Italia

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Geografie dello sguardo

Diciotto tra i più noti geografi italiani si interrogano sull'identità culturale del nostro paese, le sue piccole e grandi storie, i suoi futuri possibili, nel volume Riflessi Italiani appena edito dal Touring Club Italiano e dalla Società Geografica Italiana (pagine 256, euro 50).

Ciascuno di essi utilizza uno strumento diverso - la carta storica, l'immagine fotografica, la rappresentazione filmica, quella artistica, quella iconografica - e attorno a esso costruisce un racconto (una metanarrazione, in realtà) ricco di impressioni, emozioni e scoperte.

 

 

 

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Veduta satellitare di Calabria e Sicilia

Per comunicare al lettore/osservatore un paese multiforme, a volte noto, altre volte trascurato, non visto o appena notato, un interessante mosaico secondo un'inedita geografia dello sguardo, che fa incrociare l'Italia descritta dai viaggiatori del Grand Tour, quella onirica di Federico Fellini, i luoghi della cultura, delle tradizioni folcloristiche e gastronomiche, i paesaggi immortalati dai grandi fotografi, fino a scoprire la nuova dimensione delle città digitali.
Riflessi Italiani è illustrato con 250 immagini che comprendono tavole cartografiche attuali e antiche, foto d'autore, fotogrammi cinematografici e modernissime elaborazioni digitali.

 

 

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© Henri Cartier-Bresson

Fondata a Firenze nel 1867, la Società Geografica Italiana - oltre a un vivace impegno editoriale, a convegni e viaggi di studio - svolge attività di ricerca sull'ambiente e il territorio e raduna attorno alle sue iniziative oltre 1500 soci. Ha sede a Roma (Palazzetto Mattei, Villa Celimontana) dal 1926. La sua biblioteca di oltre 300 mila volumi, tra cui manoscritti e libri rari, è la più importante in Italia e una delle più fornite al mondo per gli studi geografici. L'archivio fotografico raccoglie oltre 100 mila foto donate da esploratori, viaggiatori e geografi.

Di seguito due estratti da Riflessi italiani: il primo dall'introduzione di Sergio Conti (che ha ideato e coordinato il volume), il secondo dal contributo Geo-foto-grafie di Paolo Giaccaria.

 

 

 

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© Archivio Alinari

«Al "discorso" della carta geografica si aggiungono quello della letteratura e quello dell'arte. La prima in quanto capace di essere scrittura creativa dello spazio, la seconda perché la sua missione, ci insegna Balzac, non è di copiare la natura ma di esprimerla. E poi quello del cinema e quello della fotografia, inscritti entrambi nella medesima tradizione tecnica. Il cinema perché capace di mettere in scena i desideri inconsci, riuscendo per questo a unire la rappresentazione immaginata alla temporalità. La fotografia perché non si limita a ratificare le immagini come se fosse un certificato di presenza: è evocativa del ricordo, ma per questo gravida, a volte debordante, di una tensione che forza lo sguardo sulle cose. Ciò dipende dalla chimica, ma anche dal soggetto/autore, in questo caso il fotografo, che predetermina il tragitto dello sguardo dello spettatore».

«Nel tentativo di pervenire a una tipologia delle rappresentazioni fotografiche del territorio, potremmo in prima approssimazione distinguere tre forme privilegiate: il reportage etnografico e sociale, la fotografia di paesaggio e la fotografia tecnica (per esempio la fotografia urbanistica o la fotografia aerea). In realtà, quest'ultima tipologia - verosimilmente la più diffusa e utilizzata nella rappresentazione dello spazio - non appare del tutto convincente, in quanto riduce la fotografia a una mera tecnica di rappresentazione che si vuole oggettiva, da cui è cioè assente il punto di vista del soggetto. In questa prospettiva, la fotografia costituirebbe un mero potenziamento/sostituzione tecnico del disegno e della cartografia di cui riproporrebbe la logica e il funzionamento geometrico euclideo. La stessa storia della fotografia italiana – e in particolare di quella maggiormente legata alla riflessione architettonica e pianificatrice degli anni Settanta e Ottanta – mostra, al contrario, che la fotografia ha rivestito un ruolo che non si può ridurre alla mera riproduzione tecnica del mondo. Con la pubblicazione prima di Atlante nel 1973 e poi di Viaggio in Italia, Luigi Ghirri è senza dubbio il massimo interprete dei rapporti tra fotografia, studi territoriali e arti visive».

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© Antonio Biasucci

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