Yann Arthus-Bertrand
Fino al 2 giugno al Forte di Bard, principale polo culturale della Valle d’Aosta, si terrà la mostra Dalla Terra all’Uomo - un ritratto aereo del pianeta, la prima retrospettiva in Italia dedicata al fotografo e regista francese Yann Arthus-Bertrand. L’esposizione, a cura di Gabriele Accornero e Catherine Arthus-Bertrand, presenta oltre cento fotografie di grandi dimensioni del progetto La terra vista dal cielo – La Terre Vue du Ciel: dalle foto cult (come Il cuore di Voh in Nuova Caledonia e Carovana di dromedari in Mauritania) alle più recenti immagini scattate nel corso degli ultimi viaggi dell’artista, fino alle quindici fotografie realizzate sulla Valle d’Aosta.
© Yann Arthus-Bertand, Sorgente calda del Grand Prismatic, Parco Nazionale di Yellowstone
Il progetto ha richiesto venti anni di lavoro. Dal 1992 Arthus-Bertrand ha sorvolato i cinque continenti documentando i cambiamenti in corso, l’impatto dell’uomo sui territori, con l’obiettivo di sensibilizzare il maggior numero di persone possibile sull’importanza di uno sviluppo sostenibile. «Ho visto la Terra cambiare - spiega l’autore - e tutti gli esperti e gli scienziati che ho incontrato nel corso dei miei viaggi condividevano le mie inquietudini. Quello che le mie foto mostrano, loro lo dicono con le cifre. E sono cifre preoccupanti». Alle foto si affiancano spettacolari film realizzati da Arthus-Bertrand, tra cui il film Home per la prima volta proposto con la voce narrante di Isabella Rossellini. In mostra anche il nuovissimo video Vu du ciel Val d’Aoste, viaggio sulle montagne più spettacolari delle Alpi. Una sezione del percorso è dedicata al progetto della Fondazione GoodPlanet presieduta da Arthus-Bertrand, dal titolo “7 miliardi di Altri” che raccoglie decine di interviste realizzate in 84 paesi che raccontano esperienze di vita, sentimenti e valori, dando così testimonianza dell’universalità e dell’individualità che caratterizzano tutti gli uomini.
© Yann Arthus-Bertrand, Blue Lagoon, nei pressi di Grindavik, penisola di Reykjanes, Islanda
Nei diversi lavori di Arthus-Bertrand si saldano la valenza suggestiva e artistica con quella educativa e divulgativa, l’ attenzione alle problematiche ecologico-ambientali si propone di accrescere la sensibilità su tematiche come salvaguardia dell’ambiente, tutela delle biodiversità e sviluppo sostenibile. Di seguito, pubblichiamo due contributi presenti nel libro che accompagna la mostra (e che raccoglie la totalità delle immagini presentate), quello di Enzo Bianchi, Priore di Bose, dal titolo “Ama la Terra come te stesso”, e quello di Luca Mercalli, Presidente della Società Meteorologica Italiana, dal titolo “Scienza per capire, suoni e immagini per comunicare, emozioni per agire”.
© Yann Arthus-Bertrand, Monte Bianco, Valle d'Aosta
«Se per il cristiano la terra è una comunione di co-creature», scrive Enzo Bianchi, «anche per il non cristiano l’approccio alla terra è analogo: la terra infatti è per tutti gli umani una comunione di co-inquilini. L’uomo resta sostanzialmente un co-inquilino innanzitutto degli animali, con i quali condivide lo stesso tipo di vita biologica, in un corpo caratterizzato da un respiro. Non dice forse la Scrittura che sia uomo (cf. Gen 2,7) che animali (cf. Gen 1,24) sono tratti dalla terra? E non si dimentichi la domanda che risuona nel Qohelet: «Chi sa se il soffio vitale dell’uomo salga in alto e se quello della bestia scenda in basso nella terra?» (Qo 3,21). A partire dagli animali, le creature e l’intero creato non sono uno scenario per l’uomo, ma costituiscono una comunità in cui la relazione è stretta e decisiva per gli uni e per gli altri, in cui lo stesso spazio è condiviso e abitato, in cui vi è un unico destino, in cui ci deve essere solidarietà per abitare armoniosamente e in pace la terra. La terra, suolo che calpestiamo ogni giorno; la terra, crosta sulla quale circa diecimila anni fa ci siamo decisi a sostare, costruendo dimore e fondando città di cui siamo divenuti abitanti; la terra, che abbiamo imparato a lavorare con fatica (cf. Gen 3,19) per avere nutrimento e poterci preparare il cibo con le nostre mani; la terra, sulla quale abbiamo dovuto scegliere spazi sicuri per noi e spazi per gli animali; la terra, luogo della vita che continuamente sboccia con alberi, fiori, erbe, foreste; la terra, con i suoi sassi, le sue rocce, le sue crete, con le sue pianure e le sue montagne; questa è l’unica terra che conosciamo e abbiamo, è la terra madre alla quale vogliamo essere fedeli, fino a poter declinare il comando: «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Lv 19,18; Mc 12,31 e par.) in: «Ama la terra come te stesso», perché per amare il prossimo con un amore intelligente e autentico occorre amare anche la terra che insieme al prossimo abitiamo.
© Yann Arthus-Bertrand, Cuore di Voh nel 1990, Nuova Caledonia, Francia
Oggi inoltre la terra è malata, violentata, consumata. Il deserto avanza, la cementificazione non necessaria e spesso illegale rende brutte le nostre città e devasta la terra, un dissennato collocamento di pannelli solari sottrae terreno all’agricoltura: follia degli umani, con il risultato di una terra malata, inquinata. Basta pensare ai nostri fiumi, che dovrebbero essere un canto dell’acqua e invece sono diventati fogne, alle nostre sorgenti sempre più inquinate, alle malattie dei boschi di castagni e di querce che oggi, almeno in Italia, non sono più minacciati dal disboscamento ma dall’inquinamento dell’aria, dalle piogge acide. Infine la terra è anche calpestata nella sua qualità di comunità di co-creature, perché le sue risorse, i suoi frutti sono accaparrati da pochi, che non permettono agli umani tutti di partecipare insieme alla tavola dei beni del mondo. Questa è l’epifania dell’ingiustizia: la terra, che è di tutti, è ormai in mano a pochi, i quali vorrebbero privatizzare anche l’acqua, vorrebbero porre il brevetto sulla selezione delle sementi, vorrebbero impadronirsi privatisticamente dei beni essenziali alla sussistenza umana. La terra è letta secondo il proprio egoismo, è vista come uno strumento di sfruttamento delle risorse per celebrare un delirio di onnipotenza, è violentata in nome di un’insaziabile pretesa di arricchimento. Questa nostra terra, dunque, è ferita e geme, affrettandosi verso una meta; soffre i dolori del parto, desiderando di essere liberata dalla presenza del male (cf. Rm 8,19-22).
© Yann Arthus-Bertrand, Donne con secchi nel paese dogon, nei pressi di Bandiagara, Mali
E permettetemi di dire che se è vero che il creato attende da Dio la trasfigurazione, da noi umani attende la compassione, la capacità di soffrire con la terra: con le piante che soffrono a causa dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo; con gli animali che spesso gemono a causa nostra. Sì, occorre una fede che ami la terra, occorrono uomini e donne che si sentano fedeli alla terra e siano sensibili verso il suo dolore. Occorre, in breve, una sim-patia verso il dolore della terra come quella testimoniata da uno straordinario brano di Alano di Lilla, un teologo del XII secolo: “Uomo, ascolta cosa dicono contro di te gli elementi della natura e soprattutto la terra, tua madre. Perché ingiuri tua madre? Perché fai violenza a me, terra che ti ho partorito dalle mie viscere? Perché mi tormenti con l’aratro per sfruttarmi ed estenuarmi? Non ti bastano le cose che ti do, senza che tu me le estorca con la violenza?” (Summa de arte praedicatoria 6)».
© Yann Arthus-Bertrand, Discarica di Mbeubeuss nel quartiere di Malika a Dakar, Senegal
Di seguito, il contributo del metereologo Luca Mercalli: «Ci sono cose che sappiamo da decenni. Per esempio che le nostre acque siano sempre più inquinate e la plastica stia intossicando la catena alimentare oceanica non è un segreto. E se vogliamo prove scientifiche, ce ne sono sempre di più. Leggo su Marine Pollution Bulletin di ottobre 2012 che Melanie Bergmann, biologa dell'Alfred-Wegener-Institut nel paper Increase of litter at the Arctic deep-sea observatory Hausgarten ha confrontato fotografie scattate sui fondali profondi dello stretto di Fram tra Groenlandia e isole Svalbard, rilevando il raddoppio della presenza di rifiuti plastici dal 2002 al 2011. E sempre su Marine Pollution Bulletin di settembre 2012 Stephanie Avery-Gomm e collaboratori in Northern fulmars as biological monitors of trends of plastic pollution in the eastern North Pacificscrivono che su 67 procellarie artiche del Pacifico nord-orientale il 92,5% aveva ingerito una media di 36,8 pezzi di plastica, con un massimo di ben 454 pezzi in un individuo.
© Yann Arthus-Bertrand, Rompighiaccio Louis-Saint-Laurent nella Resolute Bay, territorio di Nunavut, Canada.jpg
Dai mari ai ghiacciai: il 50 per cento della superficie glaciale delle Alpi è scomparso nell’ultimo secolo e il glaciologo Matthias Huss dell’Università elvetica di Fribourg ha calcolato che con lo scenario climatico che abbiamo davanti entro fine secolo sulla catena alpina non rimarrà che circa il 10 per cento del ghiaccio attuale. Stesse considerazioni sulla biodiversità nel lavoro di Anthony Barnosky e colleghi, comparso su Nature nel giugno 2012: Approachinga state shift in Earth's biosphere. Allarmi pacati ma rigorosi che dovrebbero attivare un urgente dibattito a tutti i livelli, dalla politica all’economia. Eppure nulla succede. Anche se i risultati delle ricerche scientifiche condotte con protocolli seri e verificabili arrivano oggi - grazie alla rete - anche all’informazione di massa, non sono sufficienti a smuovere l’opinione pubblica. Del resto pure l’American Psychological Association nel rapporto Psychology and Global Climate Change (2010) ritiene che le persone debbano rimuovere molte “barriere psicologiche” prima di poter accettare fatti in grado di destabilizzare la propria quotidianità e spingerle ad agire per non devastare l’ecosistema.
© Yann Arthus-Bertrand, Parco eolico offshore di Middelgrunden, nel lago di Copenhagen, Danimarca.jpg
Ecco che allora una forma di comunicazione così esplicita ma pure così raffinata come quella di Yann Arthus-Bertrand potrebbe rappresentare una possibile soluzione per promuovere una rapida ed efficace consapevolezza da parte delle masse. Le vaste immagini aeree, unite alle eteree colonne sonore di Armand Amar, trasformano la razionalità scientifica in emozioni, e le emozioni, si sa, passano più facilmente nella testa e nel cuore degli uomini. La Terra vista dall’alto da Yann Arthus-Bertrand, a differenza delle icone planetarie immortalate dalle missioni spaziali, ci appare abbastanza lontana da essere percepita come un luogo unico e irripetibile, ma abbastanza vicina per osservarne in dettaglio la bellezza e la fragilità. E soprattutto queste immagini non si limitano a proporre la retorica della ricchezza naturalistica del pianeta, ma contrappongono ai paradisi forestali, oceanici e montani una radicale denuncia dei misfatti umani degli ultimi cent’anni. Il film Home è un capolavoro di sintesi sull’evoluzione della Terra e dell’Uomo, e nella sua parte finale, in un accelerarsi di sequenze, passa dall’agricoltura arcaica ai grattacieli americani e cinesi, ci investe con masse brulicanti di un’umanità che scava, risucchia, taglia e preleva ogni risorsa offerta dal globo e restituisce fumi, scorie, rifiuti e rottami. Il ritratto di un pianeta sovrasfruttato. Che queste immagini emozionanti possano indurci a rientrare prima possibile nei limiti che ci sono concessi».
© Yann Arthus-Bertrand, Nevi scomparse dal Kilimanjaro, Tanzania
Chi è
Yann Arthus-Bertrand è un fotografo, giornalista e ambientalista francese. La sua passione per la fotografia naturalista ha inizio all'età di 30 anni, nel 1976, anno in cui parte per il Kenya assieme alla moglie Anne, con la quale trascorre tre anni nel Masai Mara, studiando il comportamento di una famiglia di leoni. Durante tale periodo sorvola diverse volte la riserva in elicottero e in mongolfiera, scoprendo una vocazione per la fotografia aerea. Tornato in Francia, nel 1981 pubblica il libro fotografico Lions. Ha inizio così la sua carriera di fotoreporter specializzato in reportage naturalistici, che lo porta a collaborare con le riviste francesi Paris-Match e Géo. Nel 1991 fonda l'agenzia Altitude, prima agenzia specializzata in fotografia aerea nel mondo. Nel 1994, con il patrocinio dell'Unesco, da vita al progetto “La Terre vue du Ciel”, un inventario dei più bei paesaggi del mondo fotografati dal cielo, il cui motto è «Testimoniare la bellezza del mondo e tentare di proteggere la Terra». Nel 2005 dà vita alla Fondazione ecologista internazionale GoodPlanet e dà vita alla iniziativa Action Carbone, un programma destinato a compensare le emissioni di gas a effetto serra generati dalla sua attività di fotografia aerea, tramite il finanziamento di progetti per lo sviluppo di energie rinnovabili, per il risparmio energetico e per la riforestazione. Il 31 maggio 2006 viene insignito della Légion d'honneur e diviene membro della Académie des Beaux-Arts dell'Institut de France, grazie alla creazione di una nuova sezione consacrata alla fotografia. Nell'aprile 2007 ha iniziato, in collaborazione con Luc Besson e François Henri Pinault, le riprese di un lungometraggio intitolato Home. Il film vuole essere una fotografia dello stato di salute del pianeta e dei problemi cui l'umanità deve fare fronte. La prima mondiale è stata il 5 giugno 2009, Giornata mondiale dell'ambiente. Da alcuni anni sviluppa il progetto “7 miliardi di Altri”, ricerca video con testimonianze raccolte in ogni parte della Terra sui principali temi dell’umanità. Da diversi anni produce film e conduce la serie di documentari per TF1 e France 2 “Vu du Ciel”, attualmente in onda su RAI 5. Nel 2012 ha completato la produzione del film “La Soif du Monde” per il Forum Mondiale sull’Acqua a Rio de Janeiro e Planet Ocean con il sostegno di Omega.