Il mensile L'Europeo dedica un ricchissimo numero speciale (196 pp., 8,80 euro) ai fotografi italiani premiati al World Press Photo, il più prestigioso concorso internazionale di fotogiornalismo.
Qui, di seguito, riportiamo un primo estratto dall'editoriale di presentazione del suo direttore, Daniele Protti. E, poi, alcuni estratti dell'introduzione di Ferdinando Scianna, uno dei più grandi fotografi italiani, inviato de L'Europeo per molti anni, primo italiano ammesso nell'agenzia Magnum (presentato da Henri Cartier-Bresson) mai premiato dal Wpp (anche perché da molto tempo non partecipa ai concorsi), che riflette appassionatamente sul mestiere del fotoreporter, sul momento in chiaroscuro dell'editoria nel nostro paese e sullo "sguardo lungo" - complesso, non convenzionale - dei fotografi italiani.
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«Il World Press Photo è un'istituzione nata ad Amsterdam nel 1955», racconta Daniele Protti nel suo editoriale. «Per il fotogiornalismo è la più prestigiosa: per i premi che ogni anno assegna e per il lavoro di formazione che dedica alla fotografia giornalistica. Non per esposizioni o aste, ma per l'informazione. Parola chiave: "qualità", indissolubilmente legata ad altre parole apparentemente banali come "notizia", "sentimento", "emozione". Questo numero de L'Europeo, in sintonia con la mostra dello Studio 10b Photography, che si è aperta a Roma il 12 marzo, in via San Lorenzo da Brindisi 10b, celebra i fotoreporter italiani premiati dal Wpp, compresi quelli da poco annunciati per l'edizione 2010 del premio (relativo alle foto del 2009) a partire dall'immagine di Pietro Masturzo, scattata durante le manifestazioni antiregime di Teheran e insignita del premio più importante, Photo of the Year 2009. È il secondo italiano a ottenere il massimo riconoscimento, dopo lo scatto di Francesco Zizola, premiato nel 1996».
«Faccio il fotografo da mezzo secolo.», esordisce Ferdinando Scianna nella sua introduzione. «Per un periodo abbastanza lungo ho fatto il fotoreporter, qualunque cosa questo significhi. Sono stato prima a L'Europeo, anche se il settimanale dove io ho imparato ed esercitato il mestiere appartiene a un'altra stagione storica e culturale del giornalismo italiano e internazionale. Poi ho fatto il fotoreporter per altri giornali italiani e stranieri. Da moltissimi anni non partecipo ai concorsi e rifiuto di fare parte di giurie. Mi giustifico con motivazioni vagamente anarchiche di ascendenza bressoniana, ma magari si tratta solo di orgoglio, che cerca di nascondere insicurezza e scarsa vocazione alla competizione.
Nonostante ciò mi è stato proposto, e ho accettato, di scrivere un testo che accompagni questa interessante rassegna delle immagini dei fotografi italiani che hanno vinto premi nel più prestigioso concorso internazionale di fotogiornalismo, il World Press Photo. Ho accettato perché mettere insieme queste fotografie mi è sembrata un'ottima idea. Ho accettato perché, se pure non partecipo ai concorsi, tuttavia ne comprendo la funzione nel contesto sociale e culturale del fotogiornalismo. Ma, soprattutto, ho accettato perché gettare uno sguardo su 40 anni di immagini di fotografi italiani insigniti di questo prestigioso riconoscimento mi sembra un'eccellente occasione per cercare di capire, attraverso un campione ampio e non banale, che ruolo ha avuto e ha il lavoro dei fotografi giornalisti italiani nell'evoluzione mondiale del mestiere. Il panorama di queste immagini, la loro qualità e le personalità varie e talvolta eccezionali dei fotografi sorprendono, consolano e suscitano stimolanti considerazioni su varie questioni che hanno a che fare con il mestiere di fotoreporter.
Una di queste considerazioni è malinconica. Pochissimi, non più di un paio, sono i fotografi premiati che hanno realizzato le loro immagini per giornali italiani. A dire il vero soltanto uno, nel 1968, Gianfranco Moroldo, proprio per L'Europeo. Una foto scattata nel Belice, dopo il terremoto, e non nel suo memorabile reportage con Oriana Fallaci in Vietnam. Allora i grandi settimanali italiani, Epoca, L'Europeo, avevano fotografi nei loro staff. Mal pagati, discriminati, addirittura con un contratto non giornalistico, ma parte attiva di un gruppo di giornalisti assieme ai quali contribuivano a costruire le linee e i risultati di quelle gloriose testate. Adesso quei settimanali non ci sono più. Ci sono altre riviste che pubblicano piccoli e grandi reportage, buoni e meno buoni. Ma i fotografi dentro i giornali sono stati eliminati. In attesa che gli editori si liberino anche dei redattori. I fotografi italiani, beninteso, espulsi da settimanali e quotidiani, hanno continuato a lavorare, ma lo hanno fatto da soli, o con le grandi agenzie nazionali e internazionali, duramente.
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Ne troviamo i nomi accanto a quelli delle grandi riviste americane, francesi, tedesche, mai italiane. Il che vuol dire che i nostri giornali, se pure pubblicano le loro storie, raramente – per non dire mai – si fanno carico, economico e culturale, di inviare i fotografi sui teatri della vita e della storia che si svolge nel pianeta. Questo non ha impedito a molti fotografi italiani di conquistare prestigio internazionale e di vincere premi importanti. Non mi pare che altrettanto si possa dire, tanto per togliermi un sassolone dalla scarpa, per molti nostri giornalisti della parola. Spesso sono star in Italia, ma sono meravigliosamente ignoti appena fanno la famosa gita a Chiasso. Così è andata ed è inutile piangerci sopra. Anche perché le cose nel giornalismo vanno di male in peggio e non soltanto in Italia.
Ma la domanda che mi sono posto guardando queste immagini è: hanno qualcosa di speciale le fotografie degli italiani che hanno ricevuto premi al World Press Photo? Be', magari ci metto un po' di pregiudizio sciovinista, ma credo proprio di sì. In che cosa consisterebbe questa peculiarità? Penso vi si possa notare un atteggiamento più complesso, meno convenzionale rispetto ai luoghi comuni che normalmente accompagnano questo tipo di manifestazioni. Io non sono affatto sicuro che premi come il World Press Photo o il Pulitzer, per dire, siano davvero lo specchio di quanto di meglio si sia fatto nel fotogiornalismo mondiale.
Per anni sono stato profondamente irritato, a ogni proclamazione della fotografia dell'anno, nel ritrovarmi davanti praticamente la stessa foto dell'anno precedente. Non si può dire che siano stati avari di tragedie questi 40 anni. Ebbene, lo sappiamo, la tragedia è l'ingrediente base di una certa idea del giornalismo visivo che sempre di più sembra puntare al teatrale, allo spettacolare. Qualche volta a rendere pornografica la storia. Quest'anno c'è la tragedia libanese, l'anno prossimo quella algerina, poi la palestinese, l'irachena, l'africana, oggi la haitiana. Ebbene, quasi invariabilmente ci veniva proposta all'ammirazione la certo patetica, certo spettacolare e spettacolosa madre urlante, tra fuochi e fumi, con o senza bambino al collo, braccia spalancate, ovvia icona della disperazione. Il dolore non esiste se non apre i telegiornali. Ma il teatrale, lo spettacolare finiscono col trasformare la pietà in un genere giornalistico. Producono icone sempre più drammatiche, ripetitive e alla lunga invisibili. Banali luoghi comuni. La banalità, dice Danilo Kiš, è peggio delle bottiglie di plastica, inquina ed è indistruttibile. Ci vogliono secoli per liberarsene. Appesta la nostra coscienza come le ingiustizie e il dolore appestano la storia. Rende ciechi e cinici.
A un certo punto credo che anche i responsabili del premio se ne siano resi conto. Hanno cercato di raddrizzare la barra. E a me pare che proprio in questo tentativo di nuovo corso del Wpp si siano rivelate spesso vincenti le peculiari qualità dei migliori fotoreporter italiani. Prendiamo Francesco Zizola, per esempio, che è certo uno dei recordman italiani dei premi vinti al World Press Photo. Le sue fotografie vincenti, scattate in Brasile, o in Iraq, in Angola e altrove, propongono immagini in cui le scelte dei soggetti sono certo forti e tragiche, attuali, ma non ripercorrono i sentieri battuti dei soliti luoghi comuni iconografici. Tentano, anzi, di proporre momenti più complessi, raccontati con una lingua classica, ma certo non triviale. Una lingua la cui elevata qualità estetica ha come obiettivo non il colpo allo stomaco, magari scioccante ma effimero. Usando una forma severa, curatissima, Zizola ha l'ambizione di parlare, attraverso gli occhi, anche alla mente, di suscitare più durature domande dentro la coscienza di chi guarda le sue foto.
Lo stesso si osserva per le fotografie, quelle negli anni molte volte ricompensate con questo premio, di un altro importante fotoreporter italiano di oggi, Paolo Pellegrin. Inviato da grandi giornali come Newsweek sui teatri della più bruciante attualità internazionale, vincitore anche lui di non so più quanti prestigiosi premi, Pellegrin sa riportarci immagini tanto più sconvolgenti per forza documentaria quanto lo sono per impatto formale. Verrebbe voglia di parlare di bellezza, persino. E perché no? Hanno forse diritto alla bellezza soltanto i fotografi che non si misurano con l'orrore del mondo? Non aveva diritto alla bellezza Francisco Goya? La forza estetica è quella che io chiamo lo "sguardo lungo del fotografo", quello che lo fa uscire dalla contingenza dell'attualità per entrare nella cerchia ristretta dei narratori e dei testimoni, che non importa più se sono italiani o francesi, o americani, o turchi. Non è un caso per esempio, che Zizola, come Pellegrin, come altri fotografi che qui incontriamo, stiano producendo accanto a questi reportage, a queste singole premiate immagini, libri importanti nel panorama della narrazione visiva contemporanea».
L'Europeo Photo Awards 2010
(Concorso nazionale di Fotografia, prima edizione)
Il mensile L'Europeo presenta la prima edizione de L'Europeo Photo Awards, concorso fotografico realizzato in collaborazione con Flickr e Nikon. Il tema a cui sono devono ispirarsi i partecipanti al concorso è: All'uscita dal lavoro. Le fabbriche, gli uffici, le scuole, i cantieri. Uno scatto per sorprendere, leggere e ascoltare una nazione che lavora. Inizio del concorso: 5 marzo 2010. Termine ultimo per inviare la foto: 14 giugno 2010. Chi desidera partecipare al concorso nazionale di fotografia de L'Europeo deve: aprire un account Flickr all'indirizzo www.flickr.com; iscriversi al gruppo L'Europeo Photo Awards su Flickr a questo indirizzo: www.flickr.com/groups/leuropeo; seguire le istruzioni per l'invio dei dati anagrafici completi; caricare la propria opera fotografica (solo una), con didascalia esplicativa (chi, dove, quando).
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