Un ritratto di Tiziano Terzani
ricostruito attraverso le immagini
raccolte da Vincenzo Cottinelli in nove
anni di incontri. Vincenzo Cottinelli, ritrattista
di scrittori e intellettuali, ha avuto la possibilità
di fotografare il giornalista e i suoi familiari dal settembre
1995 a fine maggio 2004
in Italia, Germania e India, in diverse occasioni pubbliche
e private, sempre nel segno dell'amicizia.
La mostra
(Galleria Grazia Neri, Milano,
fino al 10 giugno) presenta una selezione di fotografie
tra le oltre cento editate da Grazia Neri e dall'autore
con il contributo di Angela e Folco Terzani, per il libro
"TizianoTerzani. Ritratto di un amico",
edito da Vallardi, con la prefazione di Grazia Neri
e un testo di Ettore Mo.
© Vincenzo Cottinelli, Tiziano Terzani |
1. Milano, 15 settembre 1995,
per l'uscita del libro Un Indovino mi disse
Milano, Hotel Manin, 15 settembre 1995. Tiziano, mio coetaneo,
ha appena compiuto 57 anni. L'editore Longanesi organizza
un incontro con la stampa per la presentazione di Un indovino
mi disse. Ci sono Valentina Fortichiari e Ranieri Polese.
Un'amica, critica letteraria, mi aveva raccomandato: "non
perdere Terzani, non può mancare nel tuo archivio".
Dopo un primo scatto, come di assaggio, in cui mi scruta,
un po' sospettoso, lo riprendo in una sequenza veloce, mentre
parla coi giornalisti e nemmeno mi percepisce, tanto è
preso dalle cose che racconta. Poi si va nel giardinetto
dell'hotel per gli scatti posati. Io, contrariamente alle
mie abitudini di lettura preventiva alle sedute fotografiche,
ho solo sfogliato L'indovino mentre lo aspettavo, non so
quasi nulla di lui. Per rompere il ghiaccio glielo confesso,
ma gli dico anche che mi sembra "della stessa famiglia di
Kapuscinski" (di cui conosco Imperium). Rischio la gaffe,
perché agli scrittori in genere non piace essere
paragonati a nessuno, si sentono unici. Invece con lui è
diverso, esclama che questo è il più bel complimento
mai ricevuto e infatti fra lui e Kapuscinski c'era e c'è
una immensa stima reciproca; da questo momento mi guarda
con occhi diversi, disponibile a farsi fotografare con grande
concentrazione. Collabora come nessuno dei miei personaggi
ritratti, perché lo fa da fotografo e da generoso
(e un po' anche da narciso). E' qui che nasce la più
famosa delle mie foto di lui, quella del saluto a mani giunte.
Ma soprattutto nasce il primo nucleo di amicizia. Ecco la
dedica che Tiziano mi fece sul libro in quell'occasione:
"A Vincenzo, cui debbo il più bel complimento
e forse una bella foto. E io che do? Amicizia."
© Vincenzo Cottinelli, Tiziano Terzani |
2. Calcutta, febbraio 1997,
per il matrimonio del figlio Folco
Febbraio 1997. Grande invito a tanti amici a Calcutta per
il matrimonio Folco-Ana. Tiziano regna da gran signore e
manager nel Fairlawn Hotel, ancora gestito da una vecchissima
coppia di inglesi, nell'omonima via piena di mendicanti.
Il suo spirito di reporter anche fotografico si scatena
durante e dopo la cerimonia che si snoda attraverso il poverissimo
quartiere Kalighat, fin davanti alla casa dei moribondi
di Teresa, che occupa gli edifici dei pellegrini del tempio
di Kalì. Ma forse per Tiziano è un gioco,
oltre che un omaggio a Folco. Finita la festa, Tiziano non
può non visitare un amico indovino (guaritore, consulente,
santo, ecc.) in mezzo alla folla dei postulanti. Si salutano
con aria ammiccante, come colleghi che la sanno lunga su
tutti noi. Poi il Tiziano vero, l'instancabile viaggiatore
curioso e solitario, dopo aver giocato col mappamondo, se
ne va "a giro". Lo si vede prima a Kalighat, che si allontana
di spalle, in una foto che lui ha molto amato. Poi, qualche
settimana dopo, all'aeroporto di Zurigo, con la sua storica
sacca di tela piena di ideogrammi. Ma di lì a breve
gli diranno che è malato.
© Vincenzo Cottinelli, Tiziano Terzani |
3. e 4. Orsigna, 13 agosto 2002
Agosto 2002. A Orsigna l'aria è fresca come dopo
piovuto, le montagne intorno sono verdissime, la valle nitida,
il bosco scuro e per contrasto Tiziano è di un biancore
quasi abbacinante. Si fa fotografare sul prato dove legge
Robert Capa, dietro la vecchia finestra della casa principale
con la figlia Saskia, e poi nella sua yurta, la casetta
di legno scuro dove legge, scrive, medita, pratica lo yoga,
fa ginnastica, beve il thè. È l'ultima casa
che ha abitato.