Una selezione straordinaria di 150 immagini tratte dalla più importante e prestigiosa collezione fotografica del mondo Il Centro internazionale di fotografia Scavi Scaligeri di Verona ospita fino al 9 gennaio la mostra "I giorni e la storia. Le migliori immagini dell'Archivio Bettmann" (organizzata in collaborazione con Contrasto, che pubblica in contemporanea il libro omonimo, pagine 300, euro 30,00).
Racconta la leggenda che due bauli d'immagini, trasportati nel 1935 a New York da un rifugiato fuggito dalla Germania nazista, siano stati la minuscola base su cui avrebbe poggiato l'Archivio Bettmann, una delle collezioni più importanti del XX secolo.
Noi oggi viviamo in un mondo di immagini fotografiche; un mondo in cui nessuno dubita della loro capacità di informare, insegnare, ispirare, intrattenere e convincere. Ne traiamo piacere, ne discutiamo, le critichiamo, o addirittura, a volte, ci sforziamo di tenere i bambini lontani dalla loro portata. Otto Bettmann aveva compreso, e molto prima dell'inizio della attuale e fin troppo proclamata età visiva, il futuro e le potenzialità di questo mezzo. E soprattutto, il suo valore di documento storico.
Albert Eistein nel giorno del suo 72esimo compleanno. Princeton,NJ,USA 1951. ©Bettmann/Corbis/Contrasto
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Marilyn Monroe ©Bettmann/Corbis/Contrasto
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Cassius Clay mette a tappeto Sonny Liston.Lewiston e lo schernisce.ME,USA,1965. ©Bettmann/Corbis/Contrasto
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Otto Bettmann era un bibliotecario, curatore del Dipartimento "Rari" alla Biblioteca di Stato di Berlino quando, negli anni Trenta, cominciò a raccogliere e conservare fotografie. Una passione autentica da bibliofilo, nata quasi per caso, che si è trasformata gradualmente, nell'arco di sei diversi decenni e dalla Germania agli Stati Uniti, in uno sforzo culturale enorme e nella creazione di quella che oggi è considerata la più importante collezione di immagini storiche del mondo.
Pausa pranzo sul Rockefeller Center. New York, Usa, 1932. ©Bettmann/Corbis/Contrasto
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Fin dagli inizi la sua intenzione non era solo di collezionare immagini per un piacere personale, ma di poter condividere questa passione, e il risultato delle sue ricerche, con gli altri. All'epoca, quando cominciò a collezionare immagini, la fotografia era considerata in molti casi un semplice, magari utile, strumento. L'era del romanzo, cioè della parola, era al suo massimo fulgore e le macchine fotografiche rappresentavano quel che per noi ora sono le fotocopiatrici. Eppure Bettmann riconobbe nella fotografia una forma impareggiabile di espressione artistica e documentazione storica.
Hitler passa in rassegna Parigi conquistata. Parigi, Francia 1940. ©Bettmann/Corbis/Contrasto
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La sua passione per il mezzo lo spinse a collezionare migliaia di foto d'ogni sorta e nel 1935, quando l'ascesa del Nazismo lo costrinse a lasciare la Germania, fu proprio la sua raccolta, e poco altro, che mise nei due bauli - quelli leggendari - per trasportarli in America. L'arrivo di Bettmann a New York coincise con l'epoca d'oro del fotogiornalismo e il collezionista, dal suo monolocale di Manhattan, cominciò a lavorare e a sviluppare una vera attività editoriale, articolando un sistema organizzato per la concessione dei diritti alle varie pubblicazioni; nello stesso tempo, non smetteva di collezionare e classificare le immagini. L'impresa si rivelò un successo fin da subito, e i suoi primi clienti furono le riviste più importanti del momento come Look, Life e il Club del libro. Con la Seconda Guerra mondiale, e più in generale lo sviluppo della stampa, la richiesta di immagini subì un aumento vertiginoso e l'ex bibliotecario prussiano passò i cinquant'anni successivi a soddisfare e spesso ad anticipare il mercato, cercando comunque sempre di tenere "in movimento" l'archivio, acquistando nuovi fondi, attento a salvaguardare la qualità che riconosceva come il bene principale della sua collezione. Si è passati così dalle 15 mila immagini del 1938 agli oltre due milioni del 1980. Nel 1981 Bettmann si ritirò in Florida, dove trascorse la sua vecchiaia godendosi la famiglia e scrivendo libri.
Ma l'archivio ha continuato a vivere anche dopo la sua morte e oggi contiene milioni di importanti e storiche fotografie del XIX e del XX secolo, tra cui grandi icone del nostro tempo ma anche foto inedite e altre molto rare.
Tra le più celebri, figurano immagini come lo "sberleffo" di Einstein - lo scienziato che mostra la lingua, o la fila di operai che, seduti su una trave in una pausa della costruzione del Rockefeller Center di New York, consumano insieme il loro pranzo; o ancora, Orson Welles durante la registrazione del suo famoso programma radiofonico sulla "Guerra dei mondi". Ma anche le foto del prezioso archivio della United Press International (UPI), con istantanee provenienti da diversi servizi e scattate in tutto il mondo per raccontare la storia e la cronaca contemporanea.
Un futuristico cappello da sposa. Boston,MA,USA, 1956. ©Bettmann/Corbis/Contrasto
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Nel 1995, Corbis ha acquisito l'archivio, e lo ha custodito fino al 2001 nell'edificio di New York. È però parso subito evidente come col passare degli anni l'intera collezione avrebbe potuto rischiare la rovina: a causa del caldo, dell'umidità, ma anche solo per la continua manipolazione, gran parte degli 11 milioni di foto rischiavano di scomparire o deteriorarsi se non preservate correttamente. Corbis ha quindi intrapreso uno sforzo massiccio per scansire, memorizzare e conservare l'archivio limitando e controllando l'accesso diretto ai documenti per ovvi motivi di protezione. Sono state visionate e scelte immagini non solo in base al possibile interesse commerciale ma tenendo soprattutto conto del significato storico e della loro importanza. Così, all'inizio del 2001, sono state selezionate circa 1,3 milioni di immagini, pari al 25 per cento della collezione, di cui 225 mila già digitalizzate. Nello stesso modo, è stato subito evidente come anche il luogo fisico dovesse rispondere ad altri, nuovi e rigorosi, requisiti di conservazione. Era finita ormai l'epoca dei bauli portati avventurosamente a New York, o dei monolocali che, come scrigni delle meraviglie, contenevano le stampe raccolte per anni in giro per il mondo: il documento fotografico ha una sua fragilità connessa, spesso in modo proporzionale, alla sua importanza. Lo sforzo principale, deve essere quello di mantenere il documento inalterato il più a lungo possibile. Si è cominciato quindi a costruire una struttura pensata proprio per la conservazione degli originali nel complesso di Iron Mountain, in Pennsylvania. Il luogo è stato scelto dopo un attento esame, in collaborazione con uno staff di esperti e restauratori di pellicole e stampe d'epoca e ora il complesso sotterraneo, ampio 10 mila piedi quadrati, permette una adeguata climatizzazione (a -20°C, con un'umidità relativa del 35 per cento) calcolata in modo da mantenere le fotografie in uno stato permanente per generazioni.