Risoluzione
Nel momento in cui ci troviamo ad utilizzare una macchina
fotografica digitale, per prima cosa dovremo imparare
a comprendere due aspetti molto importanti, quali
la RISOLUZIONE e la QUALITA’ che vorremo ottenere
dall’immagine stessa.
Schema sensore RGB |
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Schema reticolo pixel di cui
è composta l'immagine digitale
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Cos’è la RISOLUZIONE?
Un’immagine digitale è formata da pixel,
quadrati piccolissimi dove ciascuno "porta"
con se una parte delle informazioni relative all’immagine
acquisita.
A seconda del tipo di macchina fotografica digitale
che adopereremo, potremo scegliere la quantità
del numero dei pixel con i quali vogliamo "costruire"
la DIMENSIONE della nostra
immagine in relazione alle possibilità offerte
dal sensore.
Maggiore sarà il loro numero (pixel), e maggiore
sarà la quantità di informazioni che
potremo sfruttare per la sua stampa.
Se immaginiamo un rettangolo composto da tanti quadratini,
moltiplicando il numero dei pixel dei due lati che
formano le dimensioni otterremo la risoluzione complessiva
dell’immagine.
Ad esempio:
n. 2048x1536 = 3.145.728 di pixel
n. 3008x2000 = 6.016.000 di pixel
n. 3264x2448 = 7.990.272 di pixel
Il numero di pixel di cui è composta l’immagine
vincolerà le DIMENSIONI
DI STAMPA dal momento che, a seconda del suo
formato, andremo ad ingrandire sulla carta questi
pixel di cui è composta.
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Poiché il numero dei pixel
costituisce anche il "dettaglio"
dell’immagine, si comprende il motivo per cui
sia più conveniente impostare la macchina fotografica
alla MASSIMA RISOLUZIONE
disponibile per quel tipo di sensore. Il pixel è
l’unità minima gestibile dal computer
sul monitor.
A seconda del numero di pixel che il monitor o il
CCD della fotocamera digitale possono gestire, la
qualità dell’immagine risultante varia
in modo proporzionale: questo vuole dire che, se nello
stesso spazio (il monitor o il CCD) trovano posto
più pixel, la loro dimensione sarà minore,
rendendoli quindi meno visibili ad occhio nudo.
Il termine risoluzione indica appunto il numero di
punti che il nostro monitor o la nostra fotocamera,
riescono a gestire.
Lo stesso vale per scanner e stampanti, con la sola
differenza che questi strumenti lavorano riferendo
il numero di punti ad un’unità
di spazio, in genere il pollice anglosassone:
dpi (dots per inch) e
ppi (points/pixels per
inch) sono le misure della risoluzione di stampanti
e scanner più utilizzate.
Avendo la possibilità di scegliere la risoluzione
con cui fotografare o acquisire le immagini, è
meglio optare per quella più elevata, onde
evitare di dover inserire punti non reali con il metodo
dell’interpolazione
al fine di incrementare le dimensioni dell’
immagine acquisita troppo piccola.
Il processo di interpolazione per
aumentare la dimensione dell’immagine, eseguibile
solo tramite software dedicati, non fà altro
che copiare i pixel adiacenti ed adattarli alla risoluzione
finale richiesta. Pertanto, non è in grado
di aggiungere più dettaglio rispetto a quello
presente in origine sull’immagine. Al contrario,
un ridimensionamento dell’immagine non diminuisce
la qualità dei pixel, ma determina solo delle
dimensioni più piccole della stessa.
L’immagine acquisita con la nostra macchina
fotografica digitale potremo stamparla su carta alla
risoluzione di stampa
(dpi) preferita, consapevoli però che la sua
qualità sarà proporzionale al suo valore
dpi ed alle sue dimensioni (in pixel o cm.).
Dobbiamo quindi imparare a fare
riferimento ai dpi a seconda del supporto sul
quale vogliamo vedere l’immagine (computer -
carta), tenendo presente che un monitor classico non
supera la risoluzione di 96 dpi, mentre su carta molto
dipenderà dalla stampante utilizzata, sia essa
quella di un laboratorio quanto la nostra ink-jet.
Risoluzioni differenti per ogni dispositivo di visualizzazione,
che a loro volta determinano la qualità finale
percepita in funzione anche della nostra vista. Da
qui si comprende come non si possano avvertire differenze
qualitative sulle immagini a bassa risoluzione (ad
esempio quelle pubblicate sul WEB), indipendentemente
dal dispositivo di acquisizione utilizzato, sia esso
professionale quanto amatoriale.
Esiste quindi un vincolo
reale tra dimensione
(risoluzione) dell’immagine e dpi
effettivi che vanno a finire sulla stampa.
Prendiamo ad esempio un file da 6
milioni di pixel di una reflex digitale. L’immagine
acquisita dal sensore avrà le dimensioni di
n. 3008x2000 pixel.
In quali dimensioni potremo stamparla?
Se decidessimo di mantenere i dpi al valore di 300
otterremo una dimensione di stampa di cm. 25,47x16,93
Mentre se riduciamo il valore dei dpi a 240, la stessa
immagine raggiungerà le dimensioni di cm. 31,83x23,17
Aumenteremo quindi le dimensioni dell’immagine
su carta diminuendo la risoluzione di stampa espressa
in dpi
A questo punto è lecito chiedersi fino a che
punto possiamo diminuire la risoluzione della stampa
senza avvertire un calo della sua qualità.
La risposta è ovviamente vincolata
dalla distanza alla quale osserveremo tale stampa
e soprattutto dalla qualità
originale del file. Teoricamente, la nostra
vista non è in grado di distinguere (alle brevi
distanze) oltre 240 dpi, prendendo in considerazione
una vista perfetta senza diminuzione di diottrie.
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Se accettiamo tale parametro di riferimento
(240 dpi), e proviamo a stampare la stessa immagine
ad una risoluzione superiore (diminuendo di conseguenza
la sua dimensione), difficilmente saremo in grado
di percepire più dettaglio sulla carta.
La stessa sensazione di medesima qualità potremo
verificarla anche ad una risoluzione immediatamente
inferiore a tale soglia, tipo 200 dpi, in grado di
produrre una stampa delle dimensioni di cm. 38,2x25,4
dallo stesso file di 6 Mpx.
Man mano che andiamo a diminuire la risoluzione in
stampa (per avere una dimensione più grande
su carta) dobbiamo imparare ad accettare una lieve
perdita di qualità che d’altra parte
potremo osservare solo analizzandola da vicino, cosa
questa abbastanza insolita per stampe di grande formato.
Se ingrandiamo l’immagine sul nostro monitor
al 100% potremo osservare grosso modo il risultato
finale dell’immagine su carta, dal punto di
vista qualitativo, riferita alle dimensioni derivate
da tale risoluzione. Ma con tale ingrandimento a monitor
(96 dpi) equivarrebbe ad osservare (alla breve distanza)
una stampa delle dimensioni di circa cm. 80x53
Come potremo notare, a questa dimensione i pixel non
sono ancora distinguibili perché la loro dimensione
è inferiore a tale risoluzione video.
Naturalmente il discorso è basato sull’analisi
di un file così come è stato memorizzato
sul supporto di memoria.
Miglioramenti qualitativi, per ottenere una miglior
resa da pochi pixel disponibili, sono possibili con
un uso corretto e mirato di software dedicati all’elaborazione
delle immagini, quali Nikon
Capture e Photoshop®
dei quali parleremo più avanti.
Immagine a bassa risoluzione preparata
per una visione tramite web
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Porzione originale dell'immagine equivalente all'ingrandimento
al 100% a video, dalla quale non
è ancora
possibile distinguere i singoli pixel.Tale crop,
rappresenta abbastanza verosimilmente quello che
potremo osservare a breve distanza su una stampa
la cui risoluzione sia solo più di 96 dpi |