade, se manca questa atmosfera quasi mistica, se la magica fusione della luce con il soggetto non dà equilibrio, rinuncio allo scatto. Sì, non mi interessa documentare.
© Edoardo Agresti
Sana'a, i tipici palazzi della capitale riflessi su una pozza d'acqua
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Non ho scelto l'Africa e l'Asia - dalla cui contrazione nasce il titolo del libro – per fotografarne la povertà o mostrare i disagi e il degrado che normalmente si associano a queste aree del mondo. Ma per esplorare mondi totalmente diversi da quello in cui vivo, società complicate ma nel contempo vibranti di vita. L'India in tal senso è unica. la in maniera sublime: «L'India è l'India», scriveva Terzani, «è sporca, è povera, è infetta; a volte è ladra e bugiarda, spesso maleodorante, corrotta, impietosa e indifferente. Eppure, una volta incontrata non se ne può fare a meno. Si soffre a starne lontani. Ma così è l'amore: istintivo, inspiegabile, disinteressato. In India si pensano altri pensieri».
© Edoardo Agresti
Orissa, molte case vengono dipinte di blu indaco
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Non ho un particolare approccio al luogo, alla gente. Cerco di calarmi in un altro mondo che non è fisico ma mentale, di predisporre e sincronizzare cuore, mente e obiettivo della macchina fotografica con l'ambiente fatto di luoghi e persone. La foto deve essere esteticamente bella e riflettere l'anima del soggetto, tirare fuori la sintesi, sia questo un paesaggio o una persona.
© Edoardo Agresti
La Golden Rock a Kyaikhtyo una volta l'anno viene ripulita
sotto l'attenta supervisione dei monaci, Myanmar
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Nessuna foto è stata tagliata o modificata nella cromia al computer. Nel caso in cui l'originale sia una diapositiva sono stati ottimizzati i parametri del contrasto durante la scansione. Nel caso di scatto digitale è stato, in genere, aumentato leggermente il contrasto e in fase di scatto - ovviamente in RAW - è stata selezionata l'opzione di maggior nitidezza e profilo colore Adobe RGB. Le macchine fotografiche sono tutte Nikon: la serie F è analogica mentre la serie D è digitale. Come pellicola è stata utilizzata solo diapositiva Fuji Velvia 50 ISO. La sensibilità ISO nel digitale varia da 100 ad un massimo di 400. Dal 2006 ho "appeso" le mie reflex analogiche per dedicarmi interamente allo scatto in digitale.
© Edoardo Agresti
Dopo la fine dell'epoca coloniale portoghese le case stanno andando
lentamente in rovina
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Il taglio del volume è orizzontale, di conseguenza anche le foto si sviluppano in tal senso: ecco il perché del sottotitolo "portfolio in orizzontale". Naturalmente questo presuppone anche un altro libro dal taglio verticale dove verranno raccolti maggiormente ritratti e primi piani. La sequenza delle foto è volutamente in antitesi con il nome del libro. Afriasia infatti indica un percorso dall'Africa all'Asia - ed è stato scelto in questi termini per l'evidente assonanza delle due parole - , in realtà le foto sono state inserite seguendo un cammino Est-Ovest. Questo perché nella mia mente c'è questo percorso ideale che segue il naturale correre del sole, una via circolare logica. Da Bali della prima foto fino al Marocco dell'ultima. Parte degli scatti sono stati fatti nel corso dei Nikon School Travel, viaggi fotografici da me condotti.
www.edoardoagresti.it
© Edoardo Agresti
Il barbiere e altre scene di vita quotidiane per le strade di Taiz, Yemen
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