Maestri

A cura di:

Italiane
Gianni Berengo Gardin

Uno dei maestri del fotogiornalismo non solo italiano e le battaglie di Amnesty International per i diritti umani; una casa editrice che crede nel racconto del mondo attraverso la fotografia e la festa della donna. Così, per la collana Immagini di Ega, per sensibilizzare l'opinione pubblica e i governi sulla campagna internazionale di Amnesty Mai più violenza sulle donne, è nato "Italiane" di Gianni Berengo Gardin.

"Un viaggio tra le donne italiane, o meglio", come sottolinea l'editore Carla Costamagna Martino, il "raccontare il femminile degli ultimi cinquant'anni della nostra storia". Per Fosca Nomis, vicepresidente della Sezione Italiana di Amnesty International, le foto di Berengo Gardin raccolte nel libro rappresentano "un percorso attraverso una parte della nostra storia e offrono l'occasione di riflettere su come la vita delle donne sia cambiata negli ultimi cinquant'anni in Italia.

 



Calabria 1966, © Gianni Berengo Gardin - Contrasto

Un percorso che ha visto modificarsi e crescere la partecipazione delle donne alla nostra società, a diventarne sempre più protagoniste, ma che non ha ancora sradicato il fenomeno della violenza nei loro confronti: ancora oggi, infatti, milioni di donne e di bambine subiscono violenza fisica, sessuale, psicologica e anche economica. È quanto accade, secondo le ricerche di Amnesty International, in ogni parte del mondo a una donna su tre a prescindere dal Paese, dalla religione, dall'origine etnica o dallo status sociale". A un'altra donna, l'attrice Lella Costa, da sempre profondamente sensibile ai discorsi sul femminile, è stata affidata la bella prefazione che riportiamo di seguito.


Cinisello Balsamo 2002, © Gianni Berengo Gardin - Contrasto

Ho avuto il duplice privilegio di vedere le foto di Gianni Berengo Gardin, e di vederle "nude", senza alcuna didascalia o commento. Mi ci sono persa, come succede a volte con i grandi romanzi, o con certi film, che ti portano via, e poi fai fatica a tornare. Ho fantasticato su facce, abiti, mestieri, storie. Mi sono chiesta che cosa fosse mai successo alla donna distesa per terra nel giardino di quella che sembra una casa patrizia, se l'uomo che si allontana di spalle l'avesse ferita, con armi o con parole. E che cosa avrà ricordato di quell'istante la bambina che sembra volare su Firenze il giorno della sua prima comunione; se sia durato l'amore di quei due che si baciano sul treno mentre la controllora discretamente si concentra sui biglietti. Quali ordini o magie avrà saputo inventare quella piccola signora identica alla Regina di Alice, che si aggira tra crocerossine e notabili, davanti a una chiesa. Vorrei sapere tutte le lacrime i sogni la fatica la solitudine la bellezza, le notti senza sonno, i treni presi e persi, gli amori sbagliati, i silenzi impauriti, la rabbia e l'impotenza, le malattie, i turni massacranti, le ore al telefono, la vergogna e i pregiudizi, i figli voluti e quelli negati, la tenerezza scontrosa, i vecchi malati, i bucati stesi, la pasta scotta e le ricette segrete, l'immenso insensato incrollabile talento per la vita che le donne sanno avere, e forse le donne soltanto.


Venezia 1958, © Gianni Berengo Gardin - Contrasto

Come Truffaut, Berengo Gardin ama le donne, e le racconta guardandole. Non è cosa facile saper guardare, e men che meno scontata: ci vuole rispetto, passione, ironia. Ci vogliono le lezioni americane di Calvino, tutte e cinque, nessuna esclusa: rapidità molteplicità visibilità leggerezza esattezza. Ci vuole l'umiltà dell'ospite e la sicurezza del complice. Ci vuole la consapevolezza che con queste immagini si può raccontare un'epoca, un mondo. Che, come dice Alessandro Baricco, «è il racconto, e non l'informazione, che ti rende padrone della storia». E Gianni ci racconta mille storie e poi cento e poi mille ancora, e insieme ci racconta un pezzo della storia con la maiuscola, quella di questi ultimi cinquant'anni. Mezzo secolo. Un sacco di tempo. Eppure – curiosamente, prodigiosamente – in queste immagini il tempo è un elemento secondario, a volte insignificante. Non è importante sapere a quando esattamente risalgano quei gesti, quegli sguardi, quelle immagini perse o catturate in uno specchio. A volte sembra ieri, a volte proprio stamattina.


Taranto 1993, © Gianni Berengo Gardin - Contrasto

Forse è successo quando eravamo piccole, forse domani. Quello che importa è la consapevolezza che tutte queste donne fanno parte di noi, della nostra memoria, della nostra storia, maiuscola e non; e che il nostro modo di essere oggi nel mondo viene anche da loro, dalle madri zie sorelle infermiere vigilesse operaie vicine di casa che hanno attraversato l'Italia prima di noi, e forse anche un po' per noi. Forse qualcuno si stupirà, o fingerà di stupirsi, di questa scelta in un libro per Amnesty: ma come, e i diritti umani? e la violenza l'ingiustizia i grandi temi che riguardano tanti Paesi del mondo in cui le donne sono le più povere tra i poveri, le più derelitte tra i derelitti? La mia risposta è tanto semplice quanto istintiva: se vogliamo aiutare le donne di altri mondi, dobbiamo anche conoscere il nostro. Sapere bene chi siamo e siamo state, con quali occhi e quali parole riusciremo, forse, a capire e guarire, e quali facce e mani e anime ci hanno provato prima di noi. E allora, forse, davvero «non saremo stanche, neanche quando vi diremo ancora un altro sì».


Firenze 1962, © Gianni Berengo Gardin - Contrasto

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