Il Taje Mahel, Agra
by T&W Daniell per gentile concessione della British
Library, Oriental and India Office Collections, London
Agra, veduta del Taj Mahal dal fiume
copyright Antonio Martinelli
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L'India di fine Settecento,
con i suoi palazzi, città, fortezze, paesaggi naturali
e luoghi di culto, e l'India di fine Novecento,
ripercorsa negli stessi luoghi,
con il medesimo punto di vista,
per scoprire che cosa è cambiato,
che cosa è rimasto immutato,
in un arco temporale che copre duecento
anni. Questo è il senso e la magia di "Passaggi
in India. Ieri e oggi".
L'esposizione, sotto l'alto patronato dell'Unesco, espone,
per la prima volta in Europa, 73 acquetinte
di Thomas e William Daniell, provenienti
dal Victoria Memorial Hall di
Calcutta, accompagnate come in
uno specchio da altrettante fotografie
di Antonio Martinelli, ideatore e commissario
scientifico dell'esposizione.
Dal confronto di queste due visioni
artistiche, l'acquatinta e la fotografia, scaturisce
una documentazione straordinaria
del patrimonio ambientale e architettonico
indiano attraverso due secoli
di storia, utile a valutarne lo stato di conservazione, rispetto
alle eventuali alterazioni subite, e indispensabile per la
ricostruzione del contesto originario del Subcontinente
indiano. Tra i soggetti delle acquetinte dei Daniell
e le fotografie di Martinelli compaiono,
sia monumenti protetti dall'Archeological
Survey of India e dall'Unesco,
sia altri che rischiano di essere distrutti a causa dell'espansione
della modernità o per mancanza di tutela.
Padiglione di tempio indù
by T&W Daniell per gentile concessione della British
Library, Oriental and India Office Collections, London |
Madurai, la via East Masi
copyright Antonio Martinelli |
La storia delle acquetinte
Gli inglesi Thomas e William Daniell, zio
e nipote, iniziarono le loro peregrinazioni in India nel 1788,
lasciando Calcutta per seguire il corso del Gange, partendo
dal Nord Est dell'India. Nel 1792 cominciarono a esplorare
il Sud, passato sotto il controllo
britannico, fatto che permise loro di esplorare il meridione
del Subcontinente, ma che, al contrario di quanto accadeva
per altre zone, non consentì loro di avvalersi di esperienze
o pubblicazioni di altri artisti.
Nel 1793 arrivarono a Madras,
da cui intrapresero la terza e ultima parte del loro viaggio,
questa volta puntando a Ovest.
Durante il loro lungo cammino realizzarono moltissimi disegni
e acquerelli utilizzando la camera oscura, grazie alla quale
riuscirono a documentare un gran numero di vedute, viaggiando
di continuo e concedendosi solo brevi soste per completare
i disegni preparatori. Al loro ritorno in Inghilterra, zio
e nipote si diedero all'apprendimento dell'arte dell'acquatinta,
componendo i sei volumi dell'Oriental
Scenery.
Veduta interna del palazzo, Madura
by T&W Daniell per gentile concessione della British
Library, Oriental and India Office Collections, London
Madurai, interno del palazzo di Tirumala Nayak
copyright Antonio Martinelli
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La storia delle fotografie
A distanza di duecento anni, Antonio Martinelli, dopo un lungo
lavoro di ricerca per ripercorrere
il medesimo itinerario dei Daniell,
è partito a sua volta per l'India, facendo quattro
viaggi tra il 1995 e il 1997. Usando l'obiettivo al
posto del pennello, e ricercando punti
di vista vantaggiosi e le giuste condizioni
atmosferiche, Martinelli è riuscito a ottenere
delle immagini sorprendentemente simili
alle acquetinte dei Daniell.
Le altre opere in mostra
L'esposizione di Scuderie del Quirinale verrà corredata
e arricchita da una serie di opere
prestigiose. Tra queste, diverse steli
e statue (dal sec IX al sec XVIII
d.E.V.) provenienti dal Museo Nazionale d'Arte Orientale di
Roma; il quarto volume del "Diario
di viaggio" di William Daniell, in prestito dalla
British Library di Londra; una cartina dell'India di A. Arrowsmith
in nove parti, datata 1822 e proveniente dall'Istituto Geografico
Militare di Firenze e una Camera oscura,
in prestito dal Museo di Fisica dell'Università di
Bologna, realizzata da George Adams prima del 1794.
Il catalogo della
mostra, comune alle due esposizioni di Roma e Parigi, riporta
i saggi in tre lingue (italiano,
francese, inglese); riccamente illustrato da immagini
a colori, è co-editato da Momun, Editions du Patrimoine
e 5 Continents.
Dal
saggio di catalogo di Antonio Martinelli
Sulle orme dei primi grandi reporter dell'India
La prima volta che venni in contatto con Thomas
e William Daniell, un incontro che mi avrebbe
segnato per sempre la vita, fu alla fine degli anni
Ottanta quando un'amica indiana, la principessa Naheed
Mazharuddin Khan di Surat, mi mostrò
il libro di Mildred Archer, Early Views
of India, dedicato alle acquetinte prodotte da questi
due artisti duecento anni prima. Qualche tempo dopo,
nell'Office Library di Londra, ebbi occasione di osservare
da vicino le 144 acquetinte originali dell'Oriental
Scenery. Quelle stampe colorate a mano ebbero su di
me un profondo impatto; rimasi incantato dalla magia
delle immagini che pure erano sorprendentemente realistiche.
Non solo ero turbato dalla scelta dei temi, ma anche
dalla luce, dall'ombra, dalla prospettiva e dalla precisione
che gli artisti avevano usato per rendere le vedute,
simili sotto molti punti di vista a delle fotografie.
Quando scoprii che i Daniell avevano disegnato i loro
paesaggi e monumenti con l'ausilio di un congegno conosciuto
come camera obscura, mi resi conto
del perché io, fotografo, fossi così attratto
dai loro lavori: per molti versi la loro sensibilità
compositiva anticipava la fotografia.
Da questi semi germogliò l'attuale progetto.
Pensavo che sarebbe stata un'esperienza singolare ripercorrere,
quasi esattamente duecento anni dopo,
le orme dei Daniell, ritornare sui luoghi che loro avevano
visitato nel Nord, nel Sud,
nell'Ovest dell'India, e riprodurre
con le mie fotografie le stesse vedute che avevano tanto
incantato i due artisti. Era come progettare un
viaggio nello spazio e nel tempo: ritornare
nel passato e risalire alle diverse fonti attraverso
le immagini e i documenti.
Capii ben presto che se volevo far combaciare le mie
fotografie con i momenti e le condizioni di luce registrate
dai Daniell nei loro viaggi attraverso l'India (accuratamente
annotati nei loro diari) dovevo far coincidere anche
le stagioni. Condizione, questa, necessaria
per via delle specifiche caratteristiche che, in termini
di luce e di colore, le vedute raffigurate nell'Oriental
Scenery acquistano nei diversi periodi dell'anno.
Per porre dei limiti pratici a questo progetto decisi
di concentrarmi esclusivamente sulle acquetinte.
Eppure limitare il campo all'Oriental Scenery non fu
affatto restrittivo, perché la serie di 144
stampe rappresentavano una scelta varia e straordinaria
di temi figurativi.
L'osservatorio a Delhi
by T&W Daniell per gentile concessione della
British Library, Oriental and India Office Collections,
London
Dehli, Jantar Mantar
copyright Antonio Martinelli
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Il mio primo "viaggio"
sulle orme dei Daniell lo compii con l'aiuto di tutte
le copie delle loro stampe che disseminai sul pavimento
di casa mia a Parigi. Servendomi di una carta geografica
e combinando una faticosa ricerca dei nomi dei luoghi
indicati nelle didascalie delle acquetinte, molti dei
quali non esistevano più, riuscii a ricostruire
l'itinerario dei due artisti e a identificare
quasi tutti i siti da loro visitati. Forte di questi
dati, iniziai il viaggio.
Tra il 1995 e il 1997 andai quattro volte
in India. Seguire le orme di Thomas e William Daniell
non fu facile. I due artisti avevano trascorso quasi
nove anni percorrendo l'India da un
capo all'altro, e altri dodici per pubblicare il frutto
delle loro osservazioni. Mi ci vollero quasi due
anni per ritrovare il sito esatto e l'ubicazione
precisa di ciascuna delle vedute in un viaggio che mi
portò in molte regioni non facilmente accessibili.
Nel corso delle mie peregrinazioni mi venne spesso da
riflettere sul coraggio che avevano
avuto i Daniell a visitare e documentare luoghi che
ancora oggi sono quasi sconosciuti e trascurati perfino
da molte guide turistiche. Se alla fine del Settecento
Thomas e William erano arrivati in simili località,
perché non avrei potuto trovarle io oggi, se
animato dalla stessa determinazione? La realtà
contemporanea, mi accorsi, non era sempre cosi facile.
La piccola imbarcazione sulla quale i Daniell erano
salpati da Calcutta aveva assolto a due funzioni: era
stato un mezzo di trasporto sicuro
e una tranquilla base sulla quale vivere
e lavorare per gran parte del viaggio sul Gange. In
qualche modo si erano garantiti il mangiare
e il dormire, diversamente da come
avveniva per me. I Daniell avevano potuto fermarsi e
organizzare un accampamento dove andava loro a genio,
io invece dovevo cercare un riparo nelle mie soste notturne
e lì non sempre i miei pasti erano assicurati.
Viaggiare su un'imbarcazione avrebbe richiesto un livello
di organizzazione assai più elevato di quanto
fosse nelle mie possibilità, anche finanziarie,
e avrei dovuto provvedere inoltre agli spostamenti nell'entroterra.
Decisi che mi sarebbe convenuto usare una macchina.
Fu una fortuna che trovassi a Delhi un eccellente guidatore,
Surender Singh, che mi fece anche da
interprete. Un giovane di Garwhal, fu il mio assistente
e mi aiutò a portare la pesante attrezzatura
fotografica. Queste due persone, sostituite da altre
due analoghe nell'India del Sud, mi fecero compagnia,
mi diedero aiuto e sostegno
per molti mesi, mi furono amici.
All'India Office Library di Londra,
alla Bibliothèque Nationale
di Parigi e al Victoria Memorial Hall
di Calcutta condussi approfondite ricerche per identificare
e localizzare le singole vedute. A tale riguardo mi
furono di grande aiuto le vaste esperienze di viaggio
del mio amico, George Michell. Molte
difficoltà, tuttavia, trovarono soluzione solo
sul campo, grazie all'intervento, una volta, di un anziano
storico indiano che
si era ritirato sulle montagne di Garwhal, e un'altra
volta di un pastore di un vicino villaggio.
Mentre sembrava possibile identificare una rovina, era
ragionevole pensare di localizzare, a duecento anni
di distanza, un dato paesaggio, il profilo di una montagna,
l'ansa di un fiume? Eppure proprio questo mi ero proposto
di fare, convinto dell'autenticità e del rigore
documentaristico dei Daniell. Non più di dieci
viste sono sfuggite alle mie indagini e hanno vanificato
i miei sforzi di identificazione. E questo perché
il monumento era scomparso completamente
o era stato trasformato in modo così
radicale da non risultare riconoscibile. La traslitterazione
dei nomi dei luoghi fu un ulteriore ostacolo nell'ubicare
i monumenti, perché in passato, in mancanza di
criteri uniformi, venivano trascritti dai viaggiatori
inglesi secondo la loro fonetica. Così Verapadroog
stava per Virabhadradurg e Jhavanu per Joghiana.
Da questa impresa mi vengono i ricordi del più
entusiasmante viaggio della mia vita. Sull'itinerario
dei Daniell ci furono episodi indimenticabili, avventurosi
quasi quanto quelli dei due artisti stessi: la visita
a delle zone del Bihar pericolose e infestate da dacoit
(banditi) o la partecipazione a una durbar formale con
il Maharaja di Varanasi.
L'India del Settecento è ancora in parte da scoprire,
il luogo incantato di una terra fuori del tempo, che
trapela da sotto la maschera di due secoli di sviluppo.
La giustapposizione delle immagini qui presentate, che
attesta una storia tumultuosa, dimostra la capacità
tipica dell'India di preservare tra le pieghe della
realtà frammenti del suo lontano passato. Usando
la macchina fotografica invece del pennello per individuare
i punti di osservazione e le condizioni atmosferiche
originali, sono riuscito a produrre degli equivalenti
visivamente molto vicini alle acquetinte dei Daniell.
La maggior difficoltà rimase sempre l'identificazione
del punto esatto in cui avevano collocato la loro camera
obscura per fare gli schizzi originali sui quali lavoravano
per produrre le acquetinte.
La nuova documentazione fotografica e il confronto con
le acquetinte rivelano che i siti e i monumenti dell'eredità
culturale indiana raffigurati dai Daniell sono arrivati
alla fine del XX secolo quasi non toccati
dalla devastazione del tempo e dal corso degli eventi
umani. La documentazione visiva mostra i siti affidati
alla tutela dell'Archaeological Survey of India (ASI),
i monumenti dichiarati patrimonio dell'umanità
dall'Unesco, le altre vestigia che, in mancanza di un'adeguata
manutenzione e tutela, rischiano la distruzione, travolti
dalla crescita e dall'espansione dell'India moderna.
Le fotografie mostrano inequivocabilmente che questi
siti e monumenti vanno protetti e aiutati:
se non si prenderanno tempestive misure, non sopravvivranno
per altri duecento anni.
Il Cuttub Minar, nei pressi di Dehli
by T&W Daniell per gentile concessione della
British Library, Oriental and India Office Collections,
London |
Delhi, Qutb Minar
copyright Antonio Martinelli |
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