Savignano sul Rubicone, Forlì,
14 Settembre / 7 Ottobre 2001
Nel 1988, in occasione degli ottanta anni di Henri
Cartier-Bresson, fu organizzata una mostra di sue
immagini al Palais de Tokyo di Parigi.
Il progetto fu messo a punto da Robert
Delpire, primo e storico editore dell'autore e suo
grande amico. In quell'occasione fu chiesto a quaranta persone,
tra intellettuali, scrittori, critici, fotografi o semplicemente
grandi amici dell'autore, di scegliere e commentare, ciascuno,
un'immagine del maestro.
Oggi questa storica selezione è stata arricchita
e aggiornata e si avvale del contributo di autori italiani
(quali Leonardo Sciascia, Ferdinando Scianna, Alessandro
Baricco e Antonio Tabucchi) e di altri tra cui Jim Jarmusch,
Milan Kundera, Arthur Miller, Francis Bacon, Balthus.
Il risultato è, appunto, Immagini e parole: cinquanta
suggestive immagini commentate, un'occasione per approfondire
i temi legati alla fotografia: il suo potere comunicativo,
le sue peculiarità stilistiche, il suo ruolo.
Come spiega lo stesso Delpire
"per essere quel che sono", cioè alcune
tra le immagini più note al mondo, più diffuse,
più conosciute, le fotografie di Henri
Cartier-Bresson non sfuggono certo a questa regola:
al di là di una rigorosa didascalia identificativa,
la tentazione è grande per uno scrittore ma anche
per un pittore, un musicista, un giornalista, oppure ancora
un amico, di dire perché questa stessa immagine possa
essere particolarmente toccante, stimolante per l'animo,
in una parola, significante, non importa quale sia il grado
di vicinanza o di conoscenza diretta del lettore.
Così, quando abbiamo pensato di celebrare una volta
di più l'eccezionale qualità dell'opera di
Henri Cartier-Bresson, abbiamo
avuto l'idea di far nascere accanto alle foto dei brevi
testi proponendo a un certo numero di autori, scelti evidentemente
per la loro affinità con Henri - affinità
supposte o reali - di notare liberamente ciò che
poteva evocargli un paesaggio in Toscana, una scena di strada
a New York, un momento di storia della Cina, un viso più
o meno celebre.
Non siamo stati delusi. La qualità e la varietà
d'espressione, la gamma delle reazioni raccolte, arricchisce
e rinnova la percezione di queste fotografie". In questi
giorni le cinquanta immagini in bianco e nero che illustrano
lo straordinario percorso artistico di Henri
Cartier-Bresson sono in mostra a Savignano sul Rubicone
fino al 7 ottobre. In occasione della mostra Henri
Cartier-Bresson: Immagini e parole, Contrasto (che
ha da poco pubblicato la versione italiana del Photopoche
dedicato all'autore) presenta il libro Paesaggi, una raccolta
delle immagini più belle dei paesaggi di Henri
Cartier-Bresson.
Per informazioni:
www.comune.savignano-sul-rubicone.fo.it
www.contrasto.it
Tre immagini, tre commenti
Alberto Giacometti, 1961
Amo questa fotografia di H.C.-B. perché
l'istante vi è naturale e composto, rischiarato da
una esatta luce dall'occhio umano e dal cielo variabile,
e perché riesce a significare, con la discrezione
di un leve battito di ciglia, molto più di quanto
non ne abbia l'aria (Ma tutto questo, caro Henri, è
la cosa minore).
La scelgo perché due uomini che amo-ammiro vi incrociano
gli sguardi, in un giorno di pioggia, nel 14° arrondissement,
tra la rue du Moulin Vert e la rue d'Alésia, tra
lo studio di Alberto Giacometti e il ristorante verso il
quale Henri e lui correvano a ripararsi dalla pioggia. Continuano
il gioco dei loro sguardi incrociati tra l'assenza, oggi,
di Alberto e la presenza di Henri. H. C.-B. non è
nell'immagine, ma è nell'immagine perché lui
è l'immagine. Non era che un giorno come un altro,
una pioggia comune, un angolo di strada banale, un passaggio
pedonale senza storia.
E' un istante, firmato amicizia. Accanto al suo amico,
il signore di campagna d'epoca romana Alberto il Magnifico,
Henri ha dovuto accelerare il passo come lui sotto la pioggia
battente e si sono trovati l'uno accanto all'altro nella
comunanza di quel mattino piovoso, come nella comunanza
delle loro vite.
Poi Henri ha fatto al volo quattro balzi da gatto, ha preso
la sua fedele Leica grigia colore del muro (sempre appesa
al suo collo, vicino al cuore) ed ha guardato. Ha guardato
lo sguardo di Alberto che guarda Henri. Tu puoi continuare
a piovere, pioggia. Assenza, dov'è la tua vittoria?
Claude Roy
Madrid, 1933
È più di mezzo secolo che sono abbagliato
dalla fotografia di Henri Cartier-Bresson. Quasi ogni sua
foto che conosco è un'esperienza visiva. Attraverso
il suo obiettivo, riesce a cogliere la frazione di secondo
in cui il soggetto è rivelato nel suo aspetto più
significante e nella sua forma più evocatrice. Beaumont
Newhall
Dietro
la Gare St-Lazare, Parigi, 1932
Raymond Queneau (in avanti) attraversa lo specchio con baldanza,
il suo tacco-suola non sfiora l'acqua. Mezzogiorno e venti
al grande orologio dell'hangar. La battaglia delle rotaie
sarà per un'altra volta, un'altra pioggia - sebbene
la scala sia già una barella e la tavola una salvezza.
Sulla spiaggia in primo piano (zoccolo della fotografia)
le striscie e i cerchi giocano fissamente a diventare un
monocolo, una parentesi.
In alto, la carriola è ancora di legno. La palizzata
ancora di piombo, come non se ne vedono più. Nel
manifesto, Braïlowsky ha da poco perso la B del suo
occhiello nero.
La sillaba SKY su fondo bianco: se René Magritte
la prendesse per dire CIELO? Il perdigiorno di spalle non
ha la Leica nella tasca, né ombra di discrete matite
o pennelli. Come una stretta al cuore, ascolta il battito
delle macchine a vapore, osserva un'altra scena dove lui
non c'è più. Pierre Alechinsky
Note biografiche
Henri Cartier-Bresson nasce
il 22 agosto 1908 a Chanteloup,
30 chilometri ad est di Parigi, da una famiglia benestante.
Si avvicina presto all'arte grazie all'influenza di suo
zio Luigi, artista affermato, che Cartier-Bresson considererà
come suo padre spirituale.
Frequenterà per un po' la pittura
seguendo le orme dello zio, ma dagli inizi degli anni trenta
sceglie di sposare la fotografia.
L'esperienza della pittura, l'influenza del surrelismo,
sono eredità importanti per comprendere l'approccio
fotografico di Henri Cartier-Bresson. Nel 1931, a soli 23
anni, ritornato in Francia dopo un anno in Costa
d'Avorio, Cartier-Bresson scopre la gioia
di fotografare, compra una Leica e parte per un viaggio
che lo porta nel sud della Francia,
in Spagna, in Italia
e in Messico.
La Leica con la sua maneggevolezza e la pellicola 24X36,
rappresenta il legame tra i poteri del cinema e quelli della
fotografia. Essa libera il
fotografo di una parte delle costrizioni di tempo e spazio
imposte dalle vecchie tecniche e permette di istaurare un
rapporto inedito con il visibile, un potenziale che Henri-Cartier-
Bresson non avrebbe potuto esprimere con la pittura.
Da allora in poi porterà la sua Leica con sé
in giro per il mondo, prendendo così definitivamente
le distanze dal proprio ambiente borghese, di cui non tollera
né il conformismo né le certezze preconfezionate.
Nel 1935, negli Stati Uniti,
inizia a lavorare per il cinema con Paul
Strand.
Il cinema lo interesserà lungamente: lavorerà
nella produzione di alcuni documentari di Jean
Renoir e ne firmerà lui stesso altri. Allo
scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Cartier-Bresson viene
catturato ed internato in un campo
di prigionia in Germania, dove riesce ad evadere
nel 1943 per tornare a Parigi in clandestinità, collaborando
con la Resistenza.
La fine della guerra, di cui documenta la liberazione di
Parigi, segna una svolta: non se la sente più di
tornare al disegno, alla pittura. Finita la guerra ritorna
al cinema e dirige il film Le Retour.
Negli anni 1946-47 è negli Stati Uniti, dove fotografa
soprattutto per Harper's Bazaar.
Nel 1947 al Museum of Modern Art di New York viene allestita,
a sua insaputa, una mostra "postuma"; si era infatti
diffusa la notizia che fosse morto durante la guerra. Nel
1947 insieme ai suoi amici Robert Capa, David "Chim"
Seymour, George Rodger e William Vandivert fonda la Magnum
Photos, la cooperativa di fotografi destinata a diventare
la più importante agenzia fotografica del mondo.
Di quel manipolo di "avventurieri
mossi da un'etica", come lui stesso ama definirli,
Cartier-Bresson è rimasto l'unico membro fondatore
in vita.
Dal 1948 al 1950 è in Estremo Oriente.
Nel 1952 pubblica Images à
la sauvette, una raccolta di sue foto - con copertina
di Matisse - che ha un' immediata e vastissima eco internazionale.
Nel 1955 viene inaugurata la sua prima grande retrospettiva,
che farà poi il giro del mondo, al Musée
des Arts Décoratifs di Parigi. Dopo una serie
di viaggi (Cuba, Messico, India e Giappone), dal 1966 si
dedica progressivamente sempre più al disegno.
Innumerevoli, in questi anni, i riconoscimenti ricevuti,
così come le esposizioni organizzate e le pubblicazioni
che, in tutto il mondo, hanno reso omaggio alla sua straordinaria
produzione di fotografo e di pittore.
Dal 1988, il Centre National de la Photographie di Parigi
ha istituito in suo onore il Gran
Premio Internazionale di Fotografia, intitolato proprio
a Henri Cartier-Bresson. Oltre ad essere universalmente
riconosciuto tra i più grandi
fotografi del secolo, Henri Cartier-Bresson ha avuto
un ruolo fondamentale nella teorizzazione dell'atto del
fotografare, tradotto tra l'altro nella celebre definizione
del "momento decisivo".
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