Fino al 25 febbraio la Jarach Gallery, una nuova galleria di Venezia dedicata alla fotografia contemporanea (fondata da Jacopo Jarach e situata nel campo del Teatro la Fenice),ospita Pre/View, una collettiva a cura di Antonello Frongia con opere di Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Teodoro Lupo, Massimo Vitali e Marco Zanta. Pre/View come anticipazione di un programma di ricerca sulla fotografia contemporanea che la galleria svilupperà con mostre monografiche nel corso del 2007/2008; ma anche come idea di uno sguardo rinnovato che si spinge oltre la rappresentazione di territori noti, esplorando tematiche legate al nomadismo, alla geopolitica, alla visibilità di un futuro incerto e opaco.
Mettendo a confronto opere di artisti italiani che negli ultimi anni hanno realizzato progetti di ricerca in Europa, Asia e Stati Uniti, la mostra fa il punto sulle nuove frontiere della fotografia italiana "di paesaggio", non più intesa come registrazione di tracce del passato, ma come proiezione e ipotesi di scenari possibili.
Galleria Jarach - © Ettore Bellini
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Autori
Olivo Barbieri (1954) ha iniziato a lavorare in fotografia alla fine degli anni settanta, partecipando a soli trent'anni alla mostra fondativa Viaggio in Italia (1984). In seguito Barbieri ha sviluppato con coerenza quella che può essere definita una poetica dello straniamento. Dalle implicazioni (metafisiche e surreali) del paesaggio notturno (Notte, 1991) al paesaggio della Cina contemporanea, visto non più come luogo dell'esotico, ma come parte integrante (e perturbante) di un nascente ordine mondiale (Appunti di viaggio in Cina, 1989). Negli ultimi anni Barbieri ha sintetizzato con grande efficacia spettacolare il tema dello straniamento visivo e di quello geopolitico attraverso la serie di progetti (fotografici e video) intitolata site specific, dedicati sino a oggi a Roma, Montréal, il deserto della Giordania, Shanghai, Las Vegas, Los Angeles e Torino. L'utilizzo congiunto della prospettiva aerea (uno sguardo per definizione dominatore ed esterno) e della messa a fuoco selettiva (uno sguardo "in soggettiva", dentro la scena) sollecita domande sulla nostra posizione e consapevolezza riguardo alle trasformazioni in corso nei paesaggi della globalizzazione. Sue opere sono state esposte nelle maggiori istituzioni internazionali (tra cui la Biennale di Venezia, la Tate Modern di Londra, il Museo Folkwang di Essen, l'lCP di New York e la Triennale di Milano) e sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private (tra cui la USB Art Collection, Unicredit, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo). Tra le sue pubblicazioni monografiche si segnalano Olivo Barbieri Fotografien seit 1978 (la retrospettiva del 1996 per il Museum Volkwang) e più recentemente Virtual Truths (2001), Notsofareast (2002) e site specific SHANGAI 04 (edizione limitata).
© Olivo Barbieri
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Gabriele Basilico (1944) è considerato uno dei "padri" della fotografia italiana contemporanea. Architetto di formazione e attivo dalla fine degli anni sessanta, Basilico ha stabilito la propria reputazione come fotografo della città e dell'architettura con la serie Ritratti di fabbriche (1978-1980). A metà anni ottanta, è stato l'unico fotografo italiano invitato a contribuire alla "missione" fotografica della Datar in Francia, balzando immediatamente all'attenzione del pubblico internazionale. Insieme ad autori come Luigi Ghirri e Guido Guidi, Basilico ha avuto un ruolo fondamentale nel definire una vera e propria cultura del paesaggio urbano, che da oltre un trentennio osserva con precisione e senza retorica. Attraverso ordinate strutture prospettiche mutuate dalla tradizione vedutistica, ma anche con il gusto per la materia urbana tipica di un Walker Evans, Basilico compone serie fotografiche di largo respiro che restituiscono il senso di un attraversamento nelle città e nel territori della contemporaneità. L'opera di Basilico è stata celebrata con mostre personali al MART di Rovereto, allo Stedelijk di Amsterdam, alla GAM di Torino, al MIT di Cambridge, Mass., alla Triennale di Milano, oltre che in numerose edizioni della Biennali di architettura di Venezia. La sua vastissima produzione bibliografica è stata recentemente sintetizzata nel volume Gabriele Basilico Photo Books 1978-2005. È presente nelle maggiori collezioni pubbliche e private.
© Gabriele Basilico
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Teodoro Lupo (1975) si è laureato con Roberta Valtorta all'Università di Udine e si è trasferito successivamente a Berlino, dove lavora. Nel 2003 ha partecipato alla prima Biennale Young Artists of Europe and the Mediterranean Countries (Atene) e a una rassegna sulla Giovane Fotografia in Italia della Galleria Civica di Modena. Il lavoro di Lupo equilibra in una sintesi essenziale alcuni elementi tipici della fotografia italiana di paesaggio degli ultimi vent'anni con tratti di concettualità legati all'esperienza personale: il suo uso sapiente e misurato del colore fotografico, applicato a un esterno "infra-ordinario" fatto di tracce e indizi, si inscrive in un quadro progettuale indicato di volta in volta dai titoli delle serie fotografiche o delle singole immagini. Nel lavoro su Berlino che la Jarach Gallery presenta in anteprima – Da qui come cieco (2005/2006) – ogni fotografia, apparentemente svuotata di segni dal nero notturno, costituisce un tour de force formale e mentale: un calibrato esercizio di riflessione sul nesso tra progettualità e inconscio, sui limiti del vedere e le aperture del pensiero.
www.teolupo.com
© Teodoro Lupo
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Massimo Vitali (1944) è attivo sin dagli anni settanta nella fotografia e nel cinema. Ha ottenuto grande notorietà nell'ultimo decennio grazie a progetti che attualizzano la tradizione ottocentesca della "veduta con figura", applicata non più al paesaggio monumentale della città storica ma a luoghi contemporanei – come la spiaggia popolare o la discoteca – che mettono in questione la nozione di socialità e di incontro. Le immagini di Vitali presentano con distaccata ironia le contraddizioni di un paesaggio moderno nel quale lo spazio pubblico appare come un contenitore funzionale piuttosto che come un vero e proprio luogo di incontro. Utilizzando la prospettiva elevata con una naturalezza quasi settecentesca, Vitali ricompone per lo spettatore un paesaggio ordinario solitamente vissuto per frammenti, invitandoci a riflettere sulla "contiguità senza comunità" di persone, cose e paesaggi. Per l'editore Steidl, Vitali ha pubblicato Beach and Disco (2000) e Landscape with Figures (2004). Sue opere sono state acquisite dal Guggenheim Museum, dal Musée National d'Art Moderne di Parigi, dallo Stedelijk Museum, dal Centro de Arte Reina Sofi a di Madrid, dalla Fondazione Sandretto Rebaudengo di Torino e dalla collezione Elton John.
www.massimovitali.com
© Massimo Vitali
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Marco Zanta (1962) dagli anni ottanta lavora sul paesaggio dell'industria e dell'architettura contemporanea, restituendo con ineguagliabile esattezza il passaggio dalla tradizione all'innovazione. Il lavoro che la galleria presenta è tratto dalla serie The Space Between (2000), un progetto realizzato in Giappone che esplora il tema della trasformazione in quell' "impero dei segni" di cui parlava Roland Barthes: un mondo nel quale la cultura del passato convive con l'estrema modernità urbana di città come Tokyo e Kyoto. L'uso della sfuocatura radicale (contrapposto all'estrema nettezza tipica del lavoro di Zanta) sottolinea questo contrasto, ma interroga anche lo spettatore sull'ambigua bellezza di ciò che non possiamo – o vogliamo – guardare con precisione. Zanta ha pubblicato tra l'altro le monografie Rumore rosso (Charta 2000), Europa (Vianello 2004) Quarantanove gradi (Fotografia italiana 2006). È stato vincitore del Programme Mosaïque del Centre National de l'Audiovisuel (Lussemburgo, 2003); sue opere sono presenti nelle collezioni del Canadian Center for Architecture di Montréal e del Museo per la fotografi a di Cinisello Balsamo.
www.marcozanta.com
© Marco Zanta
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