La leggenda del fotografo naturalistico rimanda a preparazioni accuratissime, appostamenti senza fine, camufammenti eventuali, di certo focali lunghissime per assicurarsi incontri ravvicinati con il lato selvaggio delle cose. Qual è la realtà? Ne parliamo con un giovane fotografo torinese – Alessandro Bee - che ha scelto di applicare alla natura il suo sguardo in maniera privilegiata e ha già raccolto significativi riiconoscimenti, come il 1˚premio nella categoria The World in Our Hands e il 2˚ premio nella categoria Composition and Form al concorso internazionale BBC Wildlife Photographer of the Year del 2005.
© Alessandro Bee - Deserto Namib - foto aerea
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Qual è la tua idea di fotografia?
La componente secondo me più importante nella fotografia, naturalistica e non, è la fantasia. È uno degli aspetti più belli di questo mestiere. Nel mio approccio fotografico mi piace rifarmi all'etimologia stessa della parola fotografia, quello scrivere con la luce che ben sintetizza quello che secondo me è il lavoro di un fotografo. Con le sue fotografie e la sua fantasia il fotografo ha la possibilità di scrivere davvero una storia, fatta non di parole ma di immagini, una storia in cui il proprio lettore/osservatore vede rappresentata l'interazione di forme e colori, luci e movimento, che si intersecano tra loro e si amalgamano nella mente del fotografo attraverso la sua fantasia.
Ti lasci libero di "trovare" le immagini o ti capita anche di immaginarle/costruirle?
Alcune volte mi capita di pensare a come vorrei scattare una determinata immagine, magari anche prima di partire per un viaggio, per cercare poi di realizzarla una volta sul campo. Altre volte invece sono ovviamente la natura e l'ispirazione del momento a guidarmi. Mi interessa certo cogliere e documentare anche i comportamenti dei soggetti che fotografo, ma in generale ricerco soprattutto immagini astratte, spesso con forme poco definite. Nelle mie immagini ricerco un approccio estetico alla natura, piuttosto che documentaristico. Mi piace molto cercare di catturare il movimento e l'azione, soprattutto in immagini astratte, spesso più simili a disegni che a foto convenzionali.
Perché?
Forse questo è dovuto a una sorta di imprinting da bambino. Uno dei motivi per cui ho iniziato a fotografare è stato il fatto che non ero capace, e non lo sono tuttora, di disegnare e di riportare su carta quello che vedevo e che mi affascinava del mondo circostante. La macchina fotografica e la fotografia in generale sono state per me, fin da piccolo, un modo per rappresentare con la fantasia quello che vedevo intorno a me e che non riuscivo a rappresentare con la matita. Amo molto le pitture rupestri, quelle vere e proprie pinacoteche a cielo aperto che contengono immagini di animali tratteggiate con linee essenziali, ma altamente evocative del carattere e dell'anima dei soggetti rappresentati.
© Alessandro Bee - Gorilla di montagna (Virunga - Rwanda)
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La natura è il tuo campo sconfinato, che richiede un grande investimento in termine di tempo e strumenti. Tu come ti regoli?
L'anno scorso ho passato una decina di giorni nel parco del Masai Mara, in Kenya, per fotografare la migrazione degli gnu. Uno dei momenti più emozionanti, e sicuramente utili come documentazione, è quello in cui i coccodrilli attaccano gli gnu durante la traversata del fiume. Queste sono foto che devono essere fatte anche perché utili per corredare un reportage. Ho aspettato sulle sponde del fiume alcune giorni per poterle realizzare. Ma le foto che ho sentito più mie, quelle a cui sono più affezionato, sono state invece proprio quelle in cui ho fotografato gli gnu in momenti più normali, dove ho cercato di cogliere il senso di energia e movimento degli gnu in foto astratte.
© Alessandro Bee
BBC 2005 Runner-up - Categoria Composition and Form
(avvoltoio-Serengeti-Tanzania)
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E i tuoi strumenti? Che attrezzatura usi?
La mia attrezzatura fotografica è costituita da due corpi macchina Nikon analogici e due digitali, e obiettivi che vanno dal 18 al 400 mm. Durante i reportage utilizzo molto il Nikon 80-200 f 2.8, per la sua versatilità e per la possibilità di scattare anche all'alba e al tramonto, occasioni in cui spesso gli animali sono più attivi, oltre che essere naturalmente i momenti migliori per la luce. In generale ultimamente tendo a utilizzare l'analogico per i paesaggi, mentre per il resto uso il digitale. Durante i miei reportage utilizzo anche due hard-disk portatili con visualizzatore per scaricare le immagini scattate. In generale posso dire che mi piace molto il digitale, in quanto trovo che offra una grande possibilità creativa, potendo rivedere immediatamente un'immagine e scattare a costo zero. Questo secondo me è importante in quanto, scattando molto durante i miei viaggi, dovevo naturalmente tener conto del budget e quindi tendevo a scattare un minor numero di immagini che avevano un grosso margine di errore, come quelle di animali in movimento. Ora col digitale sento di avere maggiore libertà in questo senso e posso dare veramente sfogo alla mia fantasia, cercando immagini diverse che magari anche prima avevo in mente ma che tendevo a fare di meno proprio per ragioni di budget.
Ti esprimi a colori…
Scatto quasi esclusivamente a colori. Mi piace nelle mie fotografie cercare di cogliere gli accostamenti cromatici che la natura propone, di individuare forme e geometrie in cui luci, colori e ombre si fondono per creare immagini astratte. Tra i paesaggi amo molto il deserto per l'enorme possibilità creativa che offre a un fotografo, con le sue dune che cambiano forma continuamente e le luci e le ombre che all'alba e al tramonto disegnano la sabbia.
© Alessandro Bee - Fenicotteri (Nakuru - Kenya)
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Cosa cerchi, in fondo, nelle tue immagini?
Di mostrare la bellezza della natura. Credo che le immagini abbiano in questo senso un grande potere. Possono catturare immediatamente l'attenzione e far riflettere chi osserva, suscitare considerazioni sulla fragilità del nostro pianeta così come evocare sentimenti di bellezza ed emozioni personali. Possono aiutare a comprendere l'importanza della salvaguardia di ecosistemi minacciati così come invitare a scoprire il fascino di culture lontane. Viviamo in un mondo in cui il potere delle immagini è ogni giorno maggiore. Lavorare come fotografo significa quindi avere anche una grande responsabilità ed essere consapevoli del potere delle immagini nel loro impatto sul pubblico.
© Alessandro Bee - Elefante (Etosha - Namibia)
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Come ti prepari prima di partire per un reportage?
Cerco di avere più informazioni possibili sui luoghi in cui devo recarmi, sia da un punto di vista naturalistico sia per informazioni pratiche sull'eventuale possibilità di ottenere permessi speciali, di visitare luoghi meno conosciuti, eccetera. Ma questo dipende dall'obiettivo del mio viaggio. In generale ho quindi un'idea di fondo e un itinerario che mi sono stabilito prima di partire, con la possibilità naturalmente di variarlo durante il viaggio.
Ti sposti molto o scegli un'area in particolare? E le ricognizioni?
Cerco spesso di passare più tempo in pochi luoghi piuttosto che cercare di veder di tutto un po'. Passare maggior tempo in un luogo significa infatti avere la possibilità di iniziare a conoscere il paesaggio, a farsi un'idea di dove e quando si possono incontrare gli animali e a ipotizzare così eventualmente inquadrature particolari che tengano conto anche delle caratteristiche del luogo. Gli elefanti per esempio vanno spesso ad abbeverarsi al tramonto, una buona conoscenza del luogo diventa quindi importante per aspettarli nella posizione migliore, con la luce giusta, con lo sfondo che si desidera.
Ti appoggi spesso a gente del luogo?
Naturalmente l'esperienza e la professionalità delle guide locali sono spesso elementi fondamentali per la realizzazione di un buon reportage e senza di loro non avrei potuto scattare molte delle mie immagini migliori, soprattutto in Africa. Durante i miei safari mi piace molto parlare con le mie guide e spiegare anche il perché chiedo di posizionare la jeep in un punto apparentemente più sfavorevole rispetto ad altri. L'interagire con le guide è secondo me fondamentale, non solo per instaurare un clima di stima e rispetto reciproco sul fuoristrada, ma anche perché è spesso gente altamente professionale con una perfetta conoscenza dei luoghi; questo ha fatto sì che molte volte, nel momento in cui si rendeva conto, parlando con me, delle mie specifiche esigenze di fotografo, la mia guida mi aiutasse proponendomi luoghi o situazioni a cui non potevo pensare di avere accesso.
© Alessandro Bee - Masai (Kenya)
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La tua formazione scientifica ti aiuta?
La conoscenza delle abitudini e dei comportamenti degli animali è un aspetto determinante nella fotografia naturalistica e in questo senso la mia formazione scientifica è un aiuto. Per esempio, nel Masai Mara, ho seguito per tre giorni un branco di leoni con i cuccioli per realizzare la foto di una leonessa con la cucciolata che veniva direttamente verso di me. Sapevo infatti che spesso durante gli spostamenti i leoni, soprattutto se hanno i cuccioli, camminano sulla strada sterrata, in quanto meno faticoso proprio per i cuccioli rispetto all'erba alta della savana intorno. Ora ho scelto questa foto per il manifesto di una mia mostra fotografica in un museo di scienze naturali.
Riconosci qualche modello di riferimento, nella fotografia naturalistica?
Sì, mi piacciono molto le immagini e i libri di Frans Lanting, Thomas Mangelsen, Steve Bloom e Art Wolfe. In particolare mi ha colpito molto un libro di quest'ultimo, Rhythms from the wild, un'antologia degli scatti astratti e di animali in azione catturati durante la sua carriera da questo grande fotografo. Spero un giorno di poter pubblicare anch'io un libro di fotografie di animali in movimento, in quanto mi affascina molto l'idea di catturare l'azione e l'energia in uno scatto.
Sei freelance o ti affidi a un'agenzia?
Al momento lavoro come freelance, anche se dopo i premi vinti al BBC Wildlife Photographer of the Year ho avuto alcuni contatti interessanti da agenzie internazionali. Credo che tra un po' mi affiderò a un'agenzia.
© Alessandro Bee - Goccia d'Acqua
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Stai lavorando a qualche progetto in particolare?
Quest'estate tornerò in Kenya per completare un mio progetto fotografico sull'Africa. Da qualche mese poi sto lavorando a un progetto completamente diverso, sulle gocce d'acqua. In passato non avevo quasi mai fatto foto macro, ora invece ho scoperto un mondo affascinante e mi sto divertendo molto a scattare immagini di gocce, riflessi e colori. Il set è il mio giardino e il lavandino della cucina! Con pochi petali di fiori e qualche goccia d'acqua mi piace l'idea di ricreare un mondo onirico e astratto, in cui dominano i colori e forme sempre nuove. Luci, colori e riflessi che si intersecano tra loro in un esercizio di fantasia.
Chi sono
Sono nato a Torino nel 1976. Dopo la laurea in Scienze naturali ho frequentato un master in divulgazione scientifica e ho iniziato a collaborare con alcune riviste del settore. Insegno scienze naturali nelle scuole superiori. Dal 1996 ho realizzato viaggi fotografici e reportages in Africa, Asia e Centro America e le mie immagini sono state esposte in mostre personali a Lecce, a Chieti e a Genova, in quest'ultima nell'ambito del Festival della Scienza. Le mie foto sono pubblicate come cartoline, calendari e altri prodotti dalla LEM edizioni e nel 2003 ho pubblicato il mio primo libro fotografico, intitolato "AFRICA Deserti e savane Deserts and savannahs". Nel 2005 ho vinto il 1˚premio nella categoria "The World in Our Hands" e il 2˚ premio nella categoria "Composition and Form" al concorso internazionale BBC Wildlife Photographer of the Year. Ho partecipato alla Fiera Internazionale del libro di Torino 2006 e ho svolto come docente diversi corsi di fotografia e di divulgazione scientifica. La mia mostra fotografica "Africa – Tra cielo e terra" verrà esposta in estate al Museo di Scienze naturali di Pordenone e verrà proposta in altre città all'estero.
www.alessandrobee.it
© Alessandro Bee
BBC 2005 Winner Categoria World in Our Hands (leopardo-zoo)
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