Cartoline
da diversi
universi, in
una serie di
esposizioni
offerte da
FotoGrafia Festival
di Roma: grandi autori italiani (
Basilico,
Ghirri), mostre che indagano i "confini
del mondo" (collettiva di fotografi della
Nuova
Zelanda), le spettacolari foto della spedizione
André Citroën
negli anni 1924-25 dalla costa del Mediterraneo al
Madagascar
("La crociera nera" in collaborazione con
la Società Geografica Italiana), immagini che
raccontano i diversi stadi di globalizzazione la crescente
differenza di sviluppo tra il Primo e il Quarto Mondo,
il divario tra gli abbienti e i nullatenenti, non solo
tra il Sud e il Nord ma anche all'interno dei singoli
stati; e - nel
circuito parallelo
del festival - mostre come quella di
Lou Reed
su
New York e cento altre,
dal viaggio di
Luca Rinaldini tra le
piantagioni di cacao brasiliane sulle tracce di
Jorge
Amado allo sguardo curioso di
Rory
Cappelli tra i
musei
del mondo testimone di un nuovo modo di vivere
l'arte non più fenomeno elitario ma evento familiare.
Anonimo - Cartolina di Scilla |
Tornando a Basilico e Ghirri,
sono i perni attorno a cui ruotano due eventi del
festival (Museo di Roma in Trastevere, fino 30 aprile):
Roma, Gabriele Basilico e le
cartoline degli anni 50 (a cura di Enrico Sturani)
e Vedute & Rivedute,
Luigi Ghirri e le cartoline
di paesaggio (a cura di Diego Mormorio). Le
cartoline 'lucide' così
diffuse tra gli anni ‘50 e primi anni ‘60
- quando furono scalzate da quelle in offset a colori
- recano la dicitura "vera
fotografia". Sono le ultime cartoline
in stampa fotografica.
Copyright Lou Reed - Courtesy Unosunove Gallery
|
In un'Italia ancor
lontana dalla ripresa turistica,
esse potevano permettersi di documentare puntualmente
numerose aree decentrate,
periferiche e minori. Queste cartoline che a noi oggi
paiono testimoniare luoghi
senza qualità, privi di valore artistico, erano
allora accolte con fierezza
da chi, per la prima volta, vedeva fotografata la
propria strada e, con una freccia, indicava a biro
un balconcino con abete spelacchiato e armadietto
delle scope, aggiungendo fiero: "Casa mia".
Poi venivano spedite ad amici e parenti, invitati
a veder la casa nuova. Sono documenti unici
anche per la qualità fotografica, che anticipa
il minimalismo dei maggiori
autori contemporanei
sensibili all'identità
urbana, come Basilico in queste
immagini realizzate appositamente per il Festival.
Queste cartoline, nel giro d'un decennio finirono
per ispirare proprio
gli artisti più sensibili al fascino
del banale: Peter Blake, Richard
Hamilton, Andy Warhol, John
Baeder. Poi vennero i fotografi.
Ispirandosi esplicitamente alle cartoline (come Martin
Parr) oppure all'estetica antiromanticamente
minimalista di questi e altri artisti, tornarono
a porsi dinanzi alla realtà urbana con grandi
macchine su cavalletto, caricate con pellicola
piana; proprio come i professionisti delle cartoline
lucide: salvo un particolare: quelli non firmavano.
Anonimo - La crociera nera |
Ecco come Diego Mormorio, curatore della mostra su
Ghirri, la presenta: "Fino alla fine dell'Ottocento
solo pochissimi avevano viaggiato
oltre i confini del proprio luogo natale. Inizialmente,
la parte meno privilegiata della popolazione "scoprì"
i paesaggi degli altri
solo attraverso esperienze drammatiche:
la guerra e l'emigrazione. Tra il 1903 e il 1913
dieci milioni di poveri lasciarono l'Italia:
buona parte di loro, e quasi tutti i sei milioni che
andarono nelle Americhe, non fecero più ritorno.
Conobbero così altri paesaggi ma perdettero
definitivamente i propri. Una cosa analoga avvenne
con la Prima Guerra Mondiale.
La "cartolina illustrata"
rappresentò - dapprima nell'ambito della piccola
e media borghesia e successivamente di fasce sociali
ben più estese - il primo grande strumento
di conoscenza visiva
dei paesaggi di luoghi lontani.
Dieneke Jansen, Wonderland |
Per quanto riguarda il nostro Paese, all'inizio
si trattò spesso di immagini di un certo bozzettismo
folcloristico ad uso dei turisti, realizzate
da famose case fotografiche, e fra queste, soprattutto,
quella degli Alinari,
che attraverso le "cartoline illustrate"
trovò un'estensione della propria notorietà
e una buona fonte finanziaria. Il bozzettismo, naturalmente,
era solo una parte dell'esperienza
figurativa cui la cartolina di paesaggio collegava
il suo successo. Infatti, se da un lato, l'uso della
fotografia dava garanzia di veridicità, dall'altro
una sapiente scelta di angoli
di ripresa - spesso con soggetti in primo piano
- permettevano una idealizzazione
del luogo rappresentato non certo inferiore
a quella praticata da disegnatori e incisori, dalle
cui tipologie le "vedute in cartolina" in
buona parte discendevano. Con la forza della quantità,
la cartolina di paesaggio
trasformò certe intuizioni dei disegnatori
che l'avevano preceduta in vere e proprie idée
reçues, come quella del celeberrimo pino di
Napoli. La forza della quantità,
si diceva. Ma non fu meno quella della qualità.
Dall'immensa miniera della produzione di cartoline
di paesaggio emerge infatti un numero considerevole
di fotografi interessantissimi:
autori di vedute di straordinaria bellezza, che devono
essere considerati i veri educatori al gusto
paesaggistico di un vastissimo pubblico.
Dieneke Jansen, Wonderland |