Helmut Newton, Celia, Miami, 1991
© Helmut Newton Estate
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Milano dedica una grande mostra a Helmut Newton (Palazzo Reale, dal 25 febbraio al 4 giugno): 90 scatti del fotografo tedesco/australiano scomparso a Los Angeles due anni fa, i suoi nudi ormai classici assieme a paesaggi poco conosciuti, il maestro della rappresentazione della seduzione e un mondo espressivo più intimo e meno noto. Corpi di donna la cui femminilità è un manifesto di erotismo, tra voyeurismo e provocazione, glamour e fashion, sadomasochismo e feticismo, sullo sfondo di scenari urbani e stilizzati, interni asettici o barocchi e pareti nude. Ma anche lune che si specchiano nel mare, orizzonti desertici, paesaggi.
Al di là delle produzioni per la moda e per la pubblicità, Newton viaggiava infatti costantemente in compagnia della sua macchina fotografica, registrando le immagini di tutto ciò che lo affascinava: interni, scorci di città, marine cupe e minacciose, lunghe strade che corrono all'infinito, palazzi enigmatici, vedute aeree.
Per lui in fotografia c'erano "due parole volgari: la prima è arte, la seconda è buon gusto. La bellezza è intelligenza. E il fascino non ha nulla a che fare con il denaro". Secondo l'amata moglie June Newton, che divise con lui tutta la vita, "non volle mai definirsi un artista. Preferiva definirsi un mercenario che affittava il suo talento a chi pagava di più".
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Helmut Newton, Debra and Red Exterior,
Beverly Hills, 1991
© Helmut Newton Estate
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Helmut Newton, Blonde and TV,
Milano, 2002
© Helmut Newton Estate
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Quando, sedicenne, fuggito dalla Germania nazista per salvarsi dalle persecuzioni razziali, cominciò a lavorare in Australia come fotografo, decise di accettare qualsiasi lavoro per guadagnare quanto serviva per vivere. "Scattavo foto ovunque", racconta Newton nella sua autobiografia, "ma non ho mai pensato che il mio lavoro fosse una forma d'arte. In ogni caso volevo prostituire questo talento che mi era stato dato".
Newton accettava la realtà ma solo per renderla sogno: fu questa - estesa alla costante sessuale espressa in forme crudeli, ossessive, quasi riti trasgressivi - una delle chiavi del suo successo che la mostra di Milano celebra ancora una volta. La mostra è promossa dal Palazzo Reale e da Federico Motta Editore, che ne cura anche il catalogo.
Helmut Newton, Leaving Las Vegas, 1998
© Helmut Newton Estate
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Chi è
Nato nel 1920 a Berlino, Helmut Neustadter (questo è il suo cognome originale in tedesco) inizia la sua carriera fotografica all'età di 16 anni come apprendista nell'atelier della nota fotografa di moda Yva (Elsa Simon).
Come figlio di industriali ebrei è costretto a fuggire dalle crescenti persecuzioni naziste lasciando per sempre la Germania e tagliando il suo cordone ombelicale con Berlino.
All'estero e dopo la guerra, Newton (come tanti ebrei tedeschi costretti all'esilio ha cambiato nel frattempo il cognome traducendolo letteralmente in inglese) costruisce la sua carriera di fotografo divenendo presto famoso con i suoi ritratti di personalità dello spettacolo e della cultura e ancor più con i suoi scatti erotici messi in scena in modo teatrale e disinibito, ludico e ironico.
Il suo interesse per il corpo femminile non è mosso (solo) da un istinto voyeuristico, quanto da un'ossessione professionale in grado di scoprire sempre nuovi risvolti estetici, riflessioni socio-culturali e spunti di una liberazione ed emancipazione sessuale per nulla scontata a quell'epoca.
Newton vive nel frattempo tra Montecarlo e Los Angeles, lavora per riviste come Vogue, Marie Claire o Elle e ha mostre personali a New York, Parigi, Londra, Houston e Venezia. Di tanto in tanto torna anche a Berlino dove ritrae Rainer Werner Fassbinder, Wim Wenders o Hanna Schygulla e dove trova la prima ispirazione per i suoi celebri Big Nudes, ritratti a grandezza naturale di corpulente donne bionde desnude.
Sotto i suoi occhi sono passate le più note attrici e modelle: da Ava Gardner a Charlotte Rampling, da Catherine Deneuve a Romy Schneider, da Raquel Welch a Sigourmey Weaver. Ma anche personaggi politici come Helmut Kohl e Margareth Thatcher.
Newton ha sempre cercato di provocare e stupire, di destare scalpore con immagini aggressive, forti e ironiche allo stesso tempo. Qualcuno lo ha accusato di misoginia e spesso si è attirato le critiche del movimento femminista, ma anche nelle foto marcatamente erotiche ha sempre rifiutato la volgarità fine a se stessa e non ha mai mostrato le donne come semplici oggetti di desiderio, ma consapevoli di sé, della propria bellezza e del proprio potere seduttivo.
Helmut Newton muore in un incidente stradale a Los Angeles nel gennaio 2004.
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Helmut Newton, Castello di Rivoli,
Torino, 1998
© Helmut Newton Estate
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Helmut Newton, The Readhead,
Sherman Oask California, 1992
© Helmut Newton Estate
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