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I cento volti dei bambini
Francesco Zizola

Fino al 4 giugno Palazzo Magnani, a Reggio Emilia, presenta "I cento volti dei bambini", 89 fotografie di Francesco Zizola, documenti delle condizioni di vita dei bambini in trenta paesi, in cui Zizola ha lavorato per tredici anni: dalle nazioni sconvolte dalla guerra (Angola, Sudan, Afghanistan, Iraq), a quelle in cui si sfrutta sistematicamente il lavoro dei minori (Brasile, Indonesia); dalle situazioni con molti orfani di genitori morti di Aids (Mozambico, Kenya) a quelle in cui il benessere diventa fonte di un altro tipo di problemi (Giappone, Stati Uniti), fino alle immagini più recenti che Zizola ha scattato in Uganda (le migliaia di bambini che ogni notte dormono all'aperto per sfuggire ai rapimenti e al reclutamento forzato della milizia), Sud Africa, Ciad (i campi dei rifugiati del Darfur).



Baidoa, Somalia, 2000
Orfanotrofio.


Salvador de Bahia, Brasile, 1993
In una cella del riformatorio. Questo ragazzo ha tentato di pugnalare un bambino che gli aveva rubato le scarpe da ginnastica.
 

Così Zizola spiega i motivi di questo suo lungo impegno: "Il primo è stato una mia visione etico-politica sul mondo, maturata negli anni precedenti a questo lavoro.
Girando con la mia professione di fotoreporter mi avevano colpito le condizioni dei bambini che incontravo come soggetti più esposti a tutti gli stravolgimenti di quegli anni.
Ho seguito a quel tempo il crollo dell'Europa dell'Est, sono stato a Mosca, in Germania per la caduta del muro, in Albania per la fine del regime, in Corea del Nord come uno dei primi reporter occidentali. Recandomi in quei paesi sentivo come i bambini raccontassero con le loro vite più dei protagonisti stessi di quelle rivoluzioni che andavo a registrare.
Quando tornavo da queste esperienze quello che si sedimentava nella mia coscienza erano più le foto non fatte che quelle fatte. C'erano immagini molti più forti, molto più adatte a raccontare quella realtà, che non realizzavo, perché ero lì per raccontare solo le evidenze di alcuni fatti internazionali. I bambini non erano appunto mai considerati come tali, come evidenze di uno status politico, sociale o economico".

 

 

 

 



Kuito, Angola, 1996

La mostra di Zizola parla al cuore e alla mente. I bambini che ha incontrato nel mondo ci guardano, pur nella sofferenza, con una estrema dignità, e con i loro stessi occhi ci pongono delle domande. Le fotografie, che sempre catturano un momento particolare della luce, riescono a fondere dato realistico e ideale senso della bellezza.



Chongqing, provincia di Sichuan, Cina, 1998
Questa città sul fiume Yangtze è una delle più industrializzate e inquinate della Cina.
Quasi il 60% dell'acqua del fiume è inquinata, con più di 20 miliardi
di tonnellate di acque contaminate riversate nel fiume ogni anno.
Soltanto il 42% dell'acqua rientra nei parametri stabiliti
dalle normative nazionali per l'acqua potabile.
Di conseguenza i cinesi soffrono di malattie infettive e parassitarie,
di disturbi cardiaci e respiratori, di tumori.

La mostra, a cura di Deanna Richardson, è accompagnata da un volume edito da Fusi Orari, che ha già avuto significativi riconoscimenti al Festival del Fotogiornalismo di Perpignan (Francia) e al Photo District News negli Stati Uniti. Zizola, che ha lavorato con l'Agenzia Magnum fino al 2005, ha ricevuto, tra gli altri, il Premio della World Press Photo dell'anno 1996, per una foto delle miniere dell'Angola, inclusa in questa mostra.



Mare d'Aral, Khodjely City, Uzbekistan, 1997
Nel cortile di una scuola per bambini colpiti da gravi malformazioni.
Il tasso di mortalità alla nascita e quello di mortalità delle madri
dei bambini di questa regione sono dieci volte più elevati che in Europa.
Quasi il 90% degli adolescenti soffre di anemia, il 30% di malattie renali,
il 23% di problemi alla tiroide e il 20% di epatiti croniche.
Una donna su tre ha partorito un figlio nato morto.
Quasi il 90% delle donne incinte soffre di anemia grave e il 30%
dei parti presenta delle complicazioni causate dallo stato
di ipertensione durante la gravidanza.
Il 36% delle nascite è considerato patologico.
Oggi nessun bambino che nasce sulle rive del Mare d'Aral è in buona salute.



Kukes, Albania, 1999
Albanesi in fuga dal Kosovo.

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