Esiste
il negativo digitale?
Con la diffusione della tecnologia
digitale, il negativo, vero punto cardine della fotografia
tradizionale, scompare. Ma il file RAW, pur nella sua
radicale differenza, condivide con il negativo molte
delle sue caratteristiche di base.
Il negativo come matrice
Così come il negativo chimico è una matrice
da cui produrre stampe e che difficilmente ha una vita
propria, allo stesso modo il file RAW/NEF è un
"passaggio" o comunque un punto di transizione.
Un file RAW non può essere diffuso senza un processo
di conversione ed interpretazione che lo renda comprensibile
a tutti, deve cioè essere trasformato in un formato
universalmente leggibile come JPEG o TIFF. Con il tempo
si diffonderanno certamente numerosi programmi per la
gestione RAW ma ogni software utilizzato non potrà
che costituire una specifica filosofia di creazione
mai uguale e generalizzabile in forma assoluta.
Il negativo come "contenitore" del massimo
dell'informazione
Molto spesso non è possibile tradurre su una
stampa tutte le informazioni presenti sul negativo,
che ha una capacità di registrare dettagli e
sfumature molto maggiore di qualsiasi carta fotografica.
Questo surplus d'informazione può comunque essere
sfruttato per ottenere stampe differenti con diverse
interpretazioni di contrasto.
Analogamente un file RAW contiene una grandissima quantità
di informazioni che spesso non può essere tradotta
totalmente su un altro formato, ma allo stesso modo
può essere utilizzata sia per eventuali correzioni
sia per produrre immagini con differenti contrasti e/o
saturazioni cromatiche. È evidente che partendo
da un'immagine "morbida" e ricca di dettaglio
(anche se in forma numerica) è sempre possibile
produrne una più brillante mentre non è
possibile l'operazione contraria, dato che all'aumento
del contrasto corrisponde sempre una perdita di dettagli
e quindi di preziose informazioni intermedie.
Parlando di dettaglio e percezione di nitidezza si è
normalmente portati a pensare alla sola risoluzione
del sensore quando invece risulta interessata anche
la gamma dinamica che determina la capacità di
produrre più fini misurazioni intermedie su ogni
pixel interessato tra il massimo nero ed il massimo
bianco "assoluto". Se per percezione di nitidezza
intendiamo infatti la capacità di percepire distintamente
dei micro particolari allora dovremmo capire che questi
non sono altro che fini o ampie sfumature di densità
luminosa. Una immagine prodotta da un sensore a gamma
dinamica ristretta produrrà certamente immagini
all'apparenza più "finite" ma una accurata
analisi potrebbe far rilevare la perdita di nitidezza
e dettaglio tra un tessuto magari fatto di sole sfumature
luminose sul bianco per esempio. Questa è una
delle ragioni che spiegano perché da una D2Hs
da 4MP per esempio si riescono ad ottenere spettacolari
stampe fotografiche 50x70. Ma su questo argomento è
bene non generalizzare perché concorrono anche
altri aspetti legati alla tecnologia di stampa adottata
ed il soggetto contenuto nel file.
Il negativo come "unicum" garanzia
assoluta
della paternità dell'opera
Nella fotografia chimica il negativo costituisce
la garanzia assoluta della paternità di un'immagine.
In digitale, grazie alla semplicità di duplicazione
e all'assoluta impossibilità di distinguere una
copia da un file originale, può sembrare difficile
dimostrare con certezza l'appartenenza di un'immagine.
Sebbene un file RAW sia facilmente duplicabile senza
perdita qualitativa, resta comunque il formato digitale
che offre le maggiori garanzie di certificazione di
proprietà di una fotografia. Così come
i negativi non vengono ceduti, allo stesso modo il fotografo
avrà cura di conservare i propri file RAW, cedendo
solo le versioni derivate JPEG o TIFF.
In questo caso la possibilità di duplicare i
"negativi digitali" offre la migliore garanzia
di conservazione di un archivio: è possibile
realizzare facilmente una copia identica di ogni immagine
e conservarla in luogo separato, dimezzando i rischi
di un eventuale distruzione.
Il negativo come garanzia contro i limiti della
tecnica del momento
Un negativo realizzato trenta anni fa, se correttamente
conservato, può essere stampato oggi con sistemi
nuovi, su carte fotografiche più moderne, con
la possibilità di ottenere un migliore risultato
o in ogni caso diverso, partendo dalla stessa ripresa.
Anche questa caratteristica avvicina il negativo chimico
al file RAW: consideriamo infatti che i software utilizzati
per la conversione sono in continua evoluzione; l'ultima
versione di Nikon Capture integra nuove funzioni assenti
nelle precedenti, che funzionano anche con i file RAW
prodotti da tutte le precedenti fotocamere digitali
Nikon. Per il futuro, se il fotografo avrà la
cura di operare sempre in NEF è prevedibile che
gli ottimi risultati di oggi potranno essere ancora
migliorati in seguito.
Sotto questo aspetto possiamo considerare il formato
RAW come una garanzia contro la rapida ed inevitabile
obsolescenza delle fotocamere digitali. Ogni volta che
un nuovo modello viene messo sul mercato vengono implementate
anche le caratteristiche hardware e software, proprietà
che vengono poi inserite anche sul software di gestione
dei file RAW: i file prodotti con un fotocamera di "vecchia"
generazione potranno beneficiare di accorgimenti presenti
sui nuovi modelli.
Operando in NEF con una Nikon D1x è ora possibile
disporre, in Nikon Capture, di due nuovi settaggi della
nitidezza non presenti sulla macchina così come
nuove combinazioni di interpretazione colore. Questo
aspetto è già stato apprezzato nel recente
passato con l'uscita della versione 3.5 di Nikon Capture
che per la prima volta ha offerto la possibilità
di aprire i file RAW della D1x anche a 10MP partendo
comunque dall'esclusivo sensore a pixel rettangolari
adottato.
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