Ricordo esattamente il giorno in cui è nato in me un interesse per la fotografia: era Agosto 2000, a quel tempo ero studente all'Accademia di Belle Arti di Napoli, e su un quotidiano lessi per caso un articolo riguardante il libro "Corso di Fotografia" scritto da Robert Caputo, venduto in allegato al numero corrente del National Geographic. Onestamente non ero interessato alla fotografia, ero solo in cerca di immagini da cui prendere spunto per i miei studi artistici, poi però tutto è andato diversamente. La mia passione per la fotografia è nata nel momento in cui ho iniziato a leggere in quel libro le biografie e guardare le foto di David Alan Harvey, James Stanfield, Jodi Cobb e William Albert Allard. Erano storie di vite vissute intensamente, alla ricerca di piccole realtà culturali cui dar voce, di eventi di cronaca da umanizzare, di storie passate da far rivivere, tutto attraverso le loro immagini; soprattutto era un modo totalmente diverso di creare immagini da quello cui ero stato abituato come studente.
Coogee Beach, primo mattino, pescatore travolto di primo mattino da un'onda imprevista,
evento non proprio inusuale sulle coste australiane
© Paolo Evangelista
All'inizio ho cominciato a fare pratica con la Pentax reflex di mio padre, che ancora conservo, e il mio interesse era semplicemente di creare immagini che potessero essere graficamente interessanti e piacevoli, non andando oltre il lato estetico delle foto. Non disprezzo quel mio primo approccio, mi è stato molto utile nello sviluppo del senso compositivo dell'uso della luce e mi ha permesso di scoprire luoghi e reso più consapevole della realtà in cui vivevo. La mia vita da studente però non mi permetteva di affrontare regolarmente le spese per rullini e sviluppi, e così la fotografia è stata per un po' una sorta di hobby che andava e veniva a intermittenza.
Il mio approccio verso la fotografia è cambiato un po' come conseguenza degli studi di antropologia che ho intrapreso qualche anno dopo e dell'acquisto di una macchina fotografica digitale. Attraverso i libri ho scoperto popoli e luoghi lontani, non solo geograficamente ma soprattutto culturalmente, modi e stili di vita totalmente diversi da quello in cui ero cresciuto ed ero abituato, ma altrettanto validi e degni di rispetto. Ho capito che dietro ogni persona, ogni paesaggio, edificio, c'è una storia da poter raccontare, e la consapevolezza di questa storia avrebbe anche aiutato il mio modo di fotografare.
Zanzibar, due sorelle, Tuma e Suaiba, attendono i festeggiamenti dell'Id Al-Fitr,
una delle più importanti celebrazioni islamiche a conclusione del Ramadan
© Paolo Evangelista
Sette anni dopo l'acquisto di quel libro e finiti i miei studi ho deciso di partire e "toccare con mano" ciò che attraverso libri e fotografie mi affascinava tanto. L'essere vissuto più di due anni in Australia e qualche mese in Zanzibar mi ha aiutato a riconsiderare l'idea di originalità culturale o purezza culturale di cui a volte si sente parlare; sono due Paesi caratteristici per la convivenza pacifica di etnie e culture diverse e per l'interazione i quotidiana tra queste. In Australia, e in particolare a Sydney, coesistono comunità provenienti da diversi angoli del mondo, mentre a Zanzibar c'è un affascinante mix di cultura africana, indiana e araba, come conseguenza delle varie conquiste e relazioni commerciali avvenute durante gli ultimi secoli. Ovviamente la mia esperienza in questi Paesi ha influenzato il mio modo di fotografare: ciò che più m'interessa ora è la quotidianità, l'andare alla ricerca di tutti quegli elementi che possano essere caratteristici di un Paese, che possano raccontare la storia del luogo, che possano mettere in evidenza l'interazione di diverse culture all'interno della stessa comunità. In pratica ciò che mi attira è l'andare oltre gli stereotipi che si hanno nei confronti di un luogo o di una cultura, e mostrare che dietro Paesi considerati "paradisi estivi", o temuti per le tensioni politiche, o conosciuti solo per costumi tradizionali, ci sono delle realtà concrete, fatte di persone che vivono il loro quotidiano così come ogni altro luogo del mondo.
Zanzibar, due amiche mostrano, con un po' di timidezza, le braccia e mani dipinte con henna,
pratica esclusivamente femminile caratteristica della cultura swahili in occasione
di festeggiamenti e celebrazioni
© Paolo Evangelista
Ovviamente la fotografia, così come ogni altra forma artistica, ha dei risvolti molto personali, e per quanto mi riguarda è grazie alla fotografia che riesco a volte ad andare oltre una naturale timidezza e a conoscere persone o realtà di cui altrimenti conoscere qualche piccola cosa solo per "sentito dire". Come ho scritto all'inizio, ho avuto e continuo ad avere vari fotografi da cui prendo ispirazione, per un motivo o per un altro, ma i primi nomi di un'eventuale lista potrebbero essere David Alan Harvey, Pablo Corral Vega e Steve McCurry. Di McCurry apprezzo molto il senso della composizione e l'uso della luce; di Harvey ho colto l'importanza di valorizzare semplici atti e situazioni quotidiane, quelli che a un occhio non attento potrebbero essere irrilevanti ma che in realtà possono essere significativi di un luogo o cultura; mentre Corral Vega è a mio parere un maestro nel fotografare i sentimenti, nell'andare al di là degli stereotipi e mostrare la vera natura di ciò che fotografa, come ha fatto magistralmente nel suo lavoro sul Tango.
Sydney, jogging mattutino prima del lavoro nei dintorni dell'Opera House.
La vita all'aria aperta e la cultura dello sport è uno stile di vita per gli australiani
© Paolo Evangelista
Per quanto riguarda il mio modo di fotografare, preferisco viaggiare leggero. Uso un solo corpo macchina e due obiettivi zoom che non vanno oltre il 70mm, questo per vari motivi: uno è che preferisco essere vicino al soggetto e se possibile essere partecipe di ciò che sta accadendo. Molte delle mie foto sono il risultato di tempo trascorso con il soggetto, spesso chiacchierando o scherzando insieme. Approcciare persone non è una cosa facile, spesso per timidezza o per difficoltà di linguaggio, ma è per me è molto importante il modo in cui ci si pone di fronte alle altre persone, e poi ho notato che di solito le persone hanno lo stesso livello di curiosità nei miei confronti e per il mio Paese d'origine di quanto io ne abbia per loro, quindi non è raro che mi ritrovi a rispondere a più domande di quante ne faccia, e questo poi crea un buon rapporto di fiducia. Se avessi provato in alcune situazioni a fare foto di nascosto o da lontano forse avrebbe prodotto una sorta di diffidenza nei miei confronti e sarei stato frainteso.
Surfisti in Coogee Beach alla fine di un pomeriggio
considerato come uno dei peggiori dell'anno dal punto di vista delle correnti
© Paolo Evangelista
Da un punto di vista più tecnico, potrei dire che l'uso di focali corte mi dà la possibilità di mettere in risalto ciò che preferisco in una foto dal punto di vista estetico, ossia dare importanza alla prospettiva, profondità e in generale rendere la foto tridimensionale. Rendendo la foto tridimensionale si dà la sensazione di essere quasi all'interno della foto, o comunque partecipe al contesto, e a volte un occhio attento può immaginare quale sia stata l'esperienza del fotografo in quel momento.
Per fare ciò mi è molto utile osservare il soggetto non solo in quanto tale, ma in quanto insieme di linee, forme, luci e colori, in modo da rendere la foto meno statica, e in generale di riuscire ad avere elementi nella foto disposti su più livelli di profondità. Mi colpì, una volta, uno scritto del fotografo Sam Abell, in cui diceva che per dare efficacia a una foto, questa deve essere complessa, nel senso che una singola immagine deve essere l'insieme e deve racchiudere due o anche tre situazioni disposte su più livelli, e che in qualche modo siano collegate l'una all'altra. È un buon consiglio, ma penso sia davvero difficile da ottenere, e la strada, almeno la mia, è ancora lunga per arrivare a ciò. Infine mi piace molto mostrare l'ambiente in cui il soggetto vive; un ritratto in primo piano è interessante, ma se riesco a contestualizzare la persona tutto ha più senso e la foto riesce a dare molte più informazioni.
Un uomo completamente estraneato dall'affollamento e lo stress
che caratterizza il centro di Sydney durante le ore di punta
© Paolo Evangelista
Come ho già scritto, la fotografia in quanto espressione artistica, è un fatto molto personale, rispecchia molto la personalità del fotografo. Non pretendo che il mio modo di fare foto venga condiviso o apprezzato da tutti, è il risultato delle mie esperienze che mi hanno portato ad avere una mia visione, ma non disprezzo altri tipi di fotografia o di approccio al soggetto, fortunatamente tutti abbiamo storie da dire, e noi tutti le raccontiamo in modo diverso.
Giochi di luce su orchidee durante l'annuale fiera delle orchidee del Royal Botanic Garden di Sydney
© Paolo Evangelista
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