Hardware e software costituiscono un'accoppiata molto potente per dare alla macrofotografia una marcia in più. La qualità di un Micro-Nikkor, unita alla potenza dei programmi di elaborazione, permette un controllo molto elevato della nitidezza, arrivando ad estenderla oltre i limiti dovuti alle leggi della fisica ottica.

A cura di Guido Bartoli

» Introduzione: il problema della scarsa profondità di campo in macro » L'evoluzione delle tecniche: basculaggio, macrofotografia con luce laminare, fusione dei livelli con il digitale
» Fusione livelli con Adobe Photoshop™ » L'alternativa per la macrofotografia: Helicon Focus™
» Principio di funzionamento, leggi dell'ottica e postproduzione » La tecnica di ripresa a mano libera
» La tecnica di ripresa su cavalletto » Conclusioni

 

L'evoluzione delle tecniche: basculaggio, macrofotografia con luce laminare, fusione dei livelli con il digitale

Per focheggiare un piano inclinato le leggi dell'ottica mettono a disposizione la possibilità di eseguire un basculaggio, inclinando il piano dell'ottica rispetto a quello del fotogramma.
Meccanicamente ciò si è sempre ottenuto tramite i soffietti macro con basculaggio; oppure usando un obiettivo decentrabile e basculabile, come il PC-E Micro NIKKOR 45mm f/2.8D ED o il PC-E Micro NIKKOR 85mm f/2.8D, per un rapporto di ingrandimento fino a 1:2, oppure montati su tubi di prolunga o soffietto.

Questi due sistemi permettono di avere una messa a fuoco otticamente perfetta su un piano, direttamente in ripresa, senza ulteriore necessità di post-produzione.

Dall'eXperience di Gerardo Bonomo
PC Micro-Nikkor 85mm f/2.8D Tilt&Shift



Gli obiettivi decentrabili e basculabili, come il PC-E Micro NIKKOR 45mm f/2.8D ED e il PC-E Micro NIKKOR 85mm f/2.8D, permettono di ottenere grandi risultati in macrofotografia quando è richiesto mettere a fuoco un soggetto particolarmente esteso lungo un piano. Per approfondimenti si veda l'eXperience di Gerardo Bonomo.

Per ottenere una nitidezza elevata con oggetti tridimensionali in passato si fece ricorso a uno stratagemma: illuminare il soggetto con una lama di luce molto intensa, da qui il nome di luce laminare.
Il principio è ingegnoso, la realizzazione molto complessa e richiede una strumentazione molto precisa unita a una notevole capacità tecnica: una lama di luce avvolge il soggetto e viene fatta scorrere dall'inizio alla fine della sua estensione durante il tempo di posa oppure, in alternativa, è il soggetto che viene posto su un supporto mobile e scorre attraverso la luce laminare.
Il movimento deve essere micrometrico e molto preciso; lo studio deve essere buio per evitare luci parassite che darebbero vita a uno sfocato a causa dell'otturatore aperto per tempi lunghi.
Tutto ciò è appannaggio di un laboratorio per fotografia scientifica, difficilmente alla portata del fotografo, anche professionista.

La fotografia digitale ci viene in aiuto grazie alla possibilità di fondere assieme immagini diverse, per ottenere un'immagine finale che sia il prodotto delle parti migliori di ognuna.
Analogamente alle tecniche Stitch, HDR o Jumbo MBS, esiste anche la possibilità di fondere assieme immagini con diverse parti a fuoco.

Lo scopo è quello di prendere da ogni immagine la zona più nitida e costruire un insieme coerente e di elevata qualità.

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Immagine eseguita tramite la fusione di 17 NEF utilizzando il software Helicon Focus™.
Le singole immagini sono state eseguite con AF-S VR Micro-Nikkor 105mm f/2.8 G IF-ED su D700; f/8, T 1/500s, ISO 200.
Il dettaglio è estremamente elevato su tutto il fiore e i boccioli, nonostante la breve distanza di scatto.

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Da questi particolari è evidente il contrasto fra l’elevata nitidezza sul fiore e i boccioli, mentre il fondo è totalmente sfocato.
I 14 bit del NEF permettono di salvare tutti i dettagli delle zone chiare e scure, anche con la ripresa in controluce
(nessun pannello di schiarita è stato usato).

La fusione dei livelli di un gran numero di scatti è impresa non facile, solo gli attuali computer ci permettono di portarla a termine con successo. L'informazione contenuta in un NEF a 14 bit o anche in un JPEG è tale che l'applicazione di un algoritmo per l'unione di una serie immagini richieda una potenza di calcolo elevata.
Si tratta infatti di esaminare tutte le immagini, magari 10 o 20 da 12 megapixel o più, prendendo via via gruppi di pixel limitrofi (matrici variabili da 3x3 a 16x16), calcolare il livello di nitidezza dato dalla messa a fuoco, scegliere per ogni zona dell'immagine finale la parte di ogni immagine singola da utilizzare, creare le maschere di livello, unire le immagini. Il tutto preservando la tonalità e sfumando progressivamente verso le zone meno nitide.
Solo delle vere e proprie “macchine da guerra” come Photoshop™, o software dedicati come Helicon Focus™, possono portare a termine l'impresa.
D'altro canto solo obiettivi del calibro dei Micro-Nikkor possono fornire la quantità di informazione e nitidezza necessarie per un risultato di qualità.

I due programmi citati usano metodi diversi e danno risultati diversi a seconda delle situazioni di ripresa.

 

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