Il Cantico delle Creature e l’Amazzonia
Fulvio Roiter
Due lavori, in mostra a Vigevano, di uno dei fotografi italiani più conosciuti: Fulvio Roiter. Il primo, iniziato con un viaggio nella campagna umbra nel 1954, è frutto di una ricerca durata sessant’anni che oggi si può dire conclusa con la scelta di venticinque scatti ispirati al Cantico delle Creature di San Francesco (esposti per la prima volta in una mostra monografica presso La Civica Pinacoteca Casimiro Ottone, fino al 30 luglio). Il secondo lavoro, proposto allo Spazio Excalibur, presenta quarantasei fotografie scattate in Amazzonia durante il primo viaggio di Roiter in Brasile compiuto nel 1957.
Frate Sole, Il Cantico delle Creature © Fulvio Roiter
Venticinque fotografie che illustrano e accompagnano i versetti assonanzati del Cantico, considerato “la prima grande voce poetica del volgare italico”, un capolavoro dell’arte di tutti i tempi («solo da un’innocenza saggiata come l’oro al crogiolo delle passioni e quindi riconquistata può essere sgorgato un fiore di poesia come il Cantico delle Creature», ha scrittolo storico Franco Cardini). Venticinque fotografie che evocano la vastità del creato, la bellezza della natura, l’orrore della sofferenza, la paura della morte: ricerca dell’immagine perfetta per immagini fatte di parole (il sole radiante, il vento, l’acqua, il dolore e la letizia, la terra e la morte) difficili da fermare in uno scatto.
Sora Morte, Il Cantico delle Creature © Fulvio Roiter
Nel 1954 Roiter parte per Gubbio per realizzare un libro fotografico sull’Umbria di San Francesco, incaricato dalla Guilde du Livre di Losanna, che doveva concludersi con una lettura fotografica del Cantico. La sua ricerca sul Cantico viene pubblicata in chiusura del volume Ombrie, terre de Saint François che vince il Premio Nadar nel 1956. Anno dopo anno, il Cantico diventa un libro a se stante, non più il semplice reportage di un viaggio in Umbria ma anche la sofferenza e il dolore di un lebbrosario in Brasile e il cielo dell’Africa a diventare metafora del linguaggio semplice del Poverello di Assisi.
Quilli che perdonano, Il Cantico delle Creature © Fulvio Roiter
Edizione dopo edizione le immagini cambiano e le fotografie a colori sostituiscono quelle in bianco e nero. Ma non tutto cambia; in quella che considera l’edizione definitiva due immagini restano immutate, che fotografano la conclusione del Cantico, scattate in quel lontano 1954 eppure attuali: un uomo con due muli colti sullo sfondo di un querceto, tra due alberi e alcuni cespugli in primo piano; e un cimitero di campagna avvolto nella neve, con le sue croci in ferro scuro, divenire simbolo della quiete della morte.
Cum grande humilitate, Il cantico delle Creature © Fulvio Roiter
Dal suo primo viaggio in Amazzonia, invece, sono passati cinquantasette anni, ma le quarantasei fotografie esposte, ventitré a colori e ventitré in bianco e nero, restituiscono ancora l’emozione dell’incontro con quei luoghi e quelle genti: volti di indios ritratti nel loro ambiente naturale, foglie larghissime bagnate dalla pioggia tropicale, fiumi immensi che tagliano un verde intenso, semplici imbarcazioni di pescatori e chiazze di vegetazione variopinta, un’Amazzonia Altra che forse non si potrà, o non si può già, più vedere.
Abitazioni galleggianti a Santaren. © Fulvio Roiter
Nel 1957 Roiter in Brasile va incontro a peripezie, avventure, sorprese. È un’esperienza, durata nove mesi, che porta a compimento la sua maturità d’autore. Fulvio è e rimane conosciuto come il fotografo di Venezia, ma egli stesso considera il Brasile, ancora oggi, il suo secondo paese natale, la terra in cui sente di essere come in patria. In quegli anni rivela il continente verde ai brasiliani e a se stesso un mondo poetico che idealizza, senza confondere la vera nostalgia con i ricordi della giovinezza.
Ritratto di indio Camaiurá nel Rio das Mortes, affluente del Rio Xingú. © Fulvio Roiter
I suoi reportage sul Brasile hanno anche un valore storico: per trenta settimane consecutive a partire dal settembre 1957 il settimanale brasiliano Manchete pubblica nelle prime pagine veri capitoli di un programma di scoperta: il disidratato Nordest, l’Amazzonia, la nascente Brasilia, il Carnevale, gli indios, le favelas e le vanitose efflorescenze europee di cui il Teatro dell’Opera di Manaus è tuttora l’editto marmoreo. Due viaggi, la stessa sensibilità.
Fulvio Roiter
Chi è
Veneto di Meolo, ma veneziano d’adozione, Fulvio Roiter comincia nel 1953, con un viaggio fotografico in Sicilia, la sua carriera di reporter. Nel 1954 è in Umbria. Nella primavera del 1955 compie il periplo della Sardegna e poi parte per l'Andalusia. Nel 1957 parte per il primo viaggio in Brasile, dove resta nove mesi e dove, tra il 1960 e il 1962, torna molte volte. Viaggia in Persia, nel 1964, in Turchia, 1965, in Messico, 1966, in Libano, 1967, in Spagna, 1969, in Irlanda, 1970, in Louisiana e in Tunisia nel 1971. Tra il 1972 e il 1974 scopre l’Africa equatoriale, con una serie di viaggi in Costa d’Avorio e nello Zaire. Nel 1977 esce Essere Venezia interamente a colori, che diventa il più grande successo editoriale nel settore dei libri di immagini con 600 mila copie vendute nell’arco di dieci anni. Qui di seguito le sue opere più recenti: Laguna di Venezia, L’albero, Il Chianti classico, Egitto, Magic Venice in Carnival, Ciociaria, Terra d’Abruzzo, Visibilia, Terra di Dio, Il Vaticano, La mia Venezia, L’uomo senza desideri, Venezia e il Levante.