Teoria e pratica della fotografia con foro stenopeico su pellicola e in digitale

A cura di Gerardo Bonomo

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Altri pinhole

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Minimalismo assoluto: tre scatole di cartone che vanno a incastrarsi una nell'altra;
a sinistra si nota la striscia sagomata con i quattro possibili diaframmi/pinhole di lavoro.

Fin qui abbiamo parlato dei pinhole per l'utilizzo sulle reflex, sia a pellicola che digitali.
Ma l'arte e la filosofia del pinhole parte innanzitutto dall'impiego su fotocamere a pellicola di grande formato, di norma sempre autocostruite.
Qui le cose si fanno naturalmente ancora più complesse: l'inquadratura può avvenire solo a stima e affinata dopo lunga esperienza; dopo ogni scatto bisogna ricaricare la fotocamera, cambiando lo chassis porta pellicola in alcuni casi; aprendo la fotocamera in una changing bag per estrarre la pellicola piana appena esposta e inserire la nuova pellicola vergine in altri casi.
L'uso del treppiedi, che con le reflex in alcuni casi può essere considerato opzionale, complice la possibilità di lavorare ormai anche ad altissime sensibilità, con questi “banchi ottici” è di rigore; le cose, insomma, diventano molto più macchinose, le variabili si moltiplicano e le probabilità di catturare l'immagine desiderata molto remote.
Ma è proprio il bello di questo sistema, quindi una procedura complicata e rischiosa che solo in un mix di esperienza, virtuosismi e fortuna può portare al risultato desiderato.

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Un banco ottico-pinhole in cartone della Rollei: costa pochi Euro, si monta in meno di
mezz'ora e lavora naturalmente ed esclusivamente con pellicole piane che vanno caricate
manualmente al buio o in changing bag ad ogni scatto.

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Nuovamente riconfermata l'insospettabile risoluzione del pinhole, qui indubbiamente agevolata
anche dall'uso di una pellicola grande formato e a bassissima sensibilità. Macchina in cartone
e come obiettivo un piccolissimo “nulla”, perfettamente circolare.

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Una macchina a pellicola piana decisamente più raffinata è la Zero Image; a seconda del numero di telai
che vengono uniti tra loro è possibile ottenere, sulla pellicola piana 10x12cm le focali 25, 50 e 75mm.

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Una macrofotografia dei tre pinhole in dotazione alla Zero Image con le relative specifiche; i fori sono stati realizzati con un particolare laser.


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Un sistema simile ma con differenti risultati per ottenere immagini stenopeiche è lo zone plate: è un dispositivo utilizzato per focheggiare un'immagine; a differenza dei comuni obiettivi, lo zone plate usa la diffrazione invece che la rifrazione per focheggiare; ideato da Augustin Jean Fresnel, alle volte vengono chiamati Fresnel Zone Plate in suo onore; la capacità di messa a fuoco dello zone plate è un'estensione del fenomeno del punto di Arago, determinato dalla diffrazione generata da un disco opaco; uno zone plate è costituito da un insieme di anelli concentrici, conosciuti appunto come zone di Fresnel, sono alternativamente opachi e trasparenti; la luce che colpisce lo zone plate verrà diffratta attorno alle zone opache, le zone possono essere spaziate così che la luce diffratta interferisca col punto di messa a fuoco desiderato creando l'immagine.

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Scatto eseguito con la Zero Image alla focale 75mm
usando il Zone Plate 33 Zones f/44,7 sulla ormai compianta
pellicola Polaroid 55.

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Un confronto tra lo scatto eseguito con la Zero Image utilizzando il Pinhole e quello eseguito con lo Zone Plate
evidenzia le differenze interpretative dei due sistemi.

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Un confronto tra lo scatto eseguito
con la Zero Image, in alto,
e una Nikon D80 con
Nikkor AF-S DX 10-24mm f/3.5-4.5G ED
usato alla focale 12mm:
mica male il pinhole, come obiettivo,
visto che altro non è se non un buco,
quindi un "non materia"...!!!



Sul campo

Tralasciando le considerazioni e le istruzioni per la fotografia stenopeica su pellicola grande formato, focalizziamoci sui principali aspetti della ripresa utilizzando reflex a pellicola o digitale.
Partendo dalle reflex digitali indubbiamente modelli dell'ultima generazione come la Nikon D5000, o comunque le DSLR con LiveView, il primo vantaggio è dato dal fatto che in scene molto illuminate, attivando il LiveView, è possibile vedere abbastanza chiaramente l'immagine direttamente sul monitor della fotocamera, in live appunto, quindi prima di effettuare lo scatto.
Se è vero che adottando il digitale quello che non si riuscirebbe a vedere durante l'inquadratura lo si vede tranquillamente un istante dopo in play, permettendo così di valutare lo scatto appena eseguito ed eventualmente di rifarlo, con il sistema Live View indubbiamente si è facilitati fin dall'inizio, potendo appunto controllare l'inquadratura.

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Un accessorio molto valido per le inquadrature in LiveView attraverso il monitor è l'HoodLoupe che
permette di osservare il monitor al riparo dalla luce ambiente.

Ugualmente, in condizioni di luce elevate, è anche possibile “intuire” l'inquadratura attraverso l'oculare, se non è possibile discernere tutti i particolari, certamente sarà possibile inquadrare i punti più luminosi della scena e, alternando la visione diretta a quella a oculare si potrà facilmente comporre l'inquadratura.

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Qui gli oculari e i pentaprismi delle DSLR
FX giocano un ruolo fondamentale grazie alla maggiore luminosità e leggibilità rispetto agli oculari delle DX.

Dicevamo che impostando intorno ai 1600 ISO la sensibilità è possibile lavorare in scene illuminate con tempi di posa che possono arrivare anche a 1/15 o 1/30 di secondo; posto che il rumore di fondo “Noise” alle alte sensibilità è sempre più contenuto nei modelli di DSLR, con il pinhole non si va a spaccare il capello in quattro, e la leggera granulosità che si potrebbe avvertire a quelle alte sensibilità non fa certo male all'immagine.

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Il fatto di poter scattare alle alte sensibilità non significa che sia obbligatorio: usando un buon treppiedi è possibile lavorare anche alla sensibilità nativa della fotocamera, aggiungendo il vantaggio che, usando di giorno tempi di scatto comunque piuttosto lunghi, è possibile aggiungere all'oniricità del pinhole il fatto che qualsiasi oggetto in movimento risulterà mosso o non risulterà affatto, una non evidenza nell'immagine finale da tenere in grande evidenza.
Lavorando su treppiedi a questo punto si raccomandano le procedure di sempre quindi livella bolla, “scatto ritardato” impostato nel menu, e uso di un comando a distanza o dell'autoscatto, questo per annullare tutta una serie di variabili che dipendono da una procedura non corretta di scatto su treppiedi che porta alla fine invariabilmente a un micro o macro mosso non controllabile, non ripetibile e soprattutto non richiesto.
Anche se il pinhole produce immagini decisamente meno nette di un obiettivo, non significa che bisogna aggiungere alla sua tipica visione anche eventi di distorsione della realtà come appunto il micromosso involontario.

 
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