Bruno Tamiozzo
In India
Nel 2011 grazie al contatto preso con il fondatore - Thomas Myladoor - di un’associazione chiamata Mother & Child Foundation, ho avuto la possibilità di partire per l’India, luogo in cui mai avevo messo piede fino ad allora. La mia idea e il mio progetto erano di documentare fotograficamente la vita dei circa duecento bambini residenti in questa struttura e di mettere alla luce le difficoltà organizzative ed economiche nel gestire una tale impresa. Iniziai a seguire le diverse attività della fondazione, ma soprattutto il mio occhio si fermò a osservare la vita quotidiana di tutto il personale presente nella struttura, dalle ragazze madri, accolte con il proprio bambino a causa di mariti violenti o che le avevano abbandonate, ai giochi semplici di ragazzi che non mostravano assolutamente l’idea dell’abbandono ma quella di una vita serena e felice insieme ad altri compagni di sventura.
Alcune ragazze, cresciute all'interno della struttura ed oramai diplomate, tornano di tanto in tanto per assistere alcuni bambini più bisognosi.
© Bruno Tamiozzo
Ho avuto modo di giocare, mangiare, dormire e festeggiare compleanni insieme a loro, integrandomi completamente e rappresentandomi come uno di loro, ascoltando le loro storie e raccontando la mia, una vita molto lontana dalle loro, ma poi in effetti estremamente simile e vicina. Forse proprio questo essere così vicini mi ha dato la possibilità di documentare aspetti che forse in altri modi non avrei potuto raccontare. Nel vivere a stretto contatto con tale realtà, dalla quale per altro io arrivo, essendo stato adottato all’età di cinque anni, ho avuto modo di conoscere altri aspetti di un paese tanto grande quanto l’India e in particolar modo dello stato del Kerala, punta estrema a sud della nazione. Il Kerala porta con sé una storia antichissima, fatta di colonizzatori e viaggiatori spagnoli, olandesi, cinesi, inglesi.
Ritratto di una bambina sulle scale di un orfanotrofio presso Fort Kochi (Kerala)
© Bruno Tamiozzo
Naturalmente, però, questo stato ha conservato e cerca, a volte con molta fatica, di conservare le proprie origini e le proprie tradizioni, sociali e culturali. Basti pensare ad arti quali il Kalarypayattu, una forma di arti marziali da cui prende origine il più conosciuto Kung Fu, oppure il Kathakali, una delle forme di danza e teatro più antiche al mondo e che si pratica solamente nello stato del Kerala.
Durante questo mio peregrinare, ho avuto la possibilità di conoscere tutti questi aspetti, a me prima ignoti, di realtà sociali, che mai mi sarei immaginato. Tutto ciò, mi diede l’idea di conoscere meglio questo paese e con l’acquisto di una moto, iniziai a viaggiare in lungo in largo, fermandomi in luoghi in cui il mio occhio e il mio cuore chiedevano di fermarsi per documentare attimi di vita quotidiana.
Un elefante con il suo ammaestratore, percorre uno dei corridoi principali del Tempio "Arulmigu Ramanatha",
nella città di Rameshwaram (Tamil Nadu).
© Bruno Tamiozzo
Così nasce Colors of India, un insieme di scatti e di appunti che documentano in modo molto semplice e diretto il viaggio intrapreso e l’aspetto socio-culturale di quel vasto territorio. Colors of India rappresenta non solo i colori, intesi come variazione tonale della luce su un determinato oggetto, ma piuttosto quella gradazione di realtà umane in ambienti simili ma distanti tra loro. Questo reportage, o storia fotografica, prese piede pian piano, mentre insieme alla moto percorrevo circa 200 km al giorno. Il primo anno in cui comprai un mezzo per spostarmi, 2012, attraversai l’India in linea “retta”, il modo più veloce per raggiungere Nuova Delhi, luogo in cui mi aspettava il photoeditor di un’importante agenzia fotografica internazionale.
Una bambina, all'interno del forte che custodisce il Taj Mahal, si ferma e si volta in attesa dei genitori più distanti.
© Bruno Tamiozzo
Durante questo percorso ho potuto osservare e fotografare cose e situazioni di vita completamente differenti da quelle a cui oramai ero abituato ad assistere nel piccolo paesino del Kerala in cui risiedevo, come tramonti e albe, ritratti di lavoratori che ricordavano ancora, nonostante gli anni passati, i personaggi nelle foto di Henri Cartier-Bresson. Ho avuto la possibilità di costatare l’esistenza e la difficoltà delle caste più povere nel portare avanti la propria esistenza, ho incontrato persone di una cultura che mi ha lasciato spiazzato con domande a cui non sarei mai stato in grado di rispondere, persone a cui il mondo ha tolto tutto, ma ciò nonostante, ha dato anche un’esistenza serena e consapevole.
Un Sadhu, pratica riti ed abluzioni nel fiume Gange, durante le prime ore del mattino.
© Bruno Tamiozzo
Il lungo viaggio verso Delhi, però, non è stato l’unico. Questo aveva un valore più lavorativo, il mio intento, infatti, era quello di poter trovare una dimensione professionale più stabile, cosa che poi in realtà non si è realizzata. L’anno seguente, nel 2013, comprai un’altra moto, in quanto la prima oramai era stata venduta per i diversi problemi tecnici riportati durante il viaggio. Questa volta però, mi organizzai diversamente, allestendo il veicolo con soluzioni e migliorie che mi avrebbero assistito durante un percorso molto più lungo. Il nuovo viaggio lo feci espressamente per una ricerca fotografica e forse anche interiore; partito sempre dallo stato in cui risiedevo, passai per Tamil Nadu (lo stato opposto al Kerala, che si affaccia sul Golfo del Bengala) e man mano risalii l’India lungo tutta la costa fino a raggiungere Calcutta. Una città ricca, ma nello stesso tempo estremamente povera, in cui milioni e milioni di anime, appartenenti a società diverse, si intrecciano ogni giorno. Una città di scambi e brulicante di vita come mai ho visto se non nella megalopoli di Mumbai.
Di fronte al Taj Mahal, sulle sponde "Vietate" del fiume Yamuna, uno dei fiumi più inquinati al mondo, nella città di Agra, nello stato
dell'Uttar Pradesh, risiede, all'interno di piccole case e baracche, la parte emarginata o più povera della popolazione.
Qui un bambino, posa, con le mani strette sulla rete metallica, che isola la parte "ricca", dalla parte povera della città.
© Bruno Tamiozzo
Da qui percorsi la via verso Agra, nello stato dell’Uttar Pradesh, passando per Varanasi, un posto incredibile, un luogo in cui, anche se come me non si è credenti e non si passano le domeniche in chiesa, percepisci un qualcosa di esoterico, di trascendentale, di magico, un qualcosa che ti lascia per ore, come è successo anche a me, seduto su un Ghat, la scalinata che prosegue fino al sacro Gange seduto in attesa di non saprei dire cosa. In alcuni momenti era difficile scattare, perché avevo paura di perdere delle sensazioni uniche per impegnarmi a osservare quel momento attraverso l’oculare della mia macchina fotografica.
Un gruppo di Aghori, sulle sponde del fiume Gange, nella città di Varanasi, si prepara per un rito Sadhu.
© Bruno Tamiozzo
In questo posto ho conosciuto persone molto interessanti, come un Sadhu (induista asceta) che alle 5 del mattino, dopo essersi immerso nel fiume sacro, si è seduto vicino a me e con il quale ho passato ore a parlare. Un’esperienza unica e irripetibile. Molte ore le ho passate anche con gli Aghori, anche loro Sadhu, ma di una setta più estrema e legata a riti da noi spesso incompresi, come quello di consumare la carne in decomposizione o bere da teschi umani, solo per citarne alcuni. Dopo aver passato diversi giorni in questo luogo del tutto legato allo spirito, il mio viaggio è continuato verso il Ladakh, una regione che si trova all’estremo nord dell’India, vicino il Kashmir. Purtroppo dovetti rinunciare per via delle condizioni meteo estreme a cui non ero preparato e per via del fatto che le vie di comunicazione, i passi, spesso delle vie molto strette e non asfaltate, erano chiuse a causa della neve.
Così tornai giù, passando per uno degli stati più belli e forse anche fotografati dell’India, il Rajasthan.
Alcuni Sadhu, camminano lungo i Ghats di Varanasi, in preparazione del "Maha Kumbh Mela", evento che si ripete ogni 12 anni, ed in cui,
solo nel 2013, hanno partecipato circa 100 milioni di persone.
© Bruno Tamiozzo
Mi fermai in diverse città, come Jaipur, Jaisalmer, Ajmer e Jodhpur, per citarne alcuni, e in ognuno di queste ebbi la “sfortuna” di incontrare, fotograficamente parlando, il lavoro di Steve McCurry, grande e assiduo frequentatore di questi luoghi. La sfortuna è data dal fatto che ogni scena percepita in questi luoghi era già stata fotografata ampliamente da McCurry e pubblicata su qualsiasi rivista o magazine internazionale. Fortunatamente la vita vuole che gli esseri umani non siano tutti uguali, pertanto ognuno ha una propria sensibilità nel vedere e catturare ciò che gli si propone davanti.
Un uomo si lascia ritrarre mentre prepara il suo "Chillum" nella città di Pushkar (Rajasthan).
© Bruno Tamiozzo
Dopo aver scattato in questo luogo, famoso per i suoi colori, spesso contrastanti, ripartii verso il Gujarat, per realizzare un lavoro sul recupero delle Navi, oramai dismesse, sulle spiagge di Alang, un posto che ha dell’incredibile. In questo luogo, infatti, vengono portati molti scafi, non più naviganti, per essere demoliti a cielo aperto. Si può ben capire, quale possa essere il risultato di tale operazione.
Inquinamento in primo luogo, a cui Greenpeace ha dedicato molto tempo e che non mi ha permesso di scattare in quanto il luogo è stato quasi del tutto bandito a fotografi, giornalisti e video operatori, se non previa e lunghissima trafila di autorizzazioni. Non avendo avuto la possibilità di scattare, in quanto molto lontano dall’area (anche perché la mia attrezzatura fotografica conta solamente di due lenti, un 28mm e un 50mm), ho ripreso il viaggio e raggiunto dopo alcuni giorni, un altro luogo storico ed estremamente caro agli Induisti.
La vita si rimette in moto alle prime ore del giorno, nei vicoli della città di Calcutta.
© Bruno Tamiozzo
Hampi è un antico villaggio, oramai quasi del tutto abbandonato, se non per qualche piccolo posto in cui dormire, adibito per i turisti che frequentano il luogo. Nel suo complesso vi sono decine e decine di templi, sparsi su un’area immensa che è possibile ammirare da alcune colline rocciose poco distanti.
Anche qui l’aria che si respira è di devozione e rispetto, alcuni canali e fiumi vengono, soprattutto nelle giornate festive, presi da assalto da famiglie induiste, che giungono da molto lontano, solamente per bagnarsi nelle acque ritenute sacre. Solamente chiudendo gli occhi posso rivedere e rivivere quei momenti in cui un tramonto su di un fiume mi ha lasciato a bocca aperta e allo stesso modo chiudendo gli occhi posso sentire il profumo di grasso e le mani unte di olio durante una delle riparazioni della mia moto.
Una donna, riposa, sdraiata a terra, durante un festival locale nella cittadina di Thodupuzha, nello stato del Kerala.
Questi festival, spesso iniziano nelle ore notturne, e si prolungano fino alle prime ore del mattino.
© Bruno Tamiozzo
Queste sensazioni possono esser vissute ovunque, in ogni istante, sta solamente a noi saperle comprendere, renderle vive dentro il nostro animo e lasciarle libere di volare nei nostri sguardi. Non esiste posto però in cui tu possa ritrovare te stesso che non sia già presente dentro di te. Il mio consiglio è di non girare troppo se vuoi ritrovarti, ma rimani dove sei e leggi, scava e ragiona su ciò che sei e ciò che hai attorno, perché solamente così potrai valutare effettivamente la tua vita.
Io per mia indole non mi fermo, forse perché ancora non ho tempo di fermarmi o semplicemente perché non ho voglia di fermarmi per scavar dentro me. La fotografia è la mia medicina, mi aiuta a capire a riflettere su ciò che sono, dove ero e dove andrò, mi rende libero in un mondo fatto di troppi legami, costrizioni, routine quotidiane, che non sono il pane della mia vita, ma solamente un ostacolo alla mia libertà di espressione e descrizione del mondo che vivo.