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Immagini del mito
Kennedy

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MARK SHAW
Sulla spiaggia della tenuta Kennedy. Jackie e Caroline
Hyannis Port, MA, 24.08.1959
Gelatin Silver Print 25,5 x 20,3 cm
Vintage print
Gentile concessione Camera work, Berlin

Kennedy è la più ampia e prestigiosa mostra sulla vita di John e Robert Kennedy mai realizzata in Italia. Allestita presso il Tempio di Adriano, in piazza di Pietra, è aperta al pubblico a Roma dal 17 aprile al 2 maggio. Ideata e realizzata da Drago Arts & Communication, la mostra è composta da oltre 700 fotografie originali e da vari oggetti legati alla vita e all'attività quotidiana di JFK, di sua moglie, di Robert e della famiglia, per la prima volta presentati al pubblico. Il corpo principale della mostra è rappresentato dall'archivio fotografico dalla galleria Camera Work di Berlino che ha contribuito all'esposizione con la concessione di 600 foto dei più prestigiosi fotografi di questo secolo: da Cornell Capa a Elliott Erwitt, da Mark Shaw e Yousuf Karsh a Jacques Lowe. È la prima volta che la prestigiosa galleria berlinese permette l'esposizione all'estero di una parte consistente della collezione sui Kennedy in suo possesso. La sezione del viaggio in Italia è arricchita dal contributo dell'archivio Ansa.

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UNITED PRESS INTERNATIONAL PHOTO
Kennedy protesta per il trattamento rude subito da una democratica da parte di un poliziotto
14/10/1960
Gelatin Silver Print 17,7 x 23 cm
Mounted vintage print
Gentile concessione : Camerawork, Berlino

Per l'occasione Furio Colombo ha scritto un testo dal titolo "Kennedy spiegato ai più giovani" che volentieri riproduciamo qui di seguito:

Kennedy è stato archiviato dalla cultura contemporanea come un uomo elegante, abbastanza prudente, di tipo intermedio. Kennedy è rimasto a metà della sua storia incompiuta e in mezzo alla cultura che non sa classificarlo, perché non sa che cosa sarebbe successo se non fosse stato assassinato. Io lo chiamo oggi testimone di un'America che stava avviandosi ad essere profondamente diversa.
Un arco di storia lega il miglior passato americano a quest'uomo e lo introduce come qualcuno che conosce l'eccezionalismo americano, ma anticipa con ciò che dirà, in un saggio pubblicato molti anni più tardi, (1981) il filosofo Daniel Bell. Daniel Bell, nel riprendere, sia dai padri fondatori che da Tocqueville, il principio dell'eccezionalismo e l'immagine della "città sulle colline" ammonisce: <E' vero, questo Paese è nato eccezionale, perché è nato dal niente, perché è nato da un atto di volontà, perché è nato dall'unirsi di uomini che prima erano separati, isolati, disperati, erano il margine e il rottame di ciò che l'Europa non riusciva neppure a sfamare, e che sono diventati i protagonisti della storia. È vero che siamo un Paese eccezionale. Ma come nelle fiabe, nel momento in cui si pronuncia quella parola, la realtà svanisce. Nessuno può essere eccezionale e vantarsi di esserlo, perché nel momento in cui tu dici di essere eccezionale, in quel momento hai finito di esserlo. Niente è più banale che dire di te stesso che tu sei speciale e diverso dagli altri. Magicamente la formula evapora e l'eccezionalità è finita>.

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CARL MYDANS
I pendolari a New York il giorno dopo
l'attentato al Presidente
New York, 23/11/1963
Gelatin Silver Print 28 x 35,5 cm
Printed later
Gentile concessione: Camerawork, Berlino

John Kennedy, di cui vi sto parlando, non conosceva la risposta che avrebbe dato Daniel Bell, rispettato filosofo americano, alla teoria dell'eccezionalismo. Ma conosceva la teoria dell'eccezionalismo e la interpretava come l'ha interpretata nel suo libro, "Profili del coraggio", che ha scritto subito prima di essere eletto Presidente. Ogni candidato scrive un libro durante la sua campagna elettorale. John Kennedy prima delle elezioni del 1960 ha scelto, con "Profili del coraggio" di dedicarsi ai politici che sanno prendere decisioni impopolari, al coraggio che un politico deve avere di prendere decisioni "contro", alla necessità che un politico sappia muoversi senza tener conto del favore e del sondaggio.
Per Kennedy è successo tre volte nella sua vita e, certo, sono i punti di riferimento per i quali vale la pena di ricordarlo oggi. Appena eletto Presidente, ha dovuto confrontarsi con la questione gravissima della Baia dei Porci. Era stata organizzata, prima di Kennedy, dai servizi segreti di Nixon, che era vice presidente degli Stati Uniti prima della elezione di John Kennedy. Il progetto prevedeva che sarebbero sbarcati sull'isola di Fidel Castro esuli cubani, (molti, a quel tempo, già sostenitori del dittatore Batista). Avrebbero dovuto essere protetti dall'aviazione americana e poi da uno sbarco di Marines.

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JACQUES LOWE
Caroline tiene in mano il suo libro preferito: "I can fly"
Hyannis, MA, agosto 1960
Gelatin Silver Print 50 x 40 cm
Gentile concessione: Camerawork, Berlino

Il secondo, grande punto di coraggio della vita di Kennedy si è verificato nei confronti del movimento dei diritti civili e di Martin Luther King.
Noi parliamo di Martin Luther King come di un mito che è già mito, come un leader che comanda centinaia di migliaia e milioni di persone. La prima volta che l'ho incontrato aveva intorno a sé cinquanta o sessanta persone, quante ne conteneva la chiesetta di cui era pastore, nella Auburn Avenue, alla periferia di Atlanta. Ma erano migliaia davanti all'Università dell'Alabama. C'era il Governatore George Wallace, legittimamente eletto dai suoi cittadini con il 60% delle preferenze, e con il mandato di rappresentare il razzismo. Wallace si era messo – è una celebre fotografia che ancora ricordo – con le mani sui fianchi, le gambe larghe, di fronte alla porta dell'Università. Aveva schierato la sua Guardia Nazionale. Aveva promesso che nessun nero sarebbe mai entrato. George Wallace, ha ricevuto una telefonata dalla Casa Bianca in cui gli è stato detto: "O verrà ritirata la Guardia Nazionale per lasciare entrare i giovani neri, come i Tribunali americani hanno ordinato oppure l'ordine sarà fatto eseguire dai soldati dell'esercito federale americano entro 24 ore".
L'integrazione razziale non era per un politico, la più popolare delle cause. Se nessuno fosse intervenuto e gli studenti neri fossero stati scacciati, ci sarebbero state drammatiche fotografie sul New York Times, qualche articolo di tono nobile in difesa dell'integrazione razziale. Alcuni giuristi avrebbero dimostrato che George Wallace aveva violato quel tratto della Costituzione che subordina l'autonomia degli Stati al Governo federale. Ma la vicenda si sarebbe spenta in pochi giorni o poche settimane. Il Presidente Kennedy non ha esitato a dire: "Questo Paese non tollera la violazione della legalità". Sono fatti poco noti, sono fatti poco discussi, si discute di più di quanto erano eleganti i Kennedy, di quanto fossero piacevoli nei parties, di come fossero simpatici a tutti quando camminavano per le strade di Capri o arrivavano per le vacanze a Positano, di come erano belli e ben fotografati i bambini Kennedy da piccoli.

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MARK SHAW
Jackie a cavallo
Hyannis Port, MA, 24.08.1959
Gelatin Silver Print 25,4 x 20,5 cm
Vintage print
Gentile concessione Camerawork, Berlin

Raramente si ricorda la terza storia, quella nella quale John Kennedy, assistito dal fratello, che era Ministro della Giustizia ma in quel momento era davvero il consigliere politico del Presidente, ha tenuto testa ai Generali dello Stato Maggiore militare durante l'avvicinarsi dei missili di Krusciov nell'isola di Cuba. I Generali avevano detto: "Non possiamo tornare indietro, abbiamo già armato le testate atomiche". John Kennedy ha risposto: "Il Presidente degli Stati Uniti vi proibisce di fare la guerra e vi ordina di disarmare le testate atomiche. Altrimenti io dichiarerò pubblicamente che i miei Generali non ubbidiscono ad un ordine del Comandante supremo, che è il Presidente degli Stati Uniti".
Non sto descrivendo un uomo buono, sto descrivendo di un Presidente che non ha paura di fare il Presidente, che lo fa alla luce e nell'ambito di quei principi di vita democratica e di concezione eccezionale della responsabilità di un Paese immensamente potente. "Non si fa la guerra", non era una dichiarazione pacifista. Era la capacità di comprendere le condizioni della storia e di sapere che quando hai in mano una tale responsabilità e capacità di intervenire con gli strumenti della politica, non torni indietro nel tempo, non fai la guerra, proprio per l'eccezionalità della posizione nella quale ti trovi e proprio per la straordinaria qualità del potere che hai in mano. Ecco perché valeva la pena di riflettere sul personaggio Kennedy, non solo con l'aiuto di una memoria fatta di legami e di affetto.

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