Il fotoreporter rischia di più. Per catturare le immagini deve andare là dove si trovano. Il fotoreporter indipendente, come era Raffaele Ciriello ucciso ieri a Ramallah, non condivide i rischi con nessuno. Non ha legami protettivi.
Fa pensare a un soldato di ventura. Ha un rapporto passeggero con chi gli compera le fotografie; e che di solito gliele compra a condizione che "dicano qualcosa". Al massimo ha un contratto effimero, il tempo necessario per un reportage. In gergo si dice un assignement. Ed è gia un privilegio. Non è facile far parlare una fotografia, far sì che dica qualcosa. Bisogna che il gesto, l'espressione, la scena inquadrata nell'obiettivo riassuma una situazione, e susciti le giuste reazioni: ripulsa, approvazione, pietà, disgusto, ammirazione, perplessità. Uno dei sentimenti che ci accompagnano nella vita.
Invidio i fotoreporter che riassumono in un'immagine una guerra, una rivoluzione, una crisi economica, una calamità naturale, un istante di felicità collettiva.
In questi casi la fotografia non equivale a un articolo, è un romanzo. Ma per captare quella immagine è necessario andare nel cuore dell'avvenimento.
Raffele Ciriello era uno di questi bravi soldati di ventura.
(Bernardo Valli, da "la Repubblica" del 14 marzo 2002)
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