Intervista 2


Richard I'Anson, Fotografare la varietà del mondo

a cura di Giulia Neccia


Richard I'Anson, fotografo australiano, è l'autore della Guida Lonely Planet alla fotografia di viaggio, pubblicata di recente dalla Lonely Planet Italia (pp. 376, euro 23,50). Di passaggio in Italia, Sguardi lo ha incontrato per fargli raccontare di persona il suo modo di fotografare quella che chiama la varietà del mondo. Per introdurre l'intervista, riproduciamo la nota che Antonio Politano ha scritto per l'edizione italiana del volume: «Viaggiare e fotografare possono dare felicità. Due passioni, che a volte si incrociano. Possono anche essere nemiche, perché a volte l'ansia di catturare immagini fa dimenticare di assaporare l'esperienza stessa di attraversare luoghi e accostare genti, culture. Possono convivere se il mirino non si sostituisce all'occhio. Questo libro è un campionario di consigli su tecniche e tattiche, uno sconfinato repertorio su situazioni potenziali, un insieme molto approfondito di informazioni che spaziano dai rudimenti di tecnica alle necessità dello specialista, dal fotografare con reflex digitali a filmare con smartphone e condividere sui social. Passando dai soggetti più classici – nature e architetture, feste e mercati – a un universo di soggetti meno ovvii e interessanti per restituire un'immagine complessiva del proprio passaggio. Con un linguaggio che cerca di raggiungere tutti, senza perdere la specificità del gergo.



Certo, bisogna sempre fare attenzione alle trappole della tipicità, del pittoresco; conquistare il proprio punto di vista; camminare attorno, fino ai margini di soggetti ed eventi; osservare, studiare ciò che accade, la luce; usare il più possibile la luce naturale, quella ambiente, combinandola magari con la luce artificiale; cogliere atmosfere, scene dalla vita di ogni giorno, alternando visioni d'insieme e inquadrature strette. Fotografando in viaggio si raccolgono scatti, la propria antologia di immagini. «Collezionare fotografie è collezionare il mondo», diceva Susan Sontag. La sfida, per il non addetto ai lavori o il professionista, è la stessa: non accumulare singoli scatti ma raccontare storie, attraverso un'immagine o l'articolazione di più fotografie (buone più che belle), un insieme di esperienze e ricordi, una narrazione aperta, un reportage. Certo bisogna sempre fare i conti con il tempo. E con la necessità della sintesi. In fondo, però, la fotografia è già momento, istante decisivo, congelato. Che fa stabilire con il mondo una relazione particolare e permette, a volte, di mantenerla».




India © Richard I'Anson

Cos'è per te la fotografia di viaggio?

Un bel po' di cose. È il mio lavoro, quindi devo trattarla come tale. Devo programmare le cose, fare ricerche e soprattutto, quando viaggio per fotografare, devo partire con un obiettivo preciso, per soddisfarlo. Su un altro livello, posso dire che sia diventata il mio stile di vita: è quello che ho sempre fatto, che amo fare e che, con tutta probabilità, continuerò a fare, quindi significa molto di più per me di un semplice lavoro.




Australia © Richard I'Anson

Come fotografo, come interagisci con l'ambiente e le persone che incontri?

Cerco, anzitutto, di non attirare troppo l'attenzione, che non è affatto facile specialmente se ho le macchine fotografiche con me. In ogni caso, chiedo quasi sempre il permesso per scattare, specialmente se sono vicino alle persone. La gente sa che sto scattando foto, specialmente se sto facendo ritratti. Nei festival o nei mercati, quando le persone sono occupate e, ovviamente, chiedere non è possibile, cerco di palesarmi, far sì che mi vedano con le mie macchine e capiscano che sono lì per scattare. A quel punto, se capisco o mi dicono che ne sono infastiditi, cerco di fare veloce e me ne vado.




Armenia © Richard I'Anson

Quindi ti mostri?

Sì ma non programmo di incontrare le persone, né cerco di organizzare le cose.


Per te è importante non cambiare l'ambiente in cui entri e modificarne la quotidianità?

Assolutamente sì. Non voglio in alcun modo interrompere la vita quotidiana, anche se di fatto lo sto facendo. Quindi, cerco di lavorare e scattare in modo abbastanza veloce: chiedo il permesso, loro me lo concedono, vado, scatto e sono a posto.




Bhutan © Richard I'Anson

Pensi che avere molto tempo a disposizione da spendere in un luogo sia necessario per creare un'empatia con il contesto che vuoi rappresentare?

Non per creare un'empatia. Penso che non si abbia mai abbastanza tempo per vedere e sviluppare ciò che si vuole. Capisco la domanda e so che questo è il modo in cui molti fotografi preferiscono lavorare, o hanno bisogno di lavorare. Ma io, in quanto fotografo di viaggio, non ho mai disposto del tempo necessario. Ad ogni modo, ho sempre sfruttato tutto quello a mia disposizione per ottenere gli scatti di cui avevo bisogno. È il mio metodo di lavoro e preferisco agire così. Non voglio passare una settimana in un piccolo villaggio, fino a conoscerne tutti gli abitanti, ma piuttosto un giorno, o mezza giornata, per poi spostarmi da qualche altra parte.




Iran © Richard I'Anson

In qualche modo prepari in anticipo il lavoro e parti sapendo già cosa incontrerai?

Sapendo in via generica. Ne ho un'idea, che riguarda specialmente il posto fisico. So di voler andare lì e do per certe alcune cose. So già che qualcosa incontrerà il mio interesse più di altro e sono quelli i soggetti che voglio fotografare.


Parlando di persone, che tipo di ritratto cerchi? Preferisci un ritratto ambientato o non ambientato?

Amo fare ritratti, specialmente quelli non ambientati, ma allo stesso modo amo i ritratti ambientati, nei quali viene utilizzato il contesto. Faccio entrambi, come fotografo di viaggio, dato che i soggetti sono tanti e diversi tra loro, e cerco di creare una varietà e di farla vedere attraverso le mie foto.




India © Richard I'Anson

Come scegli l'uno o l'altro tipo di ritratto?

Non scelgo, li faccio entrambi: per ogni foto buona ce ne sono una o due dietro non scelte. Lo faccio tutte le volte: cerco sempre il secondo scatto, anche se non sempre c'è.


Quindi dipende dalla situazione che incontri?

Sì. E dalla luce.


Che tipo di storie racconti? Qual è la chiave di un buon reportage? Cosa serve affinché la copertura di un reportage di viaggio sia buona?

Penso che per raccontare storie o rappresentare dei soggetti bisogna essenzialmente mostrare le differenze che abitano un posto. Torno al fatto che c'è un grande numero di soggetti da rappresentare in un unico luogo, che sia un piccolo villaggio, una grande città o un intero paese. Io racconto storie proprio mostrando quanta più varietà, diversificazione, nella geografia, così come nei soggetti, nei contenuti.




India © Richard I'Anson

Cerchi la copertura totale di un luogo, oppure cerchi dei "fili rossi", delle storie, per raccontarlo?

Per me la copertura è la storia. Non vado alla mera ricerca di storie. Dipende da come la si pensa: per esempio, se andassi in una piccola città, dove c'è un mercato, andrei al mercato, e lì scatterei una varietà di foto: primi piani, persone che lavorano, clienti che comprano cose, primi piani dei prodotti. Farei uno scatto che mostri tutto il mercato e poi due o tre elementi singoli che funzionano e attraggono. Ora, se si mettono questi elementi in una sequenza, questa può essere una storia, ed è questo ciò che faccio. Ma non cerco propriamente delle storie. Il mio interesse, come ho detto, è concentrato sulla diversità e nel cercare di rappresentarla. Ovviamente, tutto dipende da come si presenta il lavoro: se si trattasse di un libro di mercati, questa diventerebbe la storia di quel mercato; se si trattasse, invece, di un libro che parla di un paese in generale, allora essa sarebbe solo una parte di quella storia.




India © Richard I'Anson

Qual è il tuo rapporto con il pittoresco e con la foto tipo cartolina, cioè più bella che buona?

Buono, direi. Come fotografo commerciale di viaggio le foto tipo cartolina e tutte le foto classiche sono molto importanti per me: non importa se mi piacciano, o ti piacciano; continuano a vendere. Gli enti del turismo vogliono questo tipo di foto belle e perfette, da usare per vendere le loro destinazioni, o qualunque cosa intendano vendere. La mia sfida è di fotografare queste cose e, al contempo, riuscire a creare qualcosa di migliore, di più interessante sullo stesso soggetto; la mia foto perfetta, credo. Ma tutto dipende dalla luce. E dalla composizione.


Pensi che sia la luce a rendere una foto paesaggistica buona?

Ovviamente, comporre il paesaggio e avere un forte punto di vista è molto importante. Poi è la luce a fare la differenza.


Cosa fai per conquistare il punto di vista?

Qualsiasi cosa sia necessaria. Programmo sempre certe cose, come, ad esempio, fotografare un'alba: devi sapere esattamente quando il sole sorge e partire in tempo, se c'è da camminare, per essere lì prima.




South Georgia © Richard I'Anson

Pensi che viaggiare lontano sia necessario per fare un buon reportage?

Assolutamente no. Perché qualsiasi posto è degno di interesse, persino dove vivi. Molte persone dicono sia più facile scattare buone foto all'estero, mentre viaggiano, perché normalmente hanno un lavoro, quindi non hanno tempo, né spazio, per farlo a casa loro, in più, hanno un occhio ormai abituato al familiare. Quando viaggiano, invece, vedono cose nuove si sentono più stimolati e creativi. In fondo, però, penso che sia anche perché hanno più tempo, il più delle volte infatti il discorso vale per chi è in vacanza. In ogni caso, penso dipenda tutto dall'attitudine che si ha. Lo si può fare davvero anche a casa propria.


Cosa pensi delle didascalie? Sono importanti per te, per raccontare la storia che c'è dietro una foto, oppure si limitano a descrivere seccamente?

Credo che le foto non debbano aver bisogno di una descrizione: si dovrebbe presentare l'immagine così com'è al lettore, che poi è libero di stabilire o meno una connessione con essa e con il background che la caratterizza. Tuttavia, la descrizione può essere molto interessante per il fruitore, poiché fornisce il contesto della foto. Mi piace il fatto che tutte le mie foto abbiano una storia dietro, che sia una storia personale o la storia della fotografia stessa. Come e quando la foto è stata scattata, ad esempio, tutte cose che non si possono sapere solo guardandola. È interessante, sì, ma non necessaria. Se la descrizione diventa necessaria alla foto, allora la foto ha fallito.




South Georgia © Richard I'Anson

Ti è mai successo di aspettare o cercare una particolare situazione da immortalare e, quando ti si presenta, decidere di non farlo perché magari sopraffatto da essa, dalle emozioni che ti ha suscitato, o perché intenzionato a vivere quel momento, senza il filtro della macchina?

Assolutamente no. Vivo il momento mentre scatto. La sola ragione per cui potrei decidere di non scattare una particolare situazione è che essa mi si presenti diversa da come l'avevo immaginata o che avverta la mancanza di qualche elemento che ritenevo essenziale, non perché mi senta sopraffatto emotivamente.



Chi è

Richard I'Anson, fotografo indipendente, ha costruito una carriera sulla sua passione per viaggi, che va di pari passo con la fotografia. Negli ultimi 32 anni ha viaggiato in tutto il mondo, imbastendo una collezione sostanziale e avvincente di immagini di persone e luoghi - in più di 90 paesi su tutti i sette continenti - per clienti, progetti di libri e distribuzione come immagini di stock. Il lavoro di Richard viene pubblicato a livello mondiale su libri, riviste, giornali, opuscoli, calendari, poster, cartoline e siti web. In particolare, le sue immagini sono apparse su oltre 60 copertine e sulle pagine di oltre 500 guide e prodotti di stampa Lonely Planet. Richard ha pubblicato dodici libri, tra cui cinque edizioni del best seller Lonely Planet's Guide to Travel Photography.
richardianson.com


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