Una domenica
mattina di luglio – il cielo era coperto, prometteva
pioggia - sono entrato ad Avoca,
contea di Wicklow. Poca gente
per strada, il villaggio sembrava deserto.
Il pub era affacciato sul fiume
e da fuori sembrava piccolo, ovviamente semivuoto. Ma quando
ho aperto e ho sbirciato dentro mi si è svelato un
inaspettato pezzo d'Irlanda. Gente
ovunque, ai tavolini, appoggiati al bancone, giovani e anziani,
bambini in spalla alle madri, e poi un vociare
continuo che si diffondeva fino in fondo al lungo locale
scuro, e ancora birra stout
già al mattino, chi leggeva il giornale, chi discuteva
animatamente, chi lo stava ad ascoltare.
Nei mesi estivi del 2004 ho
viaggiato in lungo e in largo per l'Irlanda,
anche alla ricerca di situazioni come questa. Il motivo:
raccogliere notizie e informazioni
per una guida – Irlanda appunto – che la De
Agostini ha appena pubblicato a mia firma nella rinata
collana Clup.
Le celebri scogliere Cliffs of Moher,
nel Burren (Clare) |
Essendo fotografo, non ho
pensato minimamente a lasciare a casa le macchine e così
mi sono portato dietro gran parte della mia attrezzatura:
oltre a cavalletto e rullini Provia-Fuji, due macchine Nikon
F100, una vecchia FM,
il 50mm, il 17-35mm,
l'80-400 (tutto Nikon) e la
D70 digitale, utilizzata perlopiù
da Barbara, la mia ragazza (nonché – in questo
viaggio – gentile assistente). La scelta è
risultata azzeccata: le foto pubblicate sulla guida –
copertina compresa - sono nostre e una sessantina di scatti
sono diventati una mostra fotografica,
esposta fra giugno e luglio a Milano e a Parma (a settembre
sarà a Bologna). Altre foto sono in uscita sul numero
di agosto 2005 di Gulliver.
Matrimonio alla chiesetta di Crooke (co Waterford) |
A livello fotografico ho cercato banalmente di cogliere
le atmosfere e le persone,
fissandole in immagini il più possibile spontanee.
Per fare questo mi sono sforzato di uscire – quando
era possibile - dai percorsi turistici già tracciati.
Personalmente mi ha aiutato il molto tempo
a disposizione: mi è servito per lavorare alla stesura
della guida ma anche per immergermi piano piano nel ritmo
del paese, nel suo clima sociale, nel suo ritmo spesso lento,
rilassato.
Belfast, nordirlandesi al pub dell’Hotel Europa |
"Il mio luogo preferito – mi ha detto un giorno
lo scrittore irlandese Joseph O'Connor,
di passaggio a Milano - è il Connemara.
Tutta questa regione merita di essere esplorata ma io amo
la zona di Cashel, un'area
desolata che guarda una stretta baia sull'Atlantico. Non
c'è niente a Cashel, solo un paio di hotel, eppure
è uno dei luoghi più evocativi
e spirituali che io conosca
sull'isola".
Quella di O'Connor è la chiave
ideale per visitare al meglio l'isola celtica. Perché
è nei suoi anfratti
silenziosi e nei villaggi addormentati,
lungo le vallate del Burren,
fra i muretti a secco delle isole Aran,
in un piccolo pub fuori Sligo
o seduti sui bordi di una scogliera nel Cork
che si riesce veramente a cogliere –anche a livello
fotografico - l'essenza dell'Irlanda.
Il Cavaliere di Glin, noto storico dell’arte,
nel suo castello di Glin (Limerick) |
"Non c'è niente a Cashel" dice O'Connor,
premettendo una regola base che chi visita l'isola deve
tenere a mente: dietro a quell'apparente "niente"
si nasconde l'Irlanda, "evocativa
e spirituale", generosa
e segreta. I fotografi
questo lo sanno bene: dietro a un "non c'è niente"
spesso si cela un grande scatto,
basta aspettare, avere pazienza.
Ho imparato, nel mio viaggio, che più di altri paesi
l'Irlanda non ama – anche se spesso li adotta - i
ritmi frenetici del turismo
mordi e fuggi. Piuttosto si svela a chi ne adotta il lento
cadenzare delle serate al pub,
delle domeniche a messa, dei
pascoli e dei cimiteri,
dei pellegrinaggi religiosi,
dei pescatori sulle selvagge
isole dell'ovest.
Ragazzi osservano passare una barca lungo un canale
nella contea di Roscommon |
E di un pigro procedere lungo
le vie d'acqua interne, come fecero gli antichi conquistatori
dell'isola. "I Vichinghi – ha scritto Stephen
Rynne nel suo Irlanda (1965) – senza l'ombra di interesse
turistico videro l'Irlanda proprio come dovrebbe essere
vista". Ecco dunque svelato un nuovo punto
di vista, un mondo fotografico inaspettato che dall'Irlanda
più famosa – Dublino,
i musei, le scogliere – ci introduce un'isola diversa.
Più intima, orgogliosa
e pur sempre cordiale, fatta
di canali e torbiere, di concorsi ippici e corse di cani,
e di personaggi usciti da un turbolento racconto di Brendan
Behan.
Una via di Cork (città) |
Chi è
Alessandro Gandolfi è autore della guida Irlanda
pubblicata nella collana Clup-De Agostini. Le sue foto "irlandesi"
sono apparse fra l'altro in due recenti mostre, a Milano
e a Parma. Nato a Parma nel 1970, Gandolfi è giornalista
professionista (dopo la laurea ha frequentato l'IFG-Scuola
di giornalismo di Urbino e ha lavorato per Repubblica come
cronista) e da cinque anni affian-ca al lavoro di free-lance
quello di fotografo, realizzando servizi per varie testate
di viaggio. Ha scritto fra l'altro "A est di Hamilton
Road. Viaggio nel Kurdistan turco" (Edt; insieme al
collega Massimo Maugeri), "New England" (White
Star) e "Il buon vivere italiano. L'Emilia Romagna"
(EuroEd).
www.alessandrogandolfi.com