In Italia c’erano i presupposti per una importante storia di produzione fotografica: Bencini, San Giorgio, Ducati e tanti altri produttori, purtroppo svaniti nel nulla. Probabilmente non la scarsità dei prodotti ma l’incapacità di comunicarli nella maniera corretta ha impedito all’industria fotografica italiana di decollare. A tenere alta la bandiera europea, fino agli anni 70, ci pensava la Germania: Zeiss, Leitz, Rollei, Exakta ed Agfa. E il Giappone, con quelle “copie” delle – si pensava – irraggiungibili Leica e Contax non faceva paura.
Fino a Nikon F, che decretò il boom delle reflex e il sorpasso del Paese del Sol Levante rispetto alla Germania.
D’altronde, le prime avvisaglie si erano avute nel 1950, quando il fotografo e giornalista statunitense David D. Duncan sperimentò gli obiettivi Nikkor sulla sua Leica. I risultati furono straordinari e da lì nacque il mito Nikon. Nello stesso anno si svolge a Colonia (Germania) la prima edizione di Photokina, la più importante (ancora oggi) fiera internazionale dedicata alla fotografia.
Tra il 1950 e il 1958 si sviluppano ulteriormente i tre segmenti “macchine fotografiche” (la tedesca Exakta Varex è la prima reflex 35mm a mirini intercambiabili; la Praktina FX, della tedesca KWG, viene invece considerata la prima reflex completa di varie ottiche con attacco a baionetta, mirini intercambiabili e un dorso con magazzino per pellicola da 17 metri; la Summa Report, prodotta dalla Tiranti di Roma, si proponeva come la fotocamera ideale per i fotoreporter; la Hasselblad 500C, la prima utilizzata dalla NASA), “ottiche” (il francese Pierre Agnenieux produce il primo grandangolare retrofocus; la Leica M3 propone l’innesto degli obiettivi a baionetta) e “pellicole” (Agfa e Kodak “combattono” a colpi di sensibilità ISO), oltre a consolidarsi il fenomeno “fotografia
istantanea” (nel 1956, infatti, viene raggiunto il milione di apparecchi Polaroid Instant prodotti), che proietta definitivamente Edwin Herbert Land nell’olimpo dei geni e dei maggiori protagonisti della storia della fotografia.
Nikon F, 1959. |
Ma è nel 1959 che accadono gli avvenimenti più importanti: anzitutto, viene presentata la Nikon F, la reflex professionale per eccellenza, primo sistema fotografico professionale caratterizzato da ottiche (Nikkor), mirini intercambiabili e motore elettrico per il trascinamento della pellicola. La Nikon F è stato il primo strumento davvero adatto a tutte le situazioni di scatto e, tra l’altro, arrivava sul mercato nel momento giusto: il mercato delle reflex non era ancora così popolato come lo sarebbe divenuto in futuro e i punti di riferimento professionali erano tedeschi. La Nikon F (il sistema Nikon F, per la precisione) costava meno e disponeva di più ottiche e accessori; inoltre, i reporter americani avevano conosciuto e apprezzato le Nikon a telemetro durante la guerra di Corea.
Insomma, Nikon F era destinata a scrivere un importante capitolo della storia della fotografia. Divenne una leggenda e a ciò contribuì anche il film Blow Up (1966) di Michelangelo Antonioni, che la decretò definitivamente come “la” macchina fotografica professionale.
Olympus Pen, 1959. |
Sempre nel 1959, poi, la sonda sovietica Lunik III realizzò per la prima volta nella storia le immagini (scadenti) della faccia nascosta della Luna e la Voigtländer introdusse il primo zoom fotografico (35-83mm f/2.8) che equipaggiò la sua Bessamatic Zoomar.
Ma è il Giappone a fare di nuovo, sempre in questo anno, la voce grossa: la Olympus presenta la fortunata serie delle compatte Pen (mezzo formato, ovvero 18x24mm) e la Canon lancia la sua prima reflex 35mm, la Canonflex, a cui seguirà, l’anno successivo, la R2000, capace di offrire una velocità massima di scatto pari a 1/2000 di secondo, rendendola a quel tempo la macchina fotografica 35mm più veloce al mondo.
Nel 1960, poi, la Nippon Kogaku acquisisce il brevetto della Calypso (Calypsoshot ) – la prima autentica fotocamera anfibia del mondo – dall’azienda francese Spirotechnique e grazie a esso sviluppa la Nikonos, per decenni unico sinonimo al mondo di “fotografia subacquea”.
Nel 1962 la fotografia ritorna nello spazio: il pilota John H. Glenn, nel corso del programma Mercury degli Stati Uniti d’America, che prevedeva l’organizzazione di missioni spaziali con equipaggio, fu il primo astronauta americano in orbita intorno alla Terra. Con lui, nella sua navicella Friendship 7, la Minolta Hi-Matic (marchiata Ansco per aggirare i limiti alle importazioni), la prima fotocamera ad andare nello spazio. A seguire, Kodak Instamatic (1963), funzionante con pellicola 126 (disposta in una cartuccia e quindi facilissima da sostituire) e innovativa per la semplicità delle impostazioni, oltre che del caricamento della pellicola; Olympus Pen reflex con obiettivi intercambiabili; Topcon (giapponese) RE Super, la prima reflex 35mm dotata di esposimetro TTL; Konica Auto S, la prima che poteva funzionare sia in modalità completamente manuale che semi-automatica a priorità di tempi.
Come si nota, quasi tutti i produttori giapponesi introdussero fotocamere in grado di gestire automaticamente i tempi di scatto e del diaframma, al fine di offrire anche ai meno esperti l’elevata qualità tecnica ed ottica raggiunta. Iniziava l’era delle “35mm automatiche”, ed era un’era targata Giappone.
C'era però ancora tempo per qualche ultimo sprazzo produttivo europeo: per esempio la Voigtländer Vitrona (1964), la prima 35mm a montare un flash elettronico incorporato (che non ebbe il successo che una simile innovazione avrebbe meritato a causa del costo elevato), la Leicaflex (1965), con cui anche la Leitz entrava nel segmento delle reflex, la HasselblDC (Electric Data Camera) con cui fu scattata la fotografia sulla Luna da Neil Armstrong, il 20 luglio 1969.
Canon E-1, fotografata da Wasabi215. Fonte: Wikipedia. |
Ma ormai il mercato fotografico mondiale aveva sempre più gli occhi a mandorla: nel 1965 esce la Konica Autoreflex, la prima reflex 35mm ad esposizione automatica con priorità dei tempi; le Canon F-1 (la prima vera fotocamera reflex 35mm professionale di Canon; risposta, anche se tardiva, a Nikon F) e Nikon F2, presentate nel 1971, diventano la scelta numero 1 per i fotografi professionisti e i fotoamatori appassionati; la Pentax Electro Spotmatic, prima reflex automatica a priorità di diaframmi, dotata di un otturatore a controllo elettronico; la Olympus OM-1 (1972), la prima delle reflex 35mm compatte diffuse negli anni 70. E mentre Kodak, nel 1972, presentava il suo nuovo formato 110 Pocket Instamatic (fu un successo enorme: oltre un miliardo di apparecchi venduti in tutto il mondo), Polaroid proponeva nuovi innovativi prodotti, come la Swinger (1965), fotocamera molto semplice che mostrava nel mirino le scritte “YES” o “NO” a seconda che l’illuminazione fosse sufficiente o meno per scattare la foto, e l’immortale SX-70 (1972), una SLR (single lens reflex) dal design unico e pieghevole.
Intanto la “vecchia” Europa stava ammainando le vele: Zeiss abbandonando la produzione di apparecchi fotografici (1971), Leica cercando di contenere i costi producendo in Giappone da Minolta (1973) le sue compatte CL (compact Leica) e Rollei trasferendo la produzione a Singapore (1970).
Nello stesso periodo, e precisamente nel 1969, nasceva il CCD (Charge-Coupled Device, dispositivo ad accoppiamento di carica), ideato dai due premi Nobel (conferiti nel 2009) per la fisica Willard S. Boyle e George E. Smith che lavoravano per la Bell Laboratories (Stati Uniti). La Fairchild Camera and Instrument, una società degli Stati Uniti orientali, fu la prima a commercializzare i CCD e nel 1974 creò un elemento da 500 linee e una superficie da 100 x 100 pixel. È l’alba della fotografia digitale.
E mentre nel 1974 l’italiano Lino Manfrotto presentava il suo primo treppiedi, il giovane ingegnere Steve Sasson della Kodak realizza il primo prototipo di fotocamera digitale.
Era il 1975 e l’obiettivo dell’ambizioso Steve era di quello di utilizzare in una fotocamera quel nuovo prodotto della scienza chiamato CCD. Kodak “congelò” il progetto per timore (fondato) che la produzione di pellicole ne risentisse. Del prototipo (aveva una risoluzione di 0,01 megapixel e catturò la prima immagine in bianco e nero in 23 secondi per registrare poi i dati su una cassetta) si verrà a conoscenza solo nel 2005.
Intanto, mentre la produttrice giapponese di fotocamere Yashica (fondata nel 1949) veniva salvata dal fallimento dalle banche (verrà poi acquistata dalla giapponese Kyocera nel 1983), Sony (fondata in Giappone nel 1946) lanciava sul mercato il Betamax, il primo videoregistratore domestico.
Canon, nel 1976, presenta la AE-1, apparecchio decisamente votato all’elettronica e capostipite di una gamma di grandissimo successo (la AE-1 venne prodotta in 8 milioni di pezzi).
Dall’altra parte del mondo, il ricercatore della Kodak Bryce Bayer inventa il filtro RGB adottato da praticamente tutti i produttori di fotocamere e capace di consentire ai sensori sensibili alla luce di registrare i colori con una proporzione simile a quella dell’occhio umano.
Nikon F3, 1980. |
Intanto Zeiss cerca di rientrare sul mercato fotografico, trovando in Yashica il partner per rilanciare la linea Contax.
E mentre Kodak e Polaroid combattono sul terreno della fotografia istantanea (Polaroid accusò Kodak di aver violato decine di brevetti), Minolta introduce la reflex XD-7, con esposizione automatica a priorità dei tempi e dei diaframmi e Konica la prima compatta autofocus, la C35AF (il progetto in realtà era stato sviluppato da Leica che poi ne aveva ceduto il brevetto a Konica). Sarà poi sempre Konica a presentare la prima reflex con motore di trascinamento integrato nel corpo macchina, la FS-1. È il 1979, l’anno in cui viene organizzata a Venezia la grande kermesse della fotografia mondiale (Venezia ‘79 la Fotografia).
L’anno successivo Nikon presenta la sua F3, la prima reflex 35mm della casa giapponese a fare largo uso dell’elettronica; disegnata da Giorgietto Giugiaro rimase in produzione per 20 anni (1980 – 2000): un trionfo. Uno dei....