È nato un nuovo festival fotografico, il Mountain Photo Festival di Aosta, dedicato alle montagne del mondo, alle loro genti e alle loro culture. Con mostre antologiche di autori come Chris Steele-Perkins (con il reportage sul Monte Fuji, simbolo di un paese), Marc Riboud (con il suo lavoro cinese "Huang Shan"), Monique Jacot (e il suo lavoro sul filo della memoria "Con gli occhi della mia infanzia"), Seamus Murphy ("Un'oscurità visibile: Afghanistan"), John Vink (e il suo Laos in bianco e nero), Takeshi Mizukoshi (e le sue cime himalayane), Prabuddha Das Gupta (un Ladakh elegante e remoto), Kevin Bubriski (con un ritratto del Nepal) e Sandor Dobos (con le sue stranianti immagini panoramiche).
Marc Riboud, Huang Shan - Mostra Huang Shan - ph.Contrasto
|
Qui di seguito, i creatori del festival, Alessandro Ottenga e Lorenzo Merlo, ne raccontano genesi e caratteristiche.
«Storicamente, la fotografia di montagna si riconosce nei canoni della documentazione scientifica o delle immagini di avventura, di conquista delle grandi cime e di territori sconosciuti. Dopo che le prime generazioni di fotografi si sono dedicate a una riproduzione altamente tecnica fornendo un'immagine estetica-statica, la fotografia si è orientata sempre più verso una vera ricerca sociale dei popoli del mondo montano e dei loro habitat. Gli autori delle nuove generazioni – ciascuno con la propria cultura, le proprie esperienze e i propri moderni materiali fotografici – ci offrono uno sguardo sulla montagna dal quale scaturisce una nuova chiave interpretativa della rappresentazione dell'uomo e del paesaggio delle grandi cime.
Monique Jacot, Lili et Mariette Monnet, Marie-Laurence Vouillamoz-Monnet, Isérables,
Regione del Valais - Mostra Con gli occhi della mia infanzia
|
Tale considerazione ci ha spinti a progettare il Mountain Photo Festival intorno a tre concetti chiave. Il punto di partenza è stato la scelta di una serie di autori che non sono specializzati nel tema della "montagna", bensì sono protagonisti della storia della fotografia intesa come documentazione e arte. L'insieme delle esposizioni offre pertanto una rappresentazione della montagna considerata prima di tutto come un territorio in cui l'uomo vive; al contempo, laddove si è proposto un lavoro più "pittorico", si è cercato di prediligere una visione nuova del paesaggio, più creativa e concettualmente articolata.
Ne è seguita la volontà di creare un'occasione per la città di Aosta di aprirsi fotograficamente alle montagne del mondo, avviando un percorso di confronto artistico sulle principali tematiche di attualità che trovano nella montagna un contesto particolare e con specificità uniche. In questo senso, lo slogan "Open your mountains" accompagnerà e caratterizzerà tutte le iniziative che faranno da corollario al programma espositivo ed animeranno la manifestazione.
Chris Steele Perkins, Road works and Fuji near Kawaguchiko, Japan, 1999 - Magnum Photos, Contrasto
|
Funzionale al concetto chiave di "apertura" è il terzo, quello di "innovazione". Marginalità, abbandono, digital divide, nella maggior parte dei casi vengono associati alla montagna come minacce o cause combinate del declino sociale ed economico di questi territori. Le reti (materiali ed immateriali) diventano allora i presupposti necessari su cui innescare i processi di innovazione, a partire da quelli culturali. Il Mountain Photo Festival crede nel confronto e negli strumenti che rendono possibile e facilitano il dialogo e la conoscenza reciproca, a partire dalle nuove forme di condivisione delle esperienze artistiche ed umane.
Su questi tre concetti cercheremo di poggiare le solide fondamenta di un Festival dedicato alle montagne del mondo, alle loro genti e alle loro culture. Un evento che parte fino dalla sua prima edizione con la volontà di contribuire a rafforzare l'identità della città di Aosta».
Porta Praetoria Aosta - Metrò Studio Associato 2007, archivi Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Regione Autonoma Valle d'Aosta
|