Novecento,
secolo di
progresso, di
accelerazioni della storia,
di grandi
orrori.
FotoGrafia
Festival di Roma propone tre mostre
testimonianze
del male del mondo.
Franco Zecchin, La moglie e le figlie di Benedetto
Grado sul luogo dell'omicidio,
Palermo, 1983 |
Si inizia con la mafia.
La mostra Dovere di cronaca
(a cura di Marco Delogu e Salvatore Ligios,
Istituto Nazionale per la Grafica Calcografia, fino
al 14 maggio) propone per la prima volta e in esclusiva
per il FotoGrafia Festival di Roma, le immagini di
Franco Zecchin e Letizia
Battaglia che hanno documentato la stagione
più violenta della criminalità
mafiosa, dal 1975
sino al 1993: "arrivammo
a contare fino a cinque omicidi al giorno. Volevamo
che la gente fosse cosciente e organizzammo mostre
per le strade: a Corleone durante una festa, molti
si avvicinavano a curiosare, ma poco alla volta, sparirono
tutti dalla piazza lasciandoci soli. Abbiamo avuto
paura".
Letizia Battaglia, Il gioco del killer, Palermo
1982 |
Ecco come Diego Mormorio presenta
il lavoro dei due fotografi: "Parafrasando il
famoso inizio della prefazione di Sartre
a Da una Cina all'altra di
Cartier-Bresson, dobbiamo mettere
nel conto anche questo: che il pittoresco
si nutre di sangue. E almeno dai tempi di Verga
e Mascagni, il sangue dei siciliani
piace: c'è sempre un coro
disposto a cantare: "Hanno ammazzato compare
Turiddu!" Così, come di converso, alcuni
siciliani sono sempre disposti a fare i pupari
e raccontare la storia vagamente poetica della mafia
che "fu una volta buona" e che "tutto
sommato, non è come dicono fuori dall'Isola".
Bisognerebbe parlare
più spesso, anche di questo. Magari alla televisione,
perché molti, nel nostro Paese, dai libri si
tengono lontani. E non certo solo per colpa loro,
come mi ha insegnato inequivocabilmente l'esperienza
di un amico caro che era fino a qualche anno fa di
pochissime letture. Sapendolo interessato alla questione
della mafia, gli regalai quello che fra i molti libri
che ho letto sull'argomento, per la piacevolezza della
scrittura e per la terribilità del racconto,
ancora oggi mi sembra il più bello: Raccolto
rosso di Enrico Deaglio. Fu per lui, com'era
stato per me, una lettura fatta d'un fiato.
Franco Zecchin, La confraternita del SS Crocefisso
sfila a piazza Pretoria, Palermo, 1988 |
Nel mare di immagini che ci circondano, l'equivalente
fotografico di questo libro è per me
il lavoro di Franco Zecchin e Letizia
Battaglia. Altri prima di loro avevano fotografato
morti di mafia, ma mai prima delle loro fotografie
s'era visto così chiaramente il sangue mescolato
a quell'immensa mole d'inquietudine
e di desiderio di serenità.
È come se Giovanni Verga entrasse
sulla scena e dicesse: il catalogo è questo.
Un catalogo di guerra,
perché, in realtà, non ci sono altre
parole per definire quello che è successo in
Sicilia tra la fine degli anni Settanta
e quella degli anni Ottanta:
una guerra che le cosche
si facevano fra loro e che insieme facevano allo Stato
e alla società civile.
Una guerra che ha visto Letizia Battaglia e Franco
Zecchin, senza velleità eroiche, in prima
linea".
© Robert Knoth, Infinite Wastelands |
Dalla Sicilia in Asia, si continua con Sogni
e incubi La fotografia cambogiana del 900 (Museo
di Roma in Trastevere, fino al 30 aprile, di autori
vari). Così il curatore Christophe
Loviny presenta l'esposizione: "C'era
una volta un piccolo e incantevole regno
del quale, verso la fine del XIX secolo, l'Occidente
scoprì con stupore le testimonianze di un passato
mitico. All'ombra di montagne-templi ricoperte dalla
giungla viveva un popolo
felice avvolto nell'immensa dolcezza del buddhismo
asiatico. I festeggiamenti, i ringraziamenti agli
dei, i riti quotidiani, nulla era concepito senza
l'arte, senza il mistero. Come all'epoca angkoriana,
le sublimi Apsaras, le
danzatrici celesti, partecipavano a tutte le cerimonie
e fungevano da intermediari fra gli dei, gli uomini
e i loro sovrani. Ma a partire dal 1970, la Cambogia
sarà travolta dagli orrori della guerra del
Vietnam, allargata anche al suo territorio. Con la
vittoria dei khmer rossi,
il paese conoscerà l'abominio del genocidio.
Quasi un quarto della popolazione sarà decimato
da fame, malattie, torture. La fotografia permette
facilmente di evocare con tocchi impressionistici
l'atmosfera meravigliosa di un'epoca
idilliaca appena offuscata da un'amministrazione
coloniale apatica. Di contro, ci lascia interdetti
quando ci getta in faccia la quotidianità
dei carnefici, i khmer rossi, della prigione
S21. Uomini e donne simili a voi e a me che mettevano
in pratica atrocità quotidiane come se fossero
normali compiti amministrativi. Testimoni di un nuovo
Rinascimento, oggi le
celesti Apsaras sono di ritorno. Ma a trent'anni dalla
fine del regime di Pol Pot
molti cambogiani delle nuove generazioni risentono
ancora degli strascichi del genocidio".
© Robert Knoth, Infinite Wastelands |
Infine, il disastro nucleare
in quattro aree dell'ex Unione
Sovietica raccontato dalle immagini di Robert
Knoth in Infinite Wastelands.
(Auditorium Arte – Parco della musica, fino
al 14 maggio) che con la scrittrice e giornalista
Antoinette de Jong ha lavorato a
una campagna di documentazione in collaborazione con
Greenpeace International
su quattro aree colpite
da disastri nucleari. A vent'anni dal disastro di
Chernobyl, la mostra
evidenzia come questa tragedia non abbia rappresentato
un fatto isolato e si
inserisce nel dibattito attuale sul cambiamento
climatico e la necessità di garantire
l'approvvigionamento energetico
per il futuro. In realtà, gran parte dell'energia
erogata da società europee del settore, ormai
privatizzate, proviene
dagli impianti nucleari situati in Russia. Tuttavia,
la storia dell'industria nucleare russa è costellata
di spaventosi incidenti
o di deliberate contaminazioni
dell'ambiente causate dal rilascio di scorie
nucleari. Molte delle centrali nucleari ancora
in attività non garantiscono un adeguato livello
di sicurezza e contaminano le zone circostanti.
Sfortunatamente, il ben noto disastro di Chernobyl
non fa eccezione, bensì si colloca in cima
ad una lunga lista di incidenti
nucleari dalle conseguenze devastanti verificatisi
negli ultimi 45 anni. A tutt'oggi la Russia non ha
adottato provvedimenti
responsabili, non assolvendo dunque al compito di
tutelare i propri cittadini dai rischi
legati all'industria nucleare. Ogni dieci
anni circa le centrali nucleari russe sono
teatro di almeno un incidente grave. L'ultimo della
serie risale al 1997 a Dimitrograv. La mostra si concentra
su vari aspetti, tra cui la salute
e l'assistenza sanitaria
erogata a milioni di
persone colpite dalle radiazioni e le conseguenze
degli incidenti occorsi in vaste aree dell'ex Unione
Sovietica dal punto di vista economico e sociale.
© Sogni e Incubi, La fotografia cambogiana
del 900 |