A cura di Gerardo Bonomo

Pellicola, sensore, e di nuovo pellicola Perché stampare un file digitale su cartoncino baritato?
Un confronto, innanzitutto La grana: una grana in più?
Primi esperimenti: il Polaroid ProPalette Altri esperimenti: l'internegativo
I confronti: stampa da pellicola contro stampa da file Ancora confronti: stampa da internegativo contro stampa da file digitale
Le dolenti note dei costi Conclusioni

 

La grana: una grana in più?

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Un fotogramma 24x36mm è stato inserito nell'ingranditore insieme ad un righello; il sandwich è stato stampato
su un cartoncino baritato su cui era appoggiato un secondo righello: in basso il righello che misura il foglio stampato,
al centro il righello che è stato inserito nell'ingranditore insieme al negativo: le due linee gialle mostrano che due centimetri
di stampa corrispondono a un millimetro di negativo, il negativo è stato ingrandito 20 volte, il che corrisponde
a una stampa in formato 48x72cm; nonostante la grana inizi ad essere visibile, la quantità di dettagli risolti è ancora notevole


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Sì, la quantità di dettagli risulta ancora notevole, ma se confrontiamo l'ingrandimento di sinistra del negativo stampato,
con il file di destra, un particolare di uno scatto dalla stessa inquadratura eseguito in NEF con la D80, quella che sembrava
ancora una eccellente qualità del negativo, crolla senza possibilità di appello. In fotografia i confronti di ottiche e di materiali
partono da test di laboratorio dove la risoluzione in linee/mm dell'immagine di output permette di ottenere un risultato
numerico perfettamente confrontabile; in mancanza di un test MTF di partenza, per dare un giudizio che sia il più obiettivo
possibile di un prodotto, è necessario un confronto visivo con un secondo e differente prodotto, cercando di effettuare
le prove contestualmente e verificando che la scena, il soggetto, l'illuminazione non hanno subito mutamenti sostanziali,
e annullando possibili differenze introdotte da differenti metodologie di scatto: qui è stato usato un treppiedi per entrambi
gli scatti, effettuati con scatto a distanza e il medesimo obiettivo; l'unico parametro che è stato modificato tra uno scatto
e l'altro è stata l'impostazione sullo zoom di una differente focale tra lo scatto full frame su pellicola e lo scatto DX sul sensore.

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L'intero fotogramma dell'ingrandimento precedente

Faccio un passo indietro, e puntualizzo sul concetto di grana: in pellicola la grana è la firewall responsabile della risoluzione dell'immagine: di norma le ottiche hanno una risoluzione ben più elevata rispetto alla pellicola; per ovviare alla grana, e aumentare la risoluzione, si adoperano basse sensibilità, e sviluppi particolari, o meglio si sale con la dimensione del negativo in modo che, a parità di formato di stampa, sia necessario ingrandirlo meno visualizzando di conseguenza meno la grana.

Il digitale ha dalla sua una grana elettronica, il rumore, di cui sono responsabili tanto l'uso di alte sensibilità in ripresa – l'aumento della sensibilità altro non è se non un'amplificazione della sensibilità nativa del sensore – che le lunghe pose – qui il noise dipende invece principalmente da fattori termici. Ma indubbiamente uno scatto in digitale eseguito alla sensibilità nominale del sensore e con tempi di scatto rapidi ha un "rumore" decisamente più basso rispetto alla pellicola, e ha quindi una maggiore capacità di raccogliere dettagli. Questo potrebbe già mettere la parola fine a questa eXperience, se non fosse per il fatto che già da anni molti programmi di postproduzione generici o Captare NX nello specifico Nikon, incorporano degli strumenti per simulare la grana nello scatto digitale: se in diverse applicazioni fotografiche estreme, come la fotografia astronomica, o la microfotografia, grana e/o rumore sono visti come il fumo negli occhi, ci sono diverse tipologie fotografiche, dal ritratto al reportage, dove un disturbo di base che ricordi la grana è al contrario molto ricercato, per dare all'immagine un maggiore sapore di “vera fotografia”.

Detto questo, però, il confronto qui in essere deve mirare ad estremizzare le differenze tra lo scatto analogico – nel formato più comune di 24x36mm – e lo scatto digitale. Facciamo quindi finta che la grana non va bene, e che vincerà la prova il sistema da cui si otterrà una stampa con la miglior risoluzione percettibile.

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A sinistra lo scatto eseguito in NEF con la Nikon D80, non ancora elaborato, a destra
un particolare della stampa eseguita dal negativo scattato con la Nikon F601AF:
la sensazione di nitidezza è maggiore, complice l'uso di un contrasto di stampa piuttosto elevato, ma si nota già
una differenza nella riproduzione del cielo, qui già disturbato dalla grana.

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Il "burning" manuale sotto l'ingranditore: niente "UNDO" qui sotto!


 
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