Non ricordo molto della mia prima comunione, ma ricordo perfettamente che ricevetti in regalo una reflex 35mm. Era il 1980 e avevo appena 11 anni. Grazie a quel regalo conobbi subito un nuovo modo per dare sfogo alla mia creatività, e così cominciai a fotografare. All'inizio sistemavo oggetti e persone in modo ordinato, quasi geometrico, con l'ossessione di avere tutto sotto controllo, ogni cosa a distanza calcolata, senza lasciare nulla al caso, e devo ammettere che questa ossessione continuo tuttora ad averla. Ma essendo una persona molto curiosa mi accorsi ben presto che a volte non c'era il tempo per controllare e ordinare, quindi se volevo soddisfare la mia curiosità e catturare ciò che accadeva intorno a me dovevo seguire il mio istinto e rubare con gli occhi tutto ciò che mi era possibile. Pur essendo in conflitto tra loro, creatività e curiosità non mi hanno mai abbandonato, anzi continuano a influenzare il mio stile fotografico a tal punto che non ho ancora scelto un'unica strada nel mondo della fotografia, ma mi divido tra reportage e fotografia concettuale.
© Fabio De Benedettis
Fatima Mahfoud, rappresentante del Fronte Polisario, con la figlia,
campo profughi di El Ayoun, Algeria
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Per molti anni la fotografia è stata per me soltanto una passione, ma dal 1996 è diventata una professione e come spesso amo dire anche uno stile di vita. Dopo aver lavorato alcuni anni a Londra come assistente per due differenti fotografi, l'uno ritrattista e l'altro fotografo di moda, ho scelto di diventare un freelance, senza nessun tipo di vincoli, ma libero di scegliere "cosa" e "dove" fotografare. I miei reportage nascono dalla pura curiosità di vedere e interpretare ciò che accade intorno a noi, con particolare interesse per paesi e situazioni totalmente differenti dalla realtà opulenta e ovattata del mondo occidentale, che noi a volte continuiamo a definire "normale".
© Fabio De Benedettis
Operai alla macchina di frantumazione nel cantiere di Gurara,
Stato di Kaduna, Nigeria
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Il villaggio rurale nel sud dell'India, le capanne senza acqua ed elettricità nell'Africa subsahariana o le tende nei campi profughi, sono solo alcune delle situazioni in cui adoro lavorare. Essere a contatto con persone che vivono in situazioni critiche, con problemi a volte addirittura "primordiali" quali il cibo, mi trasmette emozioni forti, mi fa sentire veramente vivo, come se la vita vera fosse soltanto quella. Eppure, in questi contesti s'incontrano persone semplici, sorridenti, lontane anni luce dalla gente con cui siamo abituati a convivere.
© Fabio De Benedettis
Il porto di Nagapattinam una delle zone più colpite dallo tzunami, Tamil Nadu
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Fotografare in queste condizioni è logisticamente difficile, ma umanamente eccezionale. Malgrado le difficoltà, il cuore e il cervello non smettono di produrre curiosità, questa gente è un vivaio di stimoli, di input, ti offre mille colori, come la tavolozza del pittore. Più tempo passo a contatto con queste popolazioni e più difficoltà incontro a reinserirmi quando torno in Italia, come se a ogni cosa positiva che vivo con loro corrispondesse una cosa negativa nel mio paese, ma questo mi aiuta anche a vedere la nostra società con occhi differenti.
© Fabio De Benedettis
Studentessa Saharawi, scuola delle donne di Smara, Algeria
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Fotografare queste persone è molto interessante, perchè non sai mai cosa può succedere di li a poco, tutto cambia in fretta e non si ha la possibilità di ordinare e gestire il tutto, anche a livello tecnico. La mia fedele compagna di viaggio è una Nikon D200, con 18-70 e 70-300, accompagnata da una Nikon D100 come corpo ausiliare. Due macchine perfette e versatili, in qualsiasi condizione di ripresa, ma non disdegno la pellicola, che ancora utilizzo per le opere concettuali. Se il reportage mi gratifica e mi permette di dar sfogo a tutta la mia curiosità, la fotografia concettuale esalta la mia creatività. Con il reportage mi carico di energia che mi permette di scaricarmi quando tornato a studio mi dedico alla realizzazione di immagini concettuali.
© Fabio De Benedettis
Interno tunnel della diga di Gurara, Stato di Kaduna, Nigeria
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La fotografia concettuale mi permette di trasmettere un messaggio, di dire ciò che penso in merito a tutto ciò che voglio. In fondo la mia è anche una fotografia lenta, pensata, ragionata, quindi ha bisogno di essere costruita. In questi casi pianifico tutto, preparo lo shoot nei minimi particolari, in modo da poter avere tutto sotto controllo in fase di realizzazione. La pianificazione inizia con la scelta del messaggio da trasmettere con l'immagine che si vuole creare, per poi passare alla scelta del materiale per la realizzazione della scenografia. È così che sono nate le opere "Calcio maledetto", un grido di protesta contro l'inutile calcio milionario, in cui un pallone infuocato vola in aria. Ho imbevuto il pallone di benzina, gli ho dato fuoco e l'ho lanciato in aria, dopodichè ho scattato decine di volte, fino ad arrivare a scegliere un unico fotogramma. Oppure "Consumismo intelligente", un'opera contro l'uso a mio giudizio sbagliato delle carte di credito, con cui sperperiamo inutilmente dei soldi che a volte nemmeno possediamo. In questo caso una carta di credito viene fisicamente "congelata", per poi essere fotografata completamente avvolta dal ghiaccio, l'unico modo secondo me intelligente per usarla.
© Fabio De Benedettis
""Calcio maledetto""
Tecnica: Fotografia digitale - Supporto: Carta fotografica
Misure: 100x70cm - Anno: 2006
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Chi è
Fabio De Benedettis nasce a Roma nel 1969. Nel 1998 si trasferisce a Londra dove lavora fino al 2002 come assistente fotografo occupandosi di ritrattistica e fotografia concettuale. Nel 2000 si diploma in Fotografia al "Stanmore College of Art". Parallelamente alla sua attività di fotografo si è sviluppata anche la sua ricerca artistica personale. Attualmente lavora come fotoreporter, realizzando reportage sociali nei paesi del terzo mondo tra cui Bosnia, Sahara occidentale, Algeria, Nigeria e India.
© Fabio De Benedettis
Cremazione di un cadavere dopo il funerale, villaggio di Vilunthamavadi, Tamil Nadu
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