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Inuit e popoli del ghiaccio

Che cosa significa vivere circondati dai ghiacci? Come si può restare isolati dal resto del mondo per millenni, conservando intatte e immutate le proprie tradizioni, e poi improvvisamente integrarsi nella cosiddetta civiltà? Come è possibile che esistano popolazioni la cui lingua prevede più di quaranta parole diverse per la neve e nessuna per la guerra?

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Giovane donna inuit vestita con l'amauti, abito tradizionale con un cappuccio molto largo
per potervi ospitare i neonati o i bimbi piccoli.
Foto di Silvia Pecota, Toronto (Canada).
Questo abito era la migliore protezione per la madre ed il bambino. L'amauti consentiva
alla madre di rimanere sempre in contatto fisico con il bambino, assicurandosi in modo continuo
del suo benessere, pur avendo le mani libere per svolgere i lavori quotidiani ed altre mansioni.
La donna inuit aveva un rapporto molto intimo con i figli, che allattava fino all'età
di circa quattro anni. Durante questo periodo si creava, tra madre e figli, un legame profondo,
poiché il bimbo era tenuto, a diretto contatto di pelle, dentro l'amauti.
(Nunavut, Canada).

A questi affascinanti interrogativi cerca di rispondere la mostra "Inuit e Popoli del Ghiaccio", a cura di Gabriella A. Massa, archeologa italo-canadese, esperta di cultura ed arte inuit, ospitata fino al 30 aprile dal Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino.

"Si tratta di una mostra che abbraccia la maggior parte delle popolazioni che vivono nell'estremo Nord del nostro pianeta – ha dichiarato la dott.ssa Massa – con reperti provenienti da Siberia, Alaska, Canada, Groenlandia e Nord Europa; una mostra per far conoscere meglio gli Inuit e promuoverne la cultura, fondata sulla pace, la tolleranza e il profondo rispetto per le persone e per l'ambiente, valori che il mondo cosiddetto civilizzato, sembra talvolta avere smarrito".

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Giovane uomo inuit, all’interno di un ghiacciaio (Nunavut, Canada).
Foto di Silvia Pecota, Toronto (Canada).

La mostra, la prima in Italia interamente dedicata ai popoli circumartici si colloca nell'ambito delle Olimpiadi della Cultura promosse in concomitanza dei XX Giochi Olimpici Invernali.

I pezzi esposti, oggetti di uso quotidiano e opere d'arte di pregio degli ultimi tre secoli, alcuni dei quali mai esposti pubblicamente, provengono da musei, università, collezioni private, archivi italiani e stranieri.

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Cacciatore siberiano
Fotografo: Giuseppe Tornatore
Proprietà: Archivio Fotografico ITALGAS, Torino

Arricchiscono la mostra alcune immagini di proprietà dell'Archivio Fotografico Italgas di Torino, provenienti da una rassegna fotografica realizzata da Giuseppe Tornatore durante un viaggio in Siberia e una selezione di fotografie d'arte appartenenti alla raccolta "Spirits of the North", frutto del lavoro della fotografa italo-canadese Silvia Pecota, svolto durante i suoi numerosi viaggi nel Nunavut.

www.popolidelghiaccio.it

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Gruppo di Inuit che si spostano sulla banchisa con le slitte trainati dai cani.
Foto di Silvia Pecota, Toronto (Canada).
I CANI DA SLITTA: GLI HUSKY
In passato, per spostarsi sulla banchisa, l'inuk (singolare di Inuit) utilizzava la slitta trainata dai cani. Senza il loro aiuto, l’Inuk era destinato a morire. Infatti, nessun cacciatore infatti poteva percorrere a piedi il terreno di caccia sufficiente per procacciare selvaggina per la sua famiglia. Anche il cane però dipendeva dall'uomo per la sua sopravvivenza. Senza l'husky non ci sarebbe potuto essere sviluppo nelle regioni del Grande Nord Canadese. Dove esiste il commercio, il trasporto è di vitale importanza. Ancora oggi, malgrado l’utilizzo della motoslitta, il cane è un fedele compagno negli spostamenti attraverso le vaste distese dell’Artico. Anche la Gendarmeria Reale, durante l'inverno, quando fa le ronde all'interno delle isole artiche del Canada, si sposta con un equipaggio di cani nelle regioni dove nessun aereo potrebbe avventurarsi, se non per un rapido volo. Il cane esquimese, di razza asiatica, ha accompagnato l'uomo nelle sue migrazioni verso il nord: grazie all'incrocio con il lupo ha acquistato delle grandi qualità di resistenza. Conosciamo quattro razze diverse di cani: il Malemute d'Alaska, l'Husky di Siberia (portato in America del Nord dai Russi nel XVIII secolo), l'Husky Samoyedo e l'Husky puro del Canada. Tutti sono comunemente chiamati Husky. Il cane eschimese non è fatto per la corsa ma per la resistenza. Egli ha dei fianchi solidi e un iccolo naso, pesa tra i 25 e i 50 chili e misura circa 65 cm. Una slitta caricata per un lungo viaggio pesa intorno ai 500 chili ed è trainata da 7 a 15 cani. Un buon cane può portare un carico di provvigioni di circa 20-25 chili. L'husky supera in resistenza tutti gli altri animali, compresa la renna. Esso sopporta temperature bassissime, dorme fuori fra il blizzard, arrotolandosi a palla oppure seppellendosi nella neve. Quando si smonta il campo è già pronto all'azione.

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