Almost Europe
Luca Nizzoli Toetti
Il progetto Almost Europe è un lavoro di fotografia documentaria alla ricerca dell’Europa, degli europei, attraverso i gesti e i percorsi della quotidianità, che si sviluppa nell’eterogeneo tessuto sociale, culturale e urbano del vecchio continente. Un approfondimento sull’Europa, lungo percorsi che ne attraversano o ne tangono il territorio. Un progetto che vuole stimolare un confronto, una riflessione sull’evoluzione dei luoghi e dei loro abitanti, dei nostri luoghi e di noi stessi.
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Documentare l’attualità e le dinamiche dei paesi europei e degli stati a essi vicini, può servire a meglio comprendere i meccanismi che regolano i delicati rapporti tra le genti che popolano la terra dall’ampio sguardo, ovvero l’Europa, nel suo significato etimologico. Così il viaggio, il cammino e l’incontro, la partecipazione, si fanno testimonianza, colmando quel bisogno di riconoscimento di cui l’uomo non è mai pago. Una testimonianza libera da committenze preventive che persegue l’accettazione e il rispetto tramite l’osservazione e il confronto. Almost Europe è un vero e proprio work in progress, che a ogni viaggio si arricchisce di nuovi contenuti, nuove fotografie.
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Il primo prodotto tangibile del progetto, oltre al virtuale sito www.almosteurope.org, è il libro Almost Europe (pp. 128, euro 25, edito da Postcart, da cui sono tratte le fotografie della gallery), un’esplorazione oltre la “cortina blu” dell’UE, il nuovo confine disegnato a est dopo l’ultimo allargamento della comunità. Un viaggio da Kaliningrad a Istanbul, attraverso Minsk, Kiev, Chisinau, Odessa, Tiraspol. Non solo uno sguardo al di là di un confine geografico ma anche temporale, varcato il quale si torna indietro nel tempo, verso un passato dimenticato.
Il lavoro di documentazione mi ha poi portato a viaggiare, in treno, di città in città, attraverso l’Europa lungo le direttrici nord/sud da Narvik a Pozzallo, ovest/est da Lisbona a San Pietroburgo. L’anno prossimo sarò impegnato nell’ultima tappa, da Reykjavik a Nicosia. Cercando di trovare una risposta alla domanda che mi sono posto prima di iniziare: cos’è l’Europa?
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Con il mio mestiere soddisfo un desiderio di libertà errabonda, di fuga da vincoli territoriali, ideologici, professionali che sviluppo lontano dai veloci e superficiali meccanismi dei media e metto in atto nel più semplice dei modi: camminando e fotografando. Lo spostamento fisico coincide per me, nel suo senso più intimo, con la riconquista del territorio: come un animale urbano o un mendico di Borges cammino attraverso le città guardando, libero fruitore dell’eventualità. Senza l’artificio di un appuntamento, di un impegno, scelgo di muovermi privo di mappe smarrendomi come fossi in un bosco, come in un antico rituale di emancipazione, per creare nuove pietre miliari su cui misurare il mio passo; immagino così una personale cartina geografica grazie alla quale realizzo il sogno della parità di accesso, dell’autonomia di movimento, della dissoluzione del controllo. Una mia visione di Europa, il teatro che ho scelto per la mia ricerca.
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Camminare, osservare, confrontare sono azioni che hanno manifestato l’intelligenza dell’uomo e ne hanno segnato la crescita evolutiva. Oggi, queste stesse azioni sono diventate rare e preziose, tanto da assumere un significato politico, in contrapposizione allo spaesamento dell’uomo post-industriale e alla perdita delle sue capacità critiche, di scelta e orientamento.
La città, la folla, sono gli elementi che pungolano la mia necessità di sovvertire un destino di solitudine, indifferenza, estraneità a cui mi abbandono per farne virtù: sfrutto l’anonimato per immergermi nella massa frettolosa con lentezza, senza far nulla ma inseguendo ogni cosa. Fermo a un crocevia, attento solo a ciò che accade in quell’istante, mentre tutto intorno vive l’equilibrio caotico degli attimi, delle coincidenze, degli incontri, ne divento l’unico spettatore volontario.
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Nessuno si accorge che sto guardando, nessuno immagina che io stia rubando, per non disperderlo, ciò che abbiamo di più fugace: il patrimonio della quotidianità, la ricchezza dei suoi gesti in via d’estinzione, le sue meraviglie effimere e potenti, il significato dei nostri percorsi, il senso delle nostre abitudini. Oltre la durezza delle città, lo spettacolo urbano offre uno scenario poetico.
Non so, non posso dire, se la banalità dei consumi, l’urbanizzazione violenta, l’invasione delle automobili e altri fattori di “progresso”, abbiano declassato il sorprendente piacere della flânerie di baudelairiana memoria. Di certo, la nostra immaginazione è inondata da informazioni sempre più vuote che ci procurano un’illusoria sensazione di libertà, a discapito di una spontanea e reale partecipazione al mondo che ci circonda.
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Alzare la testa e camminare diventa allora una sfida: sollevare lo sguardo dagli smart devices, veri assassini dei nostri “tempi morti”, deviare dall’alienazione dei tragitti obbligatori, sbarazzarsi degli automatismi e riguadagnare l’adesso e il qui, per trovarci a inseguire con occhi nuovi il palloncino che, una volta lasciata la presa, svolazzerà lontano, portato dal vento della casualità.
E io fotografo per questo.
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Chi è
Luca Nizzoli Toetti è nato a Venezia. Fotografo, ex giocatore di baseball senza pretese, ma tuttora audace e sfrontato cantante con la super elegante band “Le Fave”. Premio Bruce Chatwin per i grandi viaggiatori 2010. Premio Marco Bastianelli miglior libro opera prima 2014. Nomination come miglior libro dell'anno, Photo Espana 2014. Vive tra Loreto e Turro a Milano. Sempre in movimento.