Ho cominciato a guardare il mondo passeggiando per le strade di Firenze, la città dove sono nato nel 1965. Lì ho colto per la prima volta l'incanto di un panorama sbucato all'improvviso tra gli olivi, lì ho imparato ad apprezzare l'importanza dell'armonia e della semplicità. Poi tra i languori di una Venezia ancora avvolta nella decadenza ma che regalava tra calli e campielli un eterno teatro: gli incontri, l'amore, la gente, la bellezza dei riflessi sull'acqua. Immagini che si sono sedimentate una sull'altra insegnandomi a selezionare con gli occhi una scena, un angolo di città, un albero solitario dietro un muro, piuttosto che afferrrare l'attimo fuggente di uno sguardo.
© Francesco Nencini - The great tree
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D'altra parte a casa mia la fotografia era di casa. Mio padre, giornalista inviato speciale di Epoca, amava viaggiare e fotografare. Libri, riviste di fotografia erano a portata di mano e per me, bambino, il mondo entrava in casa anche attraverso di loro. Le macchine fotografiche di mio padre si potevano toccare, ed ero sollecitato a guardare ed ascoltare. Così è stato naturale imparare un secondo linguaggio: raccontare attraverso le immagini.
© Francesco Nencini - Red Light Motel
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Poi le grandi esperienze che fanno la vita diversa: a me è toccato di vivere a New York negli anni Settanta. Ero un ragazzino che fino ad allora aveva vissuto in città piccole ed eleganti, culturalmente appartate. A New York tutto era nuovo, grande ed emozionante, dal vivere quotidiano alla scuola, alla gente.
© Francesco Nencini
Dior at the met
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Dalla finestra della nostra casa al ventiduesimo piano si vedeva il sole rilflettersi sui grattacieli che si affacciavano su Central Park e d'inverno l'Hudson ghiacciato. Passavo i pomeriggi al parco in mezzo ai bambini di tutte le nazionalità, quando nevicava andavo in slitta sulle collinette del parco e a pattinare sul ghiaccio al Rockfeller Center. A casa venivano giornalisti e fotografi e una volta mi è capitato di accompagnare Mario De Biasi a fotografare scene di matrimonio la domenica a Central Park.
Mi hanno regalato una macchinetta fotografica con cui immortalavo amici e parenti e poi ho cominciato a usare la Nikon F del babbo, prima pieno di soggezione e poi con la passione del neofita. Ma sempre un autodidatta ero. Ed ecco, negli anni Ottanta, un'altra svolta importante: l'incontro con Leonard Freed, fotografo dell'agenzia Magnum Contrasto. Ho frequentato un suo corso di Fotogiornalismo, ho imparato a raccontare attraverso le immagini con l'essenzialità del cronista. Leonard era famoso per i suoi reportage sulle comunità ebraiche, sul movimento dei diritti civili Americano e sulla polizia newyorchese. Raccontare per immagini era diventata definitivamente la mia passione ma stava prendendo una direzione precisa.
© Francesco Nencini - Calcutta Boulevard
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Alla fine degli anni Ottanta sono ripartito per New York e mi sono diplomato al Filmmaking Program della New York University. Nel frattempo avevo fatto un altro incontro importante, quello con il regista Massimo Magrì che mi ha insegnato a lavorare con l'immagine in movimento secondo una logica narrativa compiuta e comprensibile in pochissimi secondi, la durata di un commercial pubblicitario. Sono stato il suo Aiuto Regista e Location Scout per dieci anni, e ho avuto la fortuna di lavorare con Direttori della Fotografia come Storaro, Dante Spinotti e Sven Nikvist, e da loro ho imparato molto. Anche a trarre emozioni dagli altri, gli attori. Per affinare questa tecnica ho frequentato un workshop di Judith Weston, "Acting for Directors", dove si insegna ad ottenere l'interpretazione desiderata dal soggetto che ti sta di fronte e questo mi è utile anche nei ritratti fotografici.
© Francesco Nencini - The end of the century
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Dal 1996 a oggi ho diretto come regista film pubblicitari per clienti come Coca Cola, Swatch, Martini, Mc Donald's, Volkswagen. Mi piace mettere dell'umorismo nelle cose che faccio e contribuire alla scelta delle colonne sonore dei miei film. La musica, l'altra mia grande passione è un altro elemento che ritrovo spesso nel mio immaginario. Perché i testi delle canzoni o le melodie classiche possono spesso suscitare emozioni da tradurre in racconti visivi.
© Francesco Nencini
Big & Small
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Nel 2002 sono riuscito a realizzare un sogno, l'apertura di un atelier in una ex fabbrica di Milano, a Lambrate, rinnovando la voglia di dedicarsi al mio primo amore, la fotografia. Quest'anno ho fatto la mia prima mostra personale, "Private Eye", alla Galleria l'Affiche di Milano. Una sintesi delle immagini che ho scattato in più di vent'anni. Sono paesaggi urbani, volti, scene catturate in giro per il mondo dal gran teatro del vivere. Attimi che sono riuscito a immortalare per sempre. Emozioni trasmesse attraverso uno scatto, spesso metafore di una situazione sociale, di una realtà colta per caso su cui ho sentito il desiderio di soffermarmi. Perchè per me la fotografia non ha nulla dell'astrazione ma è la capacità di guardare e cogliere la realtà con sensibilità. E non ha niente da invidiare al mezzo cinema, se non il numero di fotogrammi che scorrono nelle pupille di chi li guarda.
Ambizioni? Lavoro al progetto di un libro su Milano, la città dove vivo. La sto fotografando da un anno per raccontare la sua voglia di cambiamento e la sua incapacità di farlo. È una città che non riesco ad amare, nonostante ci viva da molti anni: forse per lo scarso senso dell'umorismo che la pervade.
Sono un Nikonista da sempre e lavoro in analogico, prevalentemente in bianco e nero. Gli zoom ad apertura f2.8 e la 400 Asa sono una componente fondamentale del mio lavoro, perché mi permettono di cogliere l'attimo anche in situazioni di illuminazione critica. Ho faticosamente conquistato una delle prime F6 arrivate sul mercato italiano quest'inverno e sono in attesa dei suoi accessori.
© Francesco Nencini - Brige over troubled water
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