C'era una volta un bellissimo paese ai confini
del mondo. Sullo sfondo di paesaggi straordinari s'innalzano
al cielo, scritte su infinità di bandierine colorate,
le preghiere della gente: un popolo semplice, tranquillo,
religioso. Ed è proprio la religiosità
a scuotere per alcuni giorni questa calma: musica, danze,
preghiere, riti che coinvolgono tutti: le famiglie, i ministri
spirituali, frotte di piccoli giocosi Lama.
La gente si accalca intorno al cortile del gompa (monastero):
chi si accovaccia in silenzio, chi tiene d'occhio i bambini,
chi sfoggia il vestito della festa, chi fa scivolare tra
le dita i grani di un rosario, chi fa ruotare con un movimento
ritmico e ancestrale il khorlo – un piccolo cilindro
all'estremità di un manico – per mandare al
cielo, a ogni giro, le preghiere scritte sulla carta di
riso in esso contenute.
Improvvisamente echeggia nell'aria il suono dei rag dun
(corni): ha inizio la festa.
Sfilano i suonatori di flauto, mentre altri, seduti accanto
all'altare, percuotono i tamburi. La musica si espande lenta,
grave. Appaiono i danzatori, i volti nascosti da maschere
terribili. Con gesti ossessivi fanno roteare i costumi coloratissimi.
Ma il rito che si svolge all'esterno
ha un corrispettivo all'interno
del monastero.
In un'atmosfera rarefatta, tra fasci di luce solare che
fendono l'aria, i monaci sono in meditazione. Seduti su
lunghe panche disposte in file simmetriche, recitano assorti
le loro litanie scandite dal suono dei tamburi e dei campanelli.
Ritmo ripetitivo, gesti rituali, oggetti simbolici adagiati
sui bassi tavolini di legno.
Abbandonati i libri di preghiera, gli strumenti e i copricapo
sulle panche, iniziano a prepararsi
per le danze, spesso aiutandosi reciprocamente a indossare
costumi e maschere.
Un rito nel rito. Poi la cerimonia
finisce: si tolgono i paramenti, si piegano i drappi, la
gente lentamente abbandona la scena ed anche l'ultimo monaco
torna al suo villaggio.
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Le immagini si riferiscono a due distinti "festival",
quello di Hemis e quello di Lamayuru - due monasteri incastonati
tra le montagne del Ladakh
(India Settentrionale) – che si svolgono ogni anno,
ciascuno per due giorni, nel periodo estivo.
Il secondo, meno conosciuto, è - forse proprio per
questo - più autentico, più intatto: meno
turisti, meno giornalisti, meno fotografi, vede la partecipazione
più immediata della gente affluita per rendere omaggio
alla divinità, per compiere i riti propiziatori e
godersi la festa. Il primo è ormai meta, non solo
dei ladakhi che affluiscono da tutto il paese, ma di numerosissimi
turisti e professionisti dell'immagine (fotografi e teleoperatori)
che per carpire immagini più suggestive invadono
completamente lo spazio riservato alle danze.
Spinta un po' dal desiderio di sottrarmi a quella bolgia
e un po' dalla curiosità di vedere "dietro le
quinte", sono entrata nel monastero e sono stata proiettata
in un'altra dimensione, dominata
dalla spiritualità e dalla solennità.
L'atmosfera di raccoglimento, la penombra squarciata dai
raggi, il colore denso degli abiti e quello acceso dei copricapi
e dei drappi appesi ovunque, il suono delle litanie e degli
strumenti, quasi sempre grave e a momenti tintinnante, mi
hanno rapita.
Quasi non vista, eppure benevolmente accolta, mi sono sentita
testimone privilegiata di un
rito privato e solenne di cui ho cercato di respirare e
di cogliere lo spirito.
Chi sono
A 22 anni ho ricevuto in regalo una macchina fotografica:
è stata la scoperta di un universo e l'inizio di
un percorso interiore attraverso cui cogliere e condividere
un'emozione. Paesaggi, colori, contrasti, atmosfere sono
i miei soggetti preferiti.
Sintesi di tutto ciò è stata la mostra "Ossessione
Vesuvio" (1998-99): affascinata dalla mutevolezza di
un medesimo paesaggio, contemplato e fotografato tutti i
giorni per qualche anno, ho scelto e assemblato le immagini
che meglio potessero rendere i mutamenti del vulcano.
Alcune di queste foto sono state pubblicate nel libro "La
Rete Mab nel Mediterraneo, Parchi Nazionali del Cilento
e Vallo di Diano e del Vesuvio" (Studio Idea Editrice,
1999) - e utilizzate per la realizzazione di un calendario.
Alcune immagini del mio archivio sono state utilizzate
per Campagne Istituzionali (dell'Eni Aqua Campania, della
Provincia di Napoli, dell'Azienda Napoletana Mobilità)
e per alcune pubblicazioni dell'Unità Multimedia
Iniziative Editoriali. Sono nata nel dicembre 1955 a Napoli
dove vivo.
Dal 1982 al 1995 ho vissuto a Roma. Amo molto viaggiare
e il mare: entrambi hanno alimentato e influenzato la mia
passione per la fotografia.