Il Chroma Key in fotografia
La tecnica fotografica che presentiamo in queste righe, meglio conosciuta come “Green Screen”, in realtà non rappresenta una novità, almeno in ambito cinematografico, video produzioni (telegiornali, programmi culturali, video musicali) e ambientazioni virtuali 3D con interazione di personaggi appartenenti alla realtà. In sintesi, la tecnica Chroma Key consiste nel separare (o sottrarre) accuratamente un colore specifico di sfondo - generalmente Verde o Blu - dall'immagine o video in cui è stato inserito di proposito, affinché tale cromia possa essere sostituita con un contenuto differente (sia esso statico o dinamico). Una tale libertà di personalizzazione amplifica indubbiamente le opportunità e le applicazioni immaginabili, nella direzione di una creatività senza precedenti. Il contributo tecnologico (soprattutto software) è abilitante per ottenere risultati qualitativi e soprattutto realistici, sebbene in ambito video-produzioni esistano requisiti meno stringenti rispetto alla fotografia.
Limitando la nostra discussione all'immagine statica di Ritratto/Fashion/Beauty, analizziamo quali sono le risorse necessarie per adoperare questa tecnica con relativa semplicità. Innanzitutto procuriamoci un fondale verde (meglio se compatibile con il Chroma Key), in carta oppure telo di cotone, ma esistono anche pannelli 1,5x2mt bicolore (Verde/Blu) molto comodi per fotografia in location o dimostrazioni, malgrado limitati nelle dimensioni.
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Fondale in carta Photoflex
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Fondali in cotone Lastolite
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Pannelli 1,5 x 2mt Photoflex
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Il passo successivo consiste nel garantire un tipo di illuminazione quanto più uniforme per il fondale, soprattutto nell'area dell'immagine maggiormente interessata dal soggetto protagonista. Tipicamente sono impiegati due soft-box oppure ombrelli traslucidi sufficientemente ampi, rivolti verso il centro dello sfondo e posti a 45° tra loro (asse verticale), con identico livello di emissione lampo/potenza. Può essere d'aiuto inclinare lievemente verso il basso i flash orientati sullo sfondo, affinché si possa garantire maggiore uniformità tonale all'intero scatto. Il soggetto ripreso necessita quindi di illuminazione separata, la cui scelta dipende esclusivamente dagli obiettivi del fotografo, come ritratto personale (classico), pubblicitario (beauty/fashion) o magari Corporate (dirigenti aziendali), prestando attenzione a non contaminare lo sfondo con effetti di disturbo (ombre, spot di luce, colori prodotti da gelatine, pieghe del fondale ecc).
Quanto appena descritto poco si discosta da un comune schema di illuminazione allestito in studio, anche se raramente si utilizzano tinte unite come il Verde per un'immagine di Ritratto definitiva; nel nostro caso, si tratta di una scelta assolutamente funzionale. Resta un ultimo aspetto da non trascurare, in grado di determinare il successo o fallimento dell'intero progetto: armonizzare il soggetto ripreso con l'immagine di sfondo sostitutiva. Valutiamo quindi in anticipo le caratteristiche generali dello sfondo virtuale che intendiamo usare, tra cui l'illuminazione (soprattutto direzione e temperatura colore), la prospettiva e la disponibilità di un'area candidata a ospitare l'immagine dal soggetto ripreso (opportunamente privato dello sfondo verde!).
Layer Photography in pratica
Possiamo facilmente intuire il motivo per cui questa tecnica è stata intitolata Layer Photography: la ripresa è realizzata attraverso due distinte macro-fasi di produzione, che possiamo associare, appunto, a livelli virtuali di contenuto (sfondi ripresi in location, personaggi ritratti in studio). La scomposizione del processo di lavorazione appena individuato, ci consente di estrarre quattro fasi di produzione intermedie, tra loro intimamente connesse:
Fase 1) Ripresa degli sfondi con acquisizione scatti in multi-esposizione “Bracketing”
Fase 2) Ripresa in studio con sistema di illuminazione Nikon CLS
Fase 3) Elaborazione degli sfondi con trattamento HDR “High Dynamic Range”
Fase 4) Composizione realistica dei livelli (Software dedicati, Adobe Photoshop CS5)
Sebbene le fasi appena individuate presentino caratteristiche operative ben precise, è possibile adottare ulteriori accorgimenti volti a semplificare alcuni aspetti apparentemente complessi. Ad esempio, la fase 1) prevede l'acquisizione di scatti con esposizioni differenti (da 3 a 5), ma in alcuni scenari è possibile impiegare anche un solo scatto (oppure rinunciare totalmente al trattamento HDR), purché sufficientemente equilibrato nei contrasti. La ripresa in studio prevista dalla fase 2), potrebbe essere realizzata alternativamente nella stessa location individuata per catturare gli sfondi; benché oggettivamente più articolato dal punto di vista dell'attrezzatura necessaria e degli spazi, questa scelta si conferma strategica per la corretta armonizzazione del punto di ripresa. Sarà infatti sufficiente rimuovere il set fotografico e procedere all'acquisizione delle immagini di sfondo, rispettando maggiormente prospettive, altezza di ripresa e corretta focale, arginando qualsiasi discrepanza sulla corretta fusione dei livelli fotografici. La fase 4) resta invece imprescindibile e certamente più complessa delle precedenti; rappresenta lo stadio di lavorazione finale in cui non abbiamo “jolly" da spendere, dove la magia prende forma. Analizziamo nel seguito le singole fasi di lavorazione, entrando nel vivo del tema.
Fase 1: Ripresa sfondi in multi-esposizione Bracketing
Diventata molto popolare nell'ambito della fotografia digitale, la tecnica HDR High Dynamic Range consente facilmente di estendere la gamma dinamica nelle scene ad alto contrasto, ossia caratterizzate da escursioni tonali piuttosto ampie (2/4 stop o più di differenza tra luci e ombre). La finalità di questa straordinaria applicazione, praticabile solamente in post-produzione, è rappresentata dal raggiungimento di un equilibrio generale dei toni quanto più vicino alla realtà osservata dall'occhio umano, ben più capace e tollerante in termini di “latitudine di posa”. In questa fase ci preoccupiamo di analizzare gli aspetti propedeutici di ripresa sul campo, rimandando alla fase 4) ogni ulteriore approfondimento di post-produzione. Affinché si possa introdurre un'escursione tonale sufficiente a garantire un naturale dettaglio nelle ombre e maggiore leggibilità nelle alte luci, si rende necessario eseguire differenti scatti della stessa scena, scegliendo differenti esposizioni (con tempo di posa variabile a garantire un range di luminosità compreso tra 2 e 4 stop). Nelle fotocamere reflex Nikon è disponibile una comoda funzione denominata Bracketing (in genere accessibile dal tasto “BKT” sulla ghiera superiore sinistra o personalizzabile sui pulsanti programmabili Fn), con la quale rendere automatico il processo di ripresa in multi-esposizione, scegliendo semplicemente il numero di scatti da eseguire e la differenza di esposizione (o EV equivalenti) tra di essi. Le Nikon DSLR che non offrono il comando diretto BKT da pulsante, permettono l'opzione da menu oppure l'assegnazione della funzione Bracketing a pulsanti funzione come di seguito mostrato su corpo Nikon D7000.
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LCD della D3s con Bracketing su
numero di scatti (7F) e variazione EV
tra di essi (0.7EV).
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La D7000 permette di associare la funzione Bracketing anche al
pulsante programmabile Fn. Dalle opzioni si possono scegliere i diversi
criteri da automatizzare.
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Ricordiamo che esiste la possibilità di impiegare il Bracketing in esposizione (anche semplicemente usando la DSLR in “M” e variando, da scatto a scatto il tempo di posa), ma anche sul livello di emissione flash e sul bilanciamento del bianco, funzionalità oggettivamente meno adottate pur restando comode in situazioni poco controllabili. Valutando la scena da riprendere, impostiamo il metodo di esposizione in “manuale” (M) eseguendo dapprima uno scatto intermedio (rigorosamente con treppiedi), misurato tenendo presente il livello di contrasto generale. Probabilmente la scelta più intelligente consiste nell'individuare la corretta esposizione per le alte luci, poi quella per le ombre e in seguito calcolare una media tra le due: in questo modo penalizzeremo in egual modo i contrasti presenti nell'immagine. Stiamo assumendo che la scena presenti escursioni tonali tali da giustificare l'accuratezza di calcolo suggerita, ma potremmo ritrovarci anche un'ambientazione piuttosto equilibrata (o livelli accettabili), con conseguente semplificazione e velocizzazione della misurazione. In questo caso la tecnica HDR High Dynamic Range ci offre la possibilità di conferire un “carattere” totalmente differente all'immagine elaborata, fino a raggiungere livelli di surrealismo sempre più ricercato.
Mantenere il corretto allineamento delle immagini in fase di ripresa è una scelta che ripaga sempre; certamente i software che illustriamo nella fase 3, sono in grado di farlo automaticamente, ma non sottovalutiamo il costo computazionale richiesto. Dotiamoci quindi di un comando di scatto via cavo o wireless compatibile con la fotocamera DSLR in uso, oppure attiviamo la funzione di autoscatto (gratuita ed efficace). Esistono prodotti evoluti destinati ai fotografi paesaggisti e naturalisti, come i comandi di scatto a distanza Nikon MC-30, MC-36, MC-DC1, MC-DC2. Personalmente preferisco usare la funzione Intervallometro utilizzabile anche per i Filmati Time Lapse integrata nella fotocamera: impostando correttamente la sequenza desiderata e il numero di scatti corrispondenti al Bracketing (3, 5, 7, 9 scatti), tale funzione permette di combinare rapidamente e con relativa facilità le due esigenze, ovvero esposizioni differenti e scatto automatizzato. Di seguito l'opzione mostrata su Nikon D3s.
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Accesso alla funzione Intervallometro dal
Menu di Ripresa.
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Impostazione della partenza (immediata
o differita).
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Impostazione dell'intervallo
temporale.
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Impostazione del
numero di sequenze
e scatti associati.
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Avvio della funzione intervallometro con Bracketing attivato.
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