Fa sempre un certo effetto traguardare in un mirino di una reflex dotata di un ultra grandangolare, vuoi per la prospettiva completamente diversa o per la differente sensazione che offre dei rapporti di distanza tra il primo piano e lo sfondo, ma è sempre affascinante. L'attrattiva si scontra però anche con una certa difficoltà a padroneggiare con un angolo di campo tanto vasto: 109° non sono uno scherzo e ci si ritrova sempre di tutto all'interno dell'inquadratura, anche ciò che si vorrebbe evitare di includere. Senza soffermarsi troppo sui miei limiti a gestire un'ottica tanto suadente quanto difficile da padroneggiare, per chi, come il sottoscritto, vive con almeno un 105mm sempre montato sulla reflex che utilizza per le foto di gruppi e grandi campi! A parte gli scherzi, uno zoom del genere proietta il fotografo in una dimensione completamente differente, un nuovo modo di interpretare la realtà, sicuramente uno strumento creativo difficilmente sostituibile. Inoltre le dimensioni contenute e per nulla eccessive del barilotto lo rendono molto adatto per i viaggi, un'ottica da tenere sempre nella borsa, un'eccellente soluzione per immagini fuori dal comune per ogni possibile campo d'impiego, dalla fotografia naturalistica, di paesaggio oppure architettura o semplice taccuino d'appunti “extra large” con qualche asso nella manica che svelerò a breve.
PRIMO CONTATTO
Il battesimo della luce di quest'ottica è avvenuto sul confine Nord della provincia di Milano, in pieno Parco Adda Nord in località Trezzo sull'Adda. Come compagna dello zoom scelgo la Nikon D90, una reflex ancora sufficientemente compatta ma estremamente versatile, molto simile per completezza di funzioni alla serie D300 ma con un corpo di dimensioni appena superiori a quello di una D60 e che si sposa perfettamente con i pesi e i volumi del Nikkor AF-S DX 10-24mm f/3.5-4.5G ED.
Le dimensioni relativamente compatte rendono questo zoom molto comodo da trasportare,
sia a spalla montato sulla reflex che in qualsiasi borsa fotografica.
Viaggio con poco peso al seguito, scelgo solo un treppiede sufficientemente stabile ma anche leggero per rimanere agile negli spostamenti, la scelta cade sul piccolo Manfrotto 190 in fibra di carbonio, un eccellente connubio con il duo appena citato e che offre leggerezza e stabilità elevate, due aspetti di norma difficile da unire. Non mi serve neppure una borsa: l'autonomia di energia della Nikon D90 è sufficiente ad una giornata intera e le piccole schede di memoria in standard SD stanno facilmente in tasca o addirittura nel portafogli; inoltre già una scheda da 4GB consente di avere una discreta autonomia di scatto anche se sono solito riprendere esclusivamente in NEF, una seconda scheda è giusto una precauzione per non rimanere “a secco” sul più bello. Al limite avrei potuto optare per una piccola borsa Tenba, come la Shootout Medium Shoulder Bag, ma non l'ho ritenuta necessaria per poche ore di shooting lungo il fiume.
Arrivo sul posto e inizio a familiarizzare con le focali coperte dallo zoom:
FOCALE:
10mm
12mm
15mm
18mm
20mm
24mm
Interessante notare la sensibile differenza tra la focale minima di 10mm e quella di 12mm
(maggiormente percettibile in riprese di interni in spazi stretti), ovvero la precedente minor focale disponibile
per una reflex Nikon prima dell'annuncio di quest'ottica, sempre tralasciando il fish-eye da 10,5mm.
L'angolo di campo è davvero vasto, ma ciò non va a incidere sulle prestazioni ottiche che rimangono davvero eccellenti su tutta l'area del sensore DX della reflex. La giornata soleggiata mi ha permesso di usare basse sensibilità, diaframmi mediamente chiusi e tempi di scatto sufficientemente veloci da escludere problemi di micromosso. La qualità ottica è di alto livello, anche alla focale minima e anche ai bordi estremi del fotogramma. Un aspetto che ci tengo a sottolineare è l'eccellente soppressione dell'aberrazione cromatica laterale, tallone d'Achille di svariati grandangolari, che qui risulta pressoché assente, ovviamente grazie alle potenzialità offerte dal software della fotocamera, dal software ViewNX a corredo o eventualmente dall'immancabile quanto utile software Nikon Capture NX 2. Utilizzando però reflex di passata generazione, come la Nikon D200 o la Nikon D80, si nota solo una leggera sbavatura verde/viola nei passaggi a forte contrasto nei bordi dell'inquadratura, un comportamento comunque notevole.
Un nido di Cigno lungo l'Adda.
I forti contrasti sono stati incassati bene sia dall'obiettivo che dal sensore della Nikon D90.
Osservando il particolare del bordo
del fotogramma si può apprezzare l'assenza
di aberrazioni cromatiche laterali
nel passaggio di forte contrasto tra il bianco
del cigno e lo sfondo scuro così come
l'elevata nitidezza.
Dopo qualche centinaio di scatti, ho notato come una delle peculiarità di quest'ottica, ovvero gli elevati gradi di campo coperti, sia anche una lama a doppio taglio per il fotografo: infatti simili ampie inquadrature spesso, quasi inevitabilmente, finiscono per abbracciare zone con forti differenze di illuminazione, tanto elevate che neppure la latitudine di posa dei sensori della reflex ne, tanto meno, l'eccellente funzione D-lighting riescono a compensare in pieno. Ne ho approfittato allora per fare qualche prova sfruttando le potenzialità offerte dalla tecnica dell'High Dinamic Range, più comunemente conosciuta con il suo acronimo di HDR.
Sole al tramonto, leggermente velato, realizzata con la tecnica dell'HDR.
Da segnalare l'assenza di riflessi o flare malgrado il sole inserito nell'inquadratura.
La Nikon D90 offre la funzione di Bracketing che consente di scattare una serie di fotografie opportunamente differenziate per quanto riguarda l'esposizione. Per coprire anche forti differenze di illuminazione ho trovato estremamente comodo eseguire una terna di scatti spaziati l'uno dall'altro di 2 stop, ovvero lo scatto con l'esposizione ritenuta corretta dal sistema esposimetrico della fotocamera più altri due, rispettivamente a +2 stop e a -2 stop.
Altro controluce in HDR, con il Sole che fa capolinea tra i rami di questo albero.
Decisamente elevate le prestazioni di questo zoom che non si lascia andare a riduzioni
di contrasto neppure nelle condizioni di ripresa più difficili.
Con queste tre immagini, sfruttando anche la latitudine del sensore stesso mi è stato possibile recuperare anche le inquadrature con i contrasti e le differenze di illuminazione più elevate. Per eseguire correttamente una serie di scatti da unire in postproduzione per creare l'HDR finale è opportuno utilizzare un treppiede per far si che ogni scatto sia perfettamente sovrapponibile agli altri e creare così un'immagine tecnicamente priva di difetti di tecnica. Tuttavia, sfruttando l'ingrandimento ridotto offerto da un'ottica tanto grandangolare che minimizza eventuali micro spostamenti dell'inquadratura anche quando si scatta a mano libera e sfruttando la possibilità di impostare lo scatto continuo su Ch (4,5 fps) della Nikon D90, in meno di un secondo si esegue il trio di immagini in bracketing. Eventuali lievi differenze vengono poi appianate dalla funzionalità di allineamento immagini presenti nei software per l'HDR.
L'ampio angolo di campo offerto da questo zoom consente di essere più liberi e fantasiosi con l'inquadratura.
Con questa modalità si possono così compensare forti scompensi di illuminazione e ottenere una leggibilità elevata sia nelle ombre che nelle alte luci.
Ottimo anche il comportamento nei controluce, con una resistenza davvero elevata ai riflessi interni e ai flare; anche includendo il sole direttamente nell'inquadratura si notano solo piccoli riflessi, tra l'altro, facilmente eliminabili in caso di necessità.
Come accade spesso, l'insorgere di riflessi aumenta al chiudersi del diaframma, ma con questo zoom l'effetto è particolarmente contenuto com'è possibile osservare nella sequenza di seguito:
f/3.5
f/5.6
f/13
f/22
Chiudendo già di un paio di stop l'obiettivo, la profondità di campo si estende talmente
che si può pensare
già di lavorare in iperfocale. La leggera distorsione a barilotto nella fotografia naturalistica disturba sempre poco.
Il castello di Trezzo. Utilizzare i 109° di campo offerti dalla focale minima non è semplice, infatti
basta inclinare la fotocamera per ritrovarsi con linee cadenti non volute e in alcuni casi di difficile utilizzo ai fini creativi
della composizione. Tuttavia se si ha l'accortezza di tenere un buon parallelismo tra sensore e soggetto, questo zoom mostra
un più che accettabile controllo della distorsione ottica, comunque correggibile via software in postproduzione
Continuando a utilizzare quest'ottica salta velocemente all'occhio un'altra caratteristica interessante: la messa a fuoco minima di 22cm, che significa, tolto il tiraggio del corpo macchina e la lunghezza fisica dell'ottica, avere il soggetto a pochi centimetri dalle lente frontale, pur conservando la prospettiva tipica del supergrandangolare. È una caratteristica che schiude infinite potenzialità, soprattutto per chi ama fotografare la natura, in quanto permette di evidenziare il soggetto pur rappresentandolo nel suo contesto, oppure tentare inquadrature inusuali, da angolazioni di norma quasi impossibili.
I 24cm di messa a fuoco minima, che scendono a 22cm in messa a fuoco manuale,
sono utilissimi per isolare un soggetto pur mantenendone vivo il contesto in cui è inserito,
merito dell'abbondante angolo di campo coperto da quest'ottica.
Un supergrandangolo con messa a fuoco minima di appena 22cm e una fotocamera come la D5000 che ha la possibilità di orientare il monitor per meglio utilizzare la funzione Live View, consentono di tentare inquadrature inusuali e azzardate come questo soffione ripreso dal livello del terreno verso l'alto.
Un'altra foto dal basso.
A sinistra con l'obiettivo a tutta apertura e a destra un secondo scatto con il diaframma chiuso al valore di f/6.3
I particolari ingranditi dei due scatti precedenti.
A parte l'aumento di profondità di campo per l'immagine ripresa a f/6.3, la qualità sul piano
di messa a fuoco non differisce sensibilmente, segno che le prestazioni ottiche sono già ottimali
fin dall'apertura massima dello zoom, e perfino alla distanza minima di messa a fuoco.
Come rodaggio non c'è male e dopo qualche ora di scatti e prove nelle più svariate condizioni mi reputo soddisfatto dei risultati raggiunti e della praticità d'uso sul campo, ma comprendo di aver sfruttato ancora in minima parte le potenzialità di quest'ottica.
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