Roma, 2005: fotografia d'autore, ricerche
forti e personali, linguaggi vari e autonomi, un nucleo
di una ventina di mostre direttamente prodotte e commissionate
dal Festival (concentrate in alcune delle più importanti
sedi artistiche e museali romane: Musei
Capitolini, Museo di Roma in
Trastevere, Palazzo Fontana
di Trevi, Palazzo Braschi)
e una sessantina di altre esposizioni
tra gallerie, musei, locali e librerie sparse per la città,
e poi eventi e incontri, proiezioni, letture di portfolios.
Questo è FotoGrafia-Festival
Internazionale di Roma (promosso dal Comune
di Roma e prodotto da Zone
Attive con la direzione artistica di Marco
Delogu), un festival che - con Parigi, Londra,
Mosca, Bratislava, Vienna, Berlino- è ormai diventato
uno dei più importanti del circuito europeo e che
a primavera trasforma Roma in una grande capitale
della fotografia.
Anders Petersen, senza titolo,
serie Roma, a diary, 2005.
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Giunto alla sua quarta
edizione, FotoGrafia è dedicato quest'anno
(dal 15 aprile al 5 giugno) all'Oriente,
con un'attenzione particolare alle espressioni più
significative della fotografia
di grandi paesi in cui è forte il confronto
tra tradizioni e presente, come il Giappone,
la Cina, l'India,
la Russia, visti attraverso
lo sguardo di fotografi locali ed europei: dal maestro indiano
Raghu Rai ai grandi fotografi del Sol Levante
Hiroshi Sugimoto e Nobuyoshi Araki
al russo Vladimir Mishukov. Dai reportage
di Paolo Woods e Nicolas Pascarel,
ai viaggi letterari di Ella Maillart e
Nicolas Bouvier fino alla emergente fotografia
cinese con Shao Yinong, Mu Chen,
Liu Yiwei. Dai paesaggi di David
Farrell fino alla cantante e poetessa Patti
Smith, presente al festival nella insolita veste
di fotografa.
Nicolas Pascarel, I figli della notte
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Roma guarda
a Oriente, alla ricerca di
un'interpretazione non solo di luoghi geografici, ma di
tutta la contemporaneità, per orientarsi nella Storia
e nel presente e trasformare
– attraverso la fotografia - gli eventi in testimonianza,
la documentazione in arte, la cronaca in memoria collettiva.
Nel titolo la d finale gioca
con la parola 'oriented' e
rafforza l'idea di un festival costantemente "orientato"
verso una fotografia sempre basata sull'equilibrio tra la
profondità e la compiutezza estetica. Dagli albori
del reportage con Felice Beato,
Leone Nani e Federico Peliti in
mostra a Palazzo Braschi, ai
tulkus del Tibet di Martine Franck, sino
ai giorni nostri con tre giovani fotografi italiani, Massimo
Mastrorillo, Giuliano Matteucci
e Luca Nostri, incaricati da FotoGrafia
di realizzare un reportage sull'Indonesia del dopo-tsunami.
Franco Zecchin, Cavalieri della Mongolia.
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Alla Galleria Nazionale
d'Arte Moderna è in mostra il lavoro sul Giappone
di Jeremy Stigter mentre il Museo
Andersen ospita una collettiva di fotografi israeliani
contemporanei, tra cui Simcha Shirman,
Adi Nes e Elinor Carucci.
Presso l'atelier Del Bosco/Villa Medici,
Gabriele Basilico ripropone in maniera
inedita il suo lavoro su Beirut del 1991.
Come ogni anno, poi, il festival ha affidato a un fotografo
di fama internazionale la realizzazione di un lavoro che
avesse per protagonista la città di Roma. Anders
Petersen - premiato nel 2003 come migliore fotografo
al Festival di Arles – presenta, dopo Josef
Koudelka e Olivo Barbieri, una
Roma mai vista, in esclusiva per FotoGrafia.
In Roma, a diary 2005 - in
esposizione ai Musei Capitolini - Petersen
mostra come sia possibile, anche in una città dalla
sterminata iconografia, estrarre
nuovi punti di vista, quelli
di una città dalle identità
molteplici, che si protende verso il futuro nel segno
della loro capacità di convivere. Il contesto
metropolitano viene indagato attraverso la presenza
dell'elemento umano, delle
sue relazioni, degli oggetti nei quali esprime la propria
personalità. Viene così alla luce una Roma
al tempo stesso dolente e fiera,
capace di manifestare la sua anima
anche a prescindere dai segni della storia.
Jia Yuchuan,
Queens cinesi/Queens of China, 2004
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FotoGrafia,
nel corso degli anni, è diventato un punto di riferimento
per tutti gli operatori internazionali del settore: sono
oltre 150 gli artisti che espongono
al festival in più di 80 mostre,
una comunità creativa che trova a Roma un ideale
scenario di comunicazione e crescita. Tutto questo è
stato possibile anche grazie al coinvolgimento dei tanti
operatori presenti sul territorio. Il festival coinvolge,
infatti, sedi espositive dislocate per tutto il territorio
cittadino, nei luoghi simbolo di Roma così come nelle
periferie, con esposizioni che rappresentano le tendenze
più diffuse sulla nostra scena culturale. Si va dalle
personali di maestri come Caio Mario Garrubba,
fino al lavoro di fotografi emergenti italiani come Paola
Binante, Max Botticelli, Massimo
Drago e fotografe straniere come Chrystie
Sherman, Judit Kepes e Jooyeon
Park. Dal Medio Oriente fino all'est più
lontano: Ungheria, Romania, Polonia, Uzbekistan, Palestina,
Russia, Giappone, Thailandia. Uno sguardo sulla storia e
sul presente che conferma Roma città
aperta al mondo, grande protagonista della contemporaneità.
Felice Beato - © Museo di Storia della Fotografia
Fratelli Alinari - © All right reserved |
Chiudendo, lasciamo la parola a Marco Delogu:
"guardiamo a est dell'Italia
per comprendere il posto in cui ci troviamo, il mondo, qui
e ora. Cerchiamo domande e
prospettive dove più
forti sono le contraddizioni:
pensiero, guerra, bellezza, dolore, sviluppo, fame, tradizione,
futuro. È la quarta edizione di FotoGrafia che, attraverso
un piccolo gioco su un'ambiguità
anglista, prova a confrontarsi con queste visioni
"orientali" e "orientate". Un festival ormai consolidato
che cambia velocità
e, da contenitore nobilitato
dai contenuti, diviene contenitore nobilitante
tout court. Abbiamo scelto la fotografia come strumento
migliore per esplorare la contemporaneità,
ci siamo messi alla ricerca degli sguardi
più originali e profondi e ci siamo resi conto che
il festival sta diventando un punto
di riferimento importante per tutti coloro che nella
fotografia cercano non solo un compiacimento
estetico ma anche documentazione
e narrazione. Molti sono stati
gli sforzi selettivi e produttivi per garantire a questa
edizione del festival la complessità
di punti di vista che l'oriente merita: ci siamo messi in
relazione con fotografi di
tutto il mondo e abbiamo commissionato
lavori che avessero come oggetto tutto ciò che è
a oriente. Ora siamo orgogliosi che tutto questo possa divenire
patrimonio della città,
che alla qualità delle
mostre presentate si aggiunga il grande valore della partecipazione
popolare, nei luoghi simbolo di Roma, così come in
periferia".
www.fotografiafestival.it
Elinor Carucci, Eran and I, 1998 - Noga Gallery, Tel
Aviv.
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